Philip Morre, da “Istantanea di ippopotamo con banane”

Philip Morre

The Tarboosh

The tarboosh, she was saying, appears
not to evolve, and tapping the desk
with her pointer, she summons a slide,
which indeed figures all-but-identical
truncated cones tagged with disparate
dates while back of her podium
tall windows give onto a wide canal
where bareheaded boys call crudely
as our hold on Coptic hatwear accrues.
So it goes: the world is coevally
tamed and eludes. We are diligent
deploying our charming bastions of fact
but the street-cries intrude, refuse to be
marginal glosses, barge in on our act.

Il tarbush

Il tarbush, diceva lei, pare
​non evolversi, e toccando la scrivania
​con la bacchetta, proietta una slide,
​che infatti mostra coni troncati
​quasi identici con date diverse
​mentre dietro al suo podio
​finestre alte danno su un ampio canale
​dove ragazzini a testa nuda
​gridano sguaiati
​mentre la nostra padronanza
​del copricapo copto si accumula.
​Così va il mondo: allo stesso tempo
​acquiescente e sfuggente. Con diligenza
​schieriamo i nostri bei bastioni di fatti
​ma le grida di strada si intromettono,
​rifiutano di essere note marginali,
​irrompono nei nostri atti. Continua a leggere