Torna in libreria il volume Alfonso Gatto, TUTTE LE POESIE, a cura di Silvio Ramat, (Mondadori, 2017) in una nuova edizione accresciuta e aggiornata che va oltre il “piano dell’opera” da lui stesso concepito e proposto (per la Collana “Lo Specchio” di Mondadori) a partire dal 1966: LA STORIA DELLE VITTIME.
L’opera in versi di Alfonso Gatto, qui riproposta, ha attraversato le avanguardie conservando intatta la vocazione melodista: Gatto è stato infatti un surrealista delicato, legato a quell’intrico di impressioni che gli ha fornito la sua terra; un lirico mirabilmente estroso e sempre in cerca di bellezza; un autore inquieto capace anche di sacrificare le trame suggestive della sua parola a una dimensione di poesia civile. Il suo canto si è nutrito della tradizione e ha saputo conservarla, con naturalezza, all’interno di una sintassi lirica moderna. Questo volume – aggiornato rispetto all’edizione 2005 con le «poesie fiabe rime ballate per i bambini d’ogni età» del Vaporetto (1963), con un gruppo di testi sparsi e una serie di inediti – ci dà modo di ripercorrerne tutto il cammino, e di ritrovare in pieno la freschezza e la singolarità inventiva di un’avventura espressiva tra le più originali del Novecento italiano.
ESTRATTI
ALBA A SORRENTO
Al freddo stretto i limoni movevano la luna d’alba
prossima ad esalare scialba nel cielo dei portoni.
Sulla finestra a grate, tra i rami d’arancio
portava il vento uno slancio di polle rosate:
i gerani smorti dal gelo trepidavano d’aria
sotto l’arcata solitaria illuminata dal cielo.
Ai monti pallidi d’ali sorgevano voci remote,
per strada le ruote dei primi carri, i fanali
tenui nel vetro dell’aria, trasparenza del verde
fresco delle persiane; lungo i cancelli
il sole era un caldo cane addormentato tra i monelli.
da Poesie 1929-1941
CENERE
Quello che non sappiamo come un sogno,
come la pioggia, scende in cuore a sera.
Il freddo stringe sulle cose il lume,
lo squallore perenne dei giornali
abbandonati sulle strade, nomi,
fatti perduti appena nati, cenere.
Quello che non sappiamo come un treno
solo nel mondo giunge coi fantasmi
alle case di nebbia, da lontano
un bubbolìo di sonagliere, il carro
delle notti serene.
Quello che non sappiamo, come il freddo,
come la neve, scende sulle tombe.
Udimmo il vento porgere alle cose
il pensiero che l’ombra le fa sole.
Quello che non sappiamo è forse il volto,
il nostro volto che la morte un giorno
suggellerà col suo silenzio, nomi,
fatti perduti appena nati, cenere.
Da Poesie d’amore – Prima Parte – (1941-1949)
A MIO PADRE
Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo,
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
Ora alla terra è un’ombra la memoria
della tua voce che diceva ai figli:
Com’è bella la notte e com’è buona
ad amarci così con l’aria in piena
fin dentro al sonno. Tu vedevi il mondo
nel plenilunio sporgente a quel cielo,
gli uomini incamminati verso l’alba.
Da Il capo sulla neve (1943-1947)
IN UN SOFFIO
Risvegliare dal nulla la parola.
È questa la speranza della morte
che vive del suo fumo quando è sola,
del silenzio che ventila le porte.
Il passato non cessa di passare
e l’odore che sparve è l’aria calda
che ferma gli oleandri lungo il mare
in un soffio di mandorla e di cialda.
Da La forza degli occhi (1950-1953)

Alfonso Gatto
ALFONSO GATTO nasce a Salerno e compie i suoi studi universitari a Napoli, ma li lascia presto a causa di difficoltà economiche. Durante la sua vita irrequieta si sposta molto e si dedica a differenti lavori: il commesso in una libreria, l’istitutore di collegio, il correttore di bozze, l’insegnante e il giornalista. Come giornalista collaborerà con numerose riviste letterarie come «Italia Letteraria», «Rivista Letteratura», «Circoli», «Primato alla Ruota». Nel 1936, a causa del suo dichiarato antifascismo, viene arrestato e trascorre sei mesi nel carcere di San Vittore a Milano.
Nel 1938 fonda a Firenze assieme allo scrittore Vasco Pratolini la rivista «Campo di Marte», ricollegabile all’ermetismo fiorentino e commissionata dell’editore Vallecchi. Il periodico resta però in vita solo anno.
Nel 1943 entra a far parte della Resistenza.
Dopo la guerra diventa direttore di «Settimana» e inviato speciale de «L’Unità», dove assume una posizione di primo piano nella letteratura di ispirazione comunista.
Tra le sue opere poetiche ricordiamo: Isola (1932), Morto ai paesi (1937), Il capo sulla neve (1949), La forza degli occhi (1954), Osteria flegrea (1962), La storia delle vittime (1966), Rime di viaggio per la terra dipinta (1969). Oltre che poeta è anche scrittore di testi per l’infanzia.
Tra i vari riconoscimenti riceve i premi Savini (1939), St. Vincent (1950), Marzotto (1954) e Bagutta (1955, per l’opera La forza degli occhi).
Muore in un incidente stradale. Sulla sua lapide Eugenio Montale lo ricorda così: «Ad Alfonso Gatto per cui vita e poesie furono un’unica testimonianza d’amore».
…grande figura di uomo, di patriota, di poeta e di scrittore. Ho sempre amato le sue poesie! Che il Signore lo abbia in gloria!
Davvero sublime
Il suo canto melodioso vivo riesce a ridare vita alle ormai assopite sirene
Grazie
susy gillo