Orizzonti verticali a San Gimigliano

Ministero dei beni e delle attività culturali / Regione Toscana / Comune di San Gimignano – Assessorato alla Cultura /

Compagnia Giardino Chiuso – Fondazione Fabbrica Europa

ORIZZONTI VERTICALI

Arti sceniche in cantiere/Sentieri di carta

VIII edizione – 27 – 28 – 29 agosto 2020 a San Gimignano (Siena)

 

Edizione numero 8 per Orizzonti Verticali

‘Sentieri di carta’

Tre giorni performativi da giovedì 27 a sabato 29 agosto 2020 a San Gimignano (Siena)

 

comunicato stampa

 

“Orizzonti Verticali – Arti sceniche in cantiere/Sentieri di carta” presenta la sua ottava edizione, ma anche la prima di una nuova fase. Tre giorni performativi in programma a San Gimignano (Siena) dal 27 al 29 agosto 2020. L’interdisciplinarietà delle arti resta uno dei capisaldi della manifestazione diretta da Tuccio Guicciardini e Patrizia de Bari e curata dalla Compagnia Giardino Chiuso, da sempre ispirata alle tematiche del confronto generazionale per la trasmissione delle esperienze artistiche e delle Arti sceniche.

 

Il 2020 sarà per OV l’anno della ri-generazione, un punto zero verso un 2021 che, speriamo, tornerà nella forma festival che lo ha sempre accompagnato.

 

«I progetti culturali in Italia, ormai già incapaci di ri-generarsi per molteplici motivi sovrastrutturali, hanno subito un violento arresto dopo il terremoto che ci ha colpito inaspettatamente – spiegano i direttori artistici – ma questo ci dà una grande possibilità di riflessione, come un immaginario punto di ritorno, o punto zero, per riappropriarsi dei pensieri e della elaborazione delle idee. Fin dalla nascita del progetto OV molte personalità di varie generazioni ed estrazioni artistiche hanno lasciato le loro “memorie”, le tracce dei loro percorsi proprio qui, a San Gimignano, intrecciando il loro vissuto con il nostro presente per immaginare un futuro del teatro, della danza e delle arti performative. Ripartendo da queste testimonianze Orizzonti Verticali si sedimenta e si rinnova rilanciando il valore della cultura (da colĕre «coltivare», parola che esprime la cura necessaria ad ottenerla) come bene primario di crescita collettiva».

 

Il filo conduttore della nuova edizione di OV2020, completamente ripensato, sarà la scrittura, intesa come fonte primaria di trasmissione del sapere, una pagina bianca dalla quale riprendere a solcare il nostro cammino e la nostra ricerca: “…il libro comincia con due pagine bianche, tutti i libri cominciano con due pagine bianche…” (Sebastiano Vassalli, ed. Pulcinoelefante).

 

Ad agosto la tre giorni, oltre all’ospitalità di eventi che avranno volontariamente una forma frammentaria e performativa, accoglierà un’opera collettiva costruita pezzo per pezzo durante tutta la manifestazione. Quest’opera formerà un grande spazio scenico al centro della città in Piazza Duomo, dove pubblico, artisti, critici e cittadini saranno invitati a dare il proprio contributo attaccando pagine di libri. Lo stesso invito verrà rivolto agli artisti che sono stati invitati ed ospitati durante le sette passate edizioni di OV. Continua a leggere

Tommaso di Dio, “Verso le stelle glaciali”

«Vorrei che ogni linea della mia poesia coincidesse con un respiro, senza barare e senza virtuosismi, perché ogni verso sia prova e contemplazione del fiato che finisce». (Tommaso Di Dio)

Vengono dal passato; e brillano
le parole dei morti.
Vengono le scarpe sporche di fango
che furono abbandonate
sulle porte di legno e sui muri di pietra
nelle campagne e nei boschi di millenni fa.
Tremano, non sono più di nessuno
cercano i piedi, le case e le bocche dei vivi
per poter tornare a dire
tornare a sapere il nulla che la notte
da sempre propaga e dissipa
dentro se stessa. Perché sparge
e perché si sparga; perché torni a spargere
a vento dove vento non c’è, dove sabbia
sugli occhi ci nasconde e si disgregano
mondi e molecole, frantumi universi spazi
virano radianti
le parole perdute, le parole cadute
che sulle labbra hanno imposto
un silenzio.

*

Oggi sei tornato. Aspetto che tu parli.
Piove. Ma anche la pioggia è parte del processo
come gli echi, gli archi neuronali
il buio che è stato tempesta
lenzuola flebo farmaci. Sbriciolato
sei ciò che resta, attaccato
alle smorfie della faccia, sintassi e coronamenti.

Se mi vedi guarda
la terra. Continua a leggere

Gerardo Masuccio, “Fin qui visse un uomo”

Gerardo Masuccio

In fondo è l’attesa perenne
che sia primavera,
è il passo tremante che segue,
fuggendo, la stasi.

Ma tra i colpi del vero sorprende
– premura inaudita –
che di là dal tempo e dai luoghi
noi siamo reciproca cura.

*

Eravamo d’accordo, la morte
ci avrebbe sorpresi,
è per sola clemenza
– la sua – che si chiudono i giorni.

Dieci volte (o dodici, forse)
avevo in vent’anni fermato
alla tua la mia mano.

Ora che l’infinito ci svela
i suoi celeri tempi,
per noi resta una degna costante
la cifra precaria dell’uomo. Continua a leggere

Carol Ann Duffy, “Sincerity”

In un’intervista rilasciata il 27 ottobre 2018 al quotidiano The Guardian, per presentare al pubblico di lettori la sua raccolta di poesie, intitolata Sincerity, Carol Ann Duffy spiegava la scelta del titolo dato all’opera che sarebbe stata pubblicata qualche settimana dopo e che è stata l’ultima alla successiva conclusione del ciclo decennale del suo mandato di Poet Laureate del Regno Unito che le era stato conferito il 1 maggio 2009: “Mi piace la parola ‘sincerità’, nel senso di parlare e comportarsi secondo le proprie convinzioni e i propri pensieri e sentimenti”. Inoltre la poetessa si
dichiarava ispirata anche dalla versione etimologica del termine, mutuata dalla vulgata, riferita alla pratica adottata da scultori mediocri e maldestri, ai tempi dell’antica Grecia e di Roma, nel tentativo di coprire con la cera, pecche e imperfezioni altrimenti visibili sulle proprie sculture. Da qui, appunto, il significato popolare del termine “sincerità”, dal latino sine cera, ossia senza cera, quindi genuino, autentico, non falso.

(Dall’introduzione di Floriana Marinzuli e Bernardino Nera)

Clerk of Hearts

As they step from the path onto the boats,
I am there at my place under the trees,
listing the Categories. Humility. Shame.

My dealings with life have been so long ago,
I imagine I resemble shadow or watermark.
I am unanswered prayer, like poetry. Dread.
Whatever I did – it might have been that – now,

I watch each one depart, perceive their hearts;
old diaries I read at a glance. Acceptance. Disdain.
They will forget, but I take Time, devoted,
clerk of hearts. Sometimes I stand on the bridge

as they drift away, being more and more dead…
a kingfisher arrowing upriver, joy as colour;
then thunder above, a boiling of last words,
and their crafts vanishing into the heavy rain.

Addetto ai cuori

Mentre salgono sulle barche, dal sentiero,
io sono lì al mio posto sotto gli alberi,
a elencare le Categorie. Umiltà. Pudore.

Le mie pratiche con la vita sono state sbrigate tanto tempo fa,
immagino di somigliare all’ombra o alla filigrana.
Sono una preghiera non esaudita, come la poesia. Terrore.
Qualunque cosa abbia fatto – può essere stato quello – ora

le osservo tutte andar via, percepisco i loro cuori;
vecchi diari letti in un batter d’occhio. Accettazione. Disprezzo.
Dimenticheranno, ma prendo il Tempo, devoto,
addetto ai cuori. A volte sosto sul ponte

mentre se ne vanno alla deriva sempre più morte…
un martin pescatore sfreccia controcorrente, gioia come colore;
poi un tuono in alto, un ribollire di ultime parole,
e le loro barche svanire nella pioggia fitta.

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Giovanni Pascoli, “10 agosto”

San Lorenzo, Io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido
portava due bambole in dono…

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male! Continua a leggere