Giorgio Manganelli da “Poesie”


Io mi divido

in giacca e calzoni e cintura
e ancora mi disgiungo
in cravatta e camicia
e mi scindo in cranio, in polmoni,
in visceri e pube,
e mi distinguo
in ogni cellula
che senz’amore s’accosta
ad altra cellula.
Così, casualmente, sussisto:
poi chiedo in prestito
la forza che congiunge
l’uno all’altro i miei volti possibili
all’improvviso sacramento
d’una chitarra,
al riso dell’amico,
allo squillo consueto del telefono,
nell’attesa distratta
d’una voce che perdoni la mia spalla,
la mia gamba, la mia dolce cravatta:
nell’oziosa attesa

del sacramento della nascita.

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Mark Strand, “Tutte le poesie”

Questo volume riunisce mezzo secolo di poesia di una delle voci più significative del secondo Novecento, che con il suo linguaggio esemplare ha influenzato un’intera generazione di poeti americani. Fin dalla plaquette Dormire con un occhio aperto (1964), Mark Strand è apparso come un poeta di grande originalità ed eleganza, caratteristiche rimaste immutate nei decenni successivi. Le raccolte della maturità, come La vita ininterrotta (1990), confermano la sua capacità di catturare la sottile musica della coscienza e di creare paesaggi di una fisicità quasi pittorica, emblemi di una condizione interiore: «l’oscuro infinito sentire, / che resisterà e che la terra farà irrigidire / e la notte cosparsa di stelle farà riversare dalle montagne / sui prati sibilanti e sui passi silenziosi». Nei libri più recenti, da Tormenta al singolare (1998), che gli valse il Pulitzer, fino agli apologhi sornioni e provocatori di Quasi invisibile (2012), Strand mostra uno humour nero che si rivela profonda saggezza e autoironia, dando voce all’immaginario collettivo con una grandiosità e una sincerità senza pari.

THE POEM OF THE SPANISH POET a poem by Mark Strand from Motionpoems on Vimeo. Continua a leggere

Char, “la finità del poema è luce”

POESIA COME RISVEGLIO

COMMENTO DI BIANCA SORRENTINO

Immarcescibile perché eternamente capace di suscitare la vita, la parola ha per René Char la responsabilità etica del risveglio: dall’oscurità dell’incompiuto la poesia traghetta la finitudine dell’uomo verso una luminosa pienezza. Ricusati i “ninnoli di vacuità” dell’esperienza surrealista, l’autore francese partecipa – attraverso il suo dire poetico che conosce il mistero dell’origine ed è pronto ad accogliere la promessa dell’avvenire – alla costruzione del Senso dello stare al mondo; la sua sfida alla gola nera della morte è una resistenza libera e laica, è una rivolta che deriva dall’attitudine a invenire – più che a inventare –, a scoprire dopo aver cercato. Negli anni Sessanta, su iniziativa di Bassani e parallelamente al lavoro di Sereni, Caproni si accosta pudico ai frammenti incorruttibili dell’esistenza di Char e ne restituisce nella resa italiana una ricchezza così pregnante da segnare il suo personale cammino. Fuoco e cenere, i due poeti hanno cantato lo scontro con la Bestia innominabile, l’incontro con la vita, sempre riconquistabile, e hanno conferito significato alla bellezza della parola ‘gratitudine’.

 

On ne peut pas commencer un poème, sans une parcelle d’erreur sur soi et sur le monde, sans une paille

d’innocence aux premiers mots.

Non si può cominciare un poema senza una particella d’errore su di noi e sul mondo, senza una pagliuzza d’innocenza alle prime parole.

 

La poésie me volera ma mort.

La poesia mi ruberà la mia morte.

 

Pourquoi poème pulvérisé? Parce qu’au terme de son voyage vers le Pays, après l’obscurité prénatale et la

dureté terrestre, la finiture du poème est lumière, apport de l’être à la vie.

Perché poema polverizzato? Perché al termine del suo viaggio verso il Paese, dopo l’oscurità prenatale e la durezza terrestre, la finità del poema è luce, apporto dell’essere alla vita.

 

Le poète ne retient pas ce qu’il découvre; l’ayant transcrit le perd bientôt. En cela réside sa nouveauté, son infini et son péril.

Il poeta non trattiene ciò che scopre; dopo averlo trascritto, presto lo perde. In ciò risiede la sua novità, il suo infinito e il suo pericolo.

 

René Char nella traduzione di Giorgio Caproni (Einaudi, 2018)

René Char. Poeta francese (L’Isle-sur-la-Sorgue, Valchiusa, 1907 – Parigi 1988), aderì formalmente al movimento surrealista (1929), ma ne rimase in effetti distaccato assumendo anche atteggiamenti critici. La rarefazione del linguaggio poetico esprime, in Char, una profonda e impegnata ricerca umana, che fa della sua lirica uno dei più alti esempi d’invito a una fraternità che nulla esclude: neppure le cose che circondano l’uomo. Tra le sue raccolte poetiche: Arsenal (1929); Le marteau sans maître (1934), che ha ispirato l’omonima composizione vocale-strumentale di P. Boulez; Dehors, la nuit est gouvernée (1938); Feuillets d’Hypnos (1946), nate dalla sua esperienza nella Resistenza; Fureur et mystère (1948); Les matinaux (1950); Recherche de la base et du sommet (1955); La fausse relève (1959); La parole en archipel (1962); Commune présence (1964); L’âge cassant (1965); Retour amont (1966); Le nu perdu (1971); La nuit talismanique (1972); Aromates chasseurs (1976). In collaborazione con A. Breton e P. Éluard ha scritto Ralentir, travaux (1930). Ha riunito in Trois coups sous les arbres (1967) l’insieme dei suoi testi drammatici. È anche autore di saggi. Una selezione di Poesie tradotte da Giorgio Caproni è stata pubblicata nel 2018 per i tipi di Einaudi, a cura di Elisa Donzelli.