Silvano Trevisani

trevisani-6

Silvano Trevisani

La veglia

Illuminavi d’insonnia
la scabra disciplina
del non detto, pensieri di morte
o di vita senza ritorno, se vuoi,
agitavano appunti
sul desk intermittente.
Rileggerli calmava, per un po’,
la veglia, livida
di stand by
e placava il ronzio della ventola.
Si può arrivare a non sentire
la solitudine assalirti
guarnita dei tuoi stessi
segreti sussulti?
Cosa sognavamo, da soli,
prima di correre ai ripari?
Allora, io ti aspetto,
dormendo fiori colorati,
e forse al mattino
ci rimetteremo a scrivere
sogni che nessuno mai farà. Continua a leggere

Sebastiano Aglieco

sebastiano_aglieco_phviviana_nicodemo

Sebastiano Aglieco (credits/Viviana Nicodemo)

Il dolore delle rondini

Senti che non c’è più respiro
tutto avanza nel respiro
tutto ci acceca nel poco tempo
in ciò che sarà splendente
nella fragile luce del mattino.

Baciami, abbracciami prima del livore
prima ancora che non so
abbracciami con le parole che non ci
saranno, portate dal dolore delle rondini:
Noi verremo ancora qui
nella casa che hai custodito per noi sotto la grondaia
per noi, solo per noi. Continua a leggere

Fabiano Alborghetti

Fabiano Alborghetti Credits/Alain Intraina

Fabiano Alborghetti Credits/Alain Intraina

Si sentì come un tuono e fu in tutte le valli

Il sette d’agosto del settantotto
accadde il diluvio:
pioveva a dirotto
che mai tanta pioggia fu vista così
ma chi immaginava un tale disastro?
Si disse l’odore del fiume diverso, il rumore
dei sassi cozzare coi sassi
e l’acqua, la pioggia
poi la luce mancata, poi il rombo dovunque
si sentì come un tuono e fu in tutte le valli
Mesolcina Onsernone e Blenio e Calanca
Centovalli e Verzasca come anche la Maggia:
nella pioggia infinita
crollate le valli
i fiumi esondati trascinare detriti
e tronchi e pietrame, le strade sommerse
e i ponti divelti, smottamenti e valanghe
le frane spianare le case, le cose
e talvolta un muggito
di animali nel fango strascinar verso valle
a morir di terrore con gli occhi sbarrati.

Continua a leggere

Pietro Spataro

pietro_spataroLa mano di mio padre

Non lo ricordo il taglio delle dita
la corsa in ospedale, l’amputazione
ma forse se cerco in ogni piega
rivedo la fasciatura ancora sporca
del sangue rubato da una sega
Ho vissuto con il padre menomato
che scherzava sull’arida lesione
toccava quei tronchi nella mano
lasciati sul lavoro come pegno
per un piccolo salario disumano
Vedi perché se guardo chi lavora
non mi appassiona la facile teoria
indici, tassi, scale e pure il quanto
l’operaio è carne viva spesso ferita
difenderlo è un valore sacrosanto
prima di un nome scritto al camposanto Continua a leggere