Lo spazio nella poesia di Hugo Mujica

Hugo Mujica

Hugo Mujica, Barro desnudo – Fango nudo, traduzione di Roberta Buffi, LietoColle

 

III

 

Anochece            bajamar,

algún graznido, restos que el mar abandona

en la arena

y esta soledad de ser

solo a medias.
Es la hora                de la melancolía,

la de la ausencia de lo que nunca estuvo                       y sentimos más propio:                                        lo que todavía de nosotros

no dimos a luz                                                                  en la vida.

 

III

Tramonta           bassa marea,

qualche gracchìo, resti che il mare abbandona

sulla sabbia          e questa solitudine

d’essere soltanto a metà.

È l’ora              della malinconia,

dell’assenza di ciò che non è mai stato

e che sentiamo più nostro:

ciò che di noi stessi ancora

non abbiamo dato alla luce

nella vita. Continua a leggere

La voce spezzata di Mario Benedetti

Mario Benedetti, credits ph Dino Ignani

Cosa devo guardare per sentire che non è così vero,
e riuscire a spostarti nelle faccende di casa,
a risospingerti lungo le strade. E tra le righe
vicine dei capelli guardo i sentieri del sottobosco
ingiallito. E riesco a vedere i vicoli di Napoli,
gli anni Trenta, i gatti, le gonne lunghe di una ragazza.
E tu mi dici: tu lo sai che è vero, tu resta forte e sereno,
quanti giorni hai davanti! Io sono morta di lunedí,
tu sei arrivato a guardarmi, ero una cosa vestita
con l´abito blu che mi avevi regalao e tutto il ricamo
del foulard. Così tanto elegante, cosí tanto bello. Continua a leggere

A Liliana Segre

Liliana Segre

cara Liliana,
dedico questa giornata al tuo impegno straordinario, alla tua forza, al tuo coraggio.
So che il male assoluto che ti ha coinvolta in prima persona è impossibile da  raccontare fino in fondo. Non si può dimenticare che ci fu troppo silenzio… ma quel silenzio,  il silenzio assordante di chi sapeva e che non parlò, ci ha reso per sempre,  tutti colpevoli. Theodor W. Adorno ci ha invitato a considerare che dopo Auschwitz nulla sarebbe mai più stato come prima, nessuna categoria, nessuna parola, nemmeno quelle teologiche o poetiche potranno sanare quella ferita, quella tragica insensatezza che è stata la Shoah. Ma io ti ho vista, ti ho sentita nel tuo discorso al Parlamento europeo il 29 gennaio 2020, scolpire la pietra di un dolore impronunciabile, sola, davanti al mondo. Le tue parole mi hanno emozionata, e al tempo stesso, mi hanno restituito un enorme senso di impotenza e di colpa. Le tue parole mi hanno fatto vedere quella bambina di tredici anni che, una gamba dietro l’altra, affronta nella neve e nel gelo, la marcia della morte e riesce a farla diventare la marcia della vita.

Grazie per averci raccontato della bambina che disegnava una farfalla gialla che vola sopra i fili spinati. “Siate farfalle gialle che volano sopra i fili spinati” questo l’insegnamento più grande che ci ha si dato e che con te rivolgo oggi a tutte le donne, perché il tuo è un messaggio speciale.  Tu sei espressione di un senso nuovo dell’umano. E sono felice che venga da te, da una bambina e da una donna che ha sofferto l’indicibile.
Con tutto il mio affetto e la mia riconoscenza,

Luigia Sorrentino

29 gennaio 2020
Liliana Segre al Parlamento europeo

Le poesie d’amore di Ottavio Rossani


nudità

Spogliati dei vestiti quotidiani,
lasciate in ufficio le nostre maschere dipinte,
ci amiamo qui,
sul tappeto volante della mia stanza.
La rincorsa dei desideri non esige spostamenti,
né costrizione, né corazza.
Basta una musica e una carezza.
Protagonisti di un tempo inventato,
nessuna difesa su questa scena.
Tornare nelle maschere d’inganno
con un solo gesto elegante:
un leggerissimo bacio senza voce. Continua a leggere

Carol Ann Duffy, “cosa avete fatto al mondo?”

Carol Ann Duffy

Anne Hathaway

Item I gyve unto my wief my second best bed …’
(from Shakespeare’s will)

The bed we loved in was a spinning world
of forests, castles, torchlight, cliff-tops, seas
where he would dive for pearls. My lover’s words
were shooting stars which fell to earth as kisses
on these lips; my body now a softer rhyme
to his, now echo, assonance; his touch
a verb dancing in the centre of a noun.
Some nights, I dreamed he’d written me, the bed
a page beneath the writer’s hands. Romance
and drama played by touch, by scent, by taste.
In the other bed, the best, our guests dozed on,
dribbling their prose. My living laughing love –
I hold him in the casket of my widow’s head
as he held me upon that next best bed.

Anne Hathaway

E a mia moglie lascio il mio letto, non il migliore…’
(dal testamento di Shakespeare)

Il letto in cui ci amavamo era un mondo vorticoso
di foreste, castelli, fiaccole, scogliere, mari
in cui lui si tuffava in cerca di perle. Le parole del mio amore
erano una pioggia di stelle cadenti come baci
su queste labbra; il mio corpo faceva col suo ora una rima
più dolce, ora un’eco, un’assonanza; il suo tocco
era un verbo che danzava in mezzo a un nome.
Certe notti sognavo che mi aveva scritto, il letto
una pagina sotto le sue mani di scrittore. Romanzo
e dramma recitati da odore, gusto, tatto.
Nell’altro letto, il migliore, sonnecchiavano gli ospiti,
sbavando la loro prosa. Vive l’amore mio, ride –
lo tengo della mia testa di vedova nel forziere
come lui teneva me in quel letto, non il migliore.

Da The World’s Wife, Anvil Press Poetry, 1999

e La moglie del mondo, Carol Ann Duffy, a cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti, Le Lettere, 2002 Continua a leggere