«Addio, Amelia»

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Nella foto Amelia Rosselli fotografata da Dino Ignani

di Nicola d’Ugo

                            Ad Amelia Rosselli

La tua voce di struzzo o cigno scuoiato.
La ricordo in una serata d’estate:
un volto cimiteriale da una luce atrale
in Aula Quattro, a Villa Mirafiori.
La giustificavi a tuo modo, dicendomi:
«È un difetto gutturale, un’imperfezione fisica,
non una scelta musicale!» Ma non mi bastava.
Sapevo come cantavano le voci più prossime
agli angeli, gli spettri del Nordeuropa e le falene
dei poeti. Così ti dissi: «V’è musica con-
temporanea: un suono non musicale,
un accento stonato, il guizzo deviato e deviato.» Continua a leggere

Amelia Rosselli vent’anni dopo

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foto di Dino Ignani

 

Luigia Sorrentino legge Amelia Rosselli

Nel ventennale della scomparsa di Amelia Rosselli, una delle più importanti poetesse italiane del Novecento, vi ripropongo una mia lettura della poesia di Amelia da: “Variazioni” 1960-1961.

Come ho già ricordato, ho incontrato un’unica volta Amelia, nel 1993, a Roma, alla Libreria Bibli di Via dei Fienaroli, che oggi non c’è più. Continua a leggere

Giancarlo Pontiggia

giancarlo-pontiggia-1AUTORITRATTO

Da un’idea di Luigia Sorrentino
A cura di Fabrizio Fantoni

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Mi recavo, nel settembre 1971, alla segreteria della Statale di Milano per iscrivermi alla facoltà di Filosofia, che, complice il mio professore (al quale mi sentivo legato da un patto di lealtà e di riconoscenza), mi pareva la scelta più giusta, quasi inevitabile, per soddisfare la mia ansia di verità e la mia passione per gli studi. In realtà, da almeno un paio d’anni, sentivo che la filosofia non mi bastava più. Leggevo Dostoevskij, Pavese, Camus, in quei giorni; e se mi volgevo ai filosofi, era a Pascal, Kierkegaard, Nietzsche che mi accostavo, o magari a certe pagine utopiche di Tommaso Moro e di Campanella, piuttosto che alle vertiginose scale teoretiche di Spinoza, da me un tempo tanto amato.
La giornata era di un sole ancora fulgido, benché l’estate volgesse all’equinozio; e contemplando, mentre camminavo pensoso lungo le vie di Milano che portano dalla Centrale a via Festa del Perdono, qualche spicchio di cielo azzurro, mi parve all’improvviso di vedere – incisa come sopra una tavola votiva – la risposta che andavo cercando ai miei pensieri ondivaghi: sentivo che la filosofia, nonostante la sua grandezza, ignorava proprio quel cielo, quell’aria così dolce e limpida, quella dimensione avventurosa e sensibile del nostro animo che rilutta a ogni definizione, quella forma della verità che si dà – involontaria, discontinua, quasi imprendibile – ben oltre la potenza logica di un pensiero ordinato e inflessibile; ignorava, soprattutto, la forza scura e contraddittoria del vivere, quella corrente che vibra e oscilla, ci infiamma e ci sgomenta, e che avevo percepito solo nelle grandi pagine dei tragici, nei versi dei simbolisti francesi o dei poeti erotici latini. Giunto in via Larga, avevo già deciso che mi sarei iscritto a Lettere. Continua a leggere

Valentina Pinza, “Il pane del giorno prima”

 

valentina_pinzaValentina Pinza (nello scatto di Valentina Gaglione) è nata a Ravenna nel 1982, laureata all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2008 è attualmente  libera professionista nel campo delle arti visive.
Dalla seconda metà degli anni duemila partecipa occasionalmente a concorsi, letture pubbliche e azioni poetiche.
Una sua silloge è stata pubblicata sul numero 77 di Atelier.
Vive e lavora a Bologna. Continua a leggere

Alla casa delle Letterature, Franco Buffoni

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La poesia è storia dei popoli, testimonianza della nostra vicenda umana.”

Franco Buffoni

Presentazione a Roma, alla Casa delle Letterature alle 18.00 (piazza dell’Orologio, 3) dell’ultimo libro di poesie di FRANCO BUFFONI edito da Donzelli nel 2015 “Avrei fatto la fine di Turing“.

Introduce la serata Elisa Donzelli, coordina Fabrizio Fantoni, interventi di Arturo Mazzarella e Luigia Sorrentino.

Sarà presente l’autore.

AUTORITRATTO di Franco Buffoni

Poesia come vita

“Non soltanto in Jucci (Mondadori 2014), ma in tutta la mia scrittura poetica i luoghi hanno avuto una funzione essenziale. Ricordo quell’immagine da Il profilo del Rosa (Mondadori, 2000) dove – bambino – sogno di allungare il mio corpo dal Monte Rosa al Po in una sorta di onnipotenza gulliveriana. Ho sempre fatto leva, tuttavia, anche sul potenziale simbolico- evocativo delle parole che uso. Se il “Rosa” – per chi come me è nato e cresciuto sulle colline moreniche che ne costituiscono le prime pendici – non può che essere il monte il cui profilo si staglia all’orizzonte con le sue caratteristiche cime (Gnifetti, Zumstein, Nordend, Dufour), crescendo – e nel libro è di questo che sostanzialmente parlo – il rosa diventa anche il colore dell’esclusione, della persecuzione, dell’omofobia.[…]”

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