Arthur Rimbaud (1853 -1891)

Arthur Rimbaud

AUBE

J’ai embrassé l’aube d’été.

Rien ne bougeait encore au front des palais. L’eau était morte. Les camps d’ombres ne quittaient pas la route du bois. J’ai marché, réveillant les haleines vives et tièdes, et les pierreries regardèrent, et les ailes se levèrent sans bruit.

La première entreprise fut, dans le sentier déjà empli de frais et blêmes éclats, une fleur qui me dit son nom.

Je ris au wasserfall blond qui s’échevela à travers les sapins: à la cime argentée je reconnus la déesse.

Alors, je levai un à un les voiles. Dans l’allée, en agitant les bras. Par la plaine, où je l’ai dénoncée au coq. A la grand’ville elle fuyait parmi les clochers et les dômes, et courant comme un mendiant sur les quais de marbre, je la chassais.

En haut de la route, près d’un bois de lauriers, je l’ai entourée avec ses voiles amassés, et j’ai senti un peu son immense corps. L’aube et l’enfant tombèrent au bas du bois.

Au réveil il était midi. Continua a leggere

Leonardo Sinisgalli, quando il matematico superò il poeta

“Furor mathematicus” recentemente ripubblicato da Mondadori, è un libro unico nel panorama letterario del Novecento “espressione di una intelligenza fuor del comune” come scrisse Franco Fortini nel 1950. È anche la consacrazione della prosa di Sinisgalli noto soprattutto come poeta “perché in queste pagine lo scrittore lucano produce un tipo di prosa scientifica che probabilmente non ha eguali nel nostro Novecento. Un periodare mosso, che segue la storia del pensiero in modo consapevole e rigoroso,  ma con una attenzione al senso umano della ideazione sia tecnica che scientifica, caricando di stupore aspettativo la narrazione e rilevando come la serie delle scoperte si iscrivano  in un percorso conoscitivo complessivo, nell’avventura dell’uomo alla ricerca di una radice  razionale del cosmo, di una mathesis che sia in grado di comporre una radice esplicativa del mondo, rilevando come ogni conoscenza risponda anche a una ragione operativa, di creazione e di manipolazione della realtà” (Antonello, 1950).  Continua a leggere

Alberto Cellotto, “Non essere”

Alberto Cellotto

1.

Poi so vedere i cartoni vuoti delle pizze in pila da una
finestra in ribalta, come ti aspettano all’inizio di una
strada lazzaretto di animali; e forse ti chiederò un favore:
ricorda il secchio del sole i buchi neri di briciole d’asfalto
anche gli stranieri in raccolta del radicchio coi cassoni,
i sorrisi delle cinesi così lontani dai loro uomini seri
quando fumano la cicca a mezzogiorno fuori da una sartoria
sempre aperta, ricorda questo quando dal fondo
un siero di petrolio sale verso il celeste e i corpi
starnazzano uguali ai capitelli e alle carcasse.

2.

Interno sta un coltello che si prende dell’inverno tutto
il mosso delle tane. Sotto i portici cammini indietro e sei
indietro con tutto, a svestire manichini a intuire il sentimento
delle crisalidi. Un po’ tondo è questo osso e mai e poi mai
un osso si torce. Tanto non dà tanto e un piatto è sempre
stato nel vento. Finestre nell’estremo di pianura e qui rimane
alle tre della notte lo stomaco con le sue lame.

3.

Il tempo è passato una volta e poi tutte. Lo ascoltiamo
piovere protetti nella fase subacquea. Solo così
vibra e tira l’arco rotto delle assenze, la linea di faglia,
le colonne ocra, ospiti sopra a un parco senza i passi,
al prato senza fiori tra rovine dove te devo vedere.
Ma stiamo ampliando la gambata tenendo il mento
a timone con gli occhi addosso a una vasca di licheni,
l’abbeveratoio degli animali che ci sopravvivranno impauriti
una volta scesi dal mare fermo, dagli scafi capovolti.

Da “Non essere” Vydia Editore, 2019
prefazione di Maria Anna Mariani

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Una poesia di Alessandro Ceni

Alessandro Ceni

Io sto qui e da qui
vedo collassare le stelle, implodere i volatili,
cabrare verso il loro dio le nubi
per poi precipitare in lacrime e piogge;
vedo cadere tutto e tutto
ininterrottamente
la foglia, l’ala, il vento
che incitano il bambino giù dal tetto
e la polvere dalla tasca buona del cadavere,
persino volare in aria per un momento
l’erba tosata, la cenere dal vertice del falò
ma senza che mai nulla
giunga mai veramente al suolo,
così che la lacrima resta nel suo occhio, la pioggia nella
sua nube.

Io, dalle volute di fumo umide e
dalle pire collinari e dai roghi contadini, credo
siano venuti degli uomini, credo,
ad ardere i campi e con essi la mia vita;
sia lode a loro perché da qui l’illusione è perfetta:
i figli cessano di crescere i genitori non muoiono
in ogni frutto traspare la sua gemma:
rivedo mio padre quando aprì la botola
e discese nel buio e nulla seppe mai più di me,
riodo i fischioni di richiamo lanciati verso qualcuno che
                                                                                 non torna,
ed ecco spiegata la ragione del pesce elettrico
negli abissi del mare o perché gli uccelli credono
col loro canto di far sorgere il sole.
Quindi sia lode agli uomini che non dichiarano il
                                                                        proprio amore
e non perdonano e sono spietati
e strappano gli occhi dei fanciulli; sia lode
a quelli che come l’agrostide combustano l’intera loro
                                                                                      esistenza
e lo stecco d’erba duro e secco della propria intelligenza
fino alla follia, covone dopo covone, con metodo,
contraendosi ed espandendosi nel fiato di fiamme della
                                                                                                vita
per abituarti a guardare ogni cosa

come da dietro una vampa.

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Antonella Anedda vince il Premio Poesia Città di Fiumicino 2019

Antonella Anedda / credits ph Dino Ignani

È Antonella Anedda con “Historiae”, (Einaudi, 2019) la vincitrice della Quinta edizione del Premio Poesia Città di Fiumicino per l’Opera di Poesia. Lo ha deciso la giuria tecnica composta da Milo De Angelis, Fabrizio Fantoni, Luigia Sorrentino e Emanuele Trevi, nel corso della finale del Premio che si è svolta  a Fiumicino, sabato 26 ottobre, alle 18.30, nella sala convegni dell’Hotel Best Western Rome Airport. Alla serata hanno partecipato Stefano Dal Bianco, “Ritorno a Planaval”, (GiallaOro, Pordenonelegge, LietoColle 2018) secondo classificato, e Stefano Raimondi, “Il sogno di Giuseppe”, (Amos Edizioni 2019), terzo classificato.

Nel corso dello serata, condotta dal Angelo Perfetti, Direttore della testata “Faro on line” e dal presidente e ideatore del Premio, Gianni Caruso, con la partecipazione straordinaria di Viviana Nicodemo, è stato consegnato il Premio alla Carriera a Umberto Piersanti e sono stati consegnati i premi e i riconoscimenti a tutti gli altri partecipanti:

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