
Sergio Pasquandrea
Convergenze
(Tiziano, Venere di Urbino)
A metà della larghezza a un terzo
dell’altezza – in perfetta proporzione aurea –
la mano accarezza il pube
e in quel triangolo d’ombra tutto converge
la luce oscura dei velluti la diagonale
dorata della carne l’inutile stanza
affacciata su un tramonto invisibile
– il ronzio ridicolo della vita –
e nient’altro dicono i suoi occhi neri
se non l’esilio la tenerezza crudele
dei capezzoli la pelle intangibile
il groppo morto dei desideri.