L’Italia ha perso oggi, 9 settembre 2013, uno dei suoi grandi autori contemporanei: Alberto Bevilacqua. Aveva 79 anni. Lo scrittore, regista e sceneggiatore, nonché poeta e giornalista era ricoverato da undici mesi nella Casa di Cura Villa Mafalda di Roma, dove è deceduto questa mattina alle ore 10.10 in seguito ad un arresto cardiocircolatorio.
Nei mesi scorsi la sua compagna Michela Miti aveva denunciato la clinica, presentando un esposto alla Procura di Roma, in quanto secondo lei Bevilacqua sarebbe stato trattato come un ostaggio senza possibilità di essere trasferito in una struttura pubblica.
Lo scrittore era nato a Parma nel 1934. “Una città – ha scritto Bevilacqua sul suo sito – che è sempre stata divisa in due parti nette, separate da un torrente: la parte degli eredi delle grandi aziende e dei duchi, oggi dei ricchi, titolari dei grandi capitali del mondo economico, e l’Oltretorrente, dove sono nato io, un quartiere povero, specialmente quando ero bambino, ma ricco di genialità. Qui ho assimilato i primi scontri sociali, le prime infamie razzistiche. L’Oltretorrente era di marca anarchica, mentre l’altra parte era bianca, di marca opposta”.
Scrittore di grande popolarità in Italia e all’estero, Bevilacqua ha esordito col romanzo “La Polvere sull’erba”, nel 1955. E’ stato insignito di molti premi, tra questi: il Campiello per “Questa specie d’amore” nel 1966, lo Strega per L’occhio del gatto nel 1968, il Bancarella per Un viaggio misterioso nel 1972, vittoria doppiata nel 1991 con I sensi incantati. Il successo internazionale è arrivato per lui con “La Califfa” (1964). “Nessuno voleva accettare un titolo come ‘La Califfa’ – annotò -. Poi è diventato un modo di dire”. Questa opera segnò anche il suo debutto dietro la macchina da presa nel 1970. Sul cinema Bevilacqua ha scritto: “Il cinema per me è un’arte minore, ma mi ha offerto delle straordinarie possibilità.
Un periodo molto felice è stato quando, intuendo i miei strumenti di prontezza immaginativa e la mia capacità di immedesimarmi e impostare subito la situazione, sono stato usato da grandi registi, come Rossellini, Visconti, De Sica, Zampa. Più avanti ho stabilito una sintonia micidiale, dolcissima e feroce con Fassbinder”. Ed ha aggiunto: “Ho inventato molti titoli nel cinema: Tutti a casa con le A rovesciate, I soliti ignoti”. Di se stesso e della sua opera ha detto: “Si dice che l’amore sia uno dei temi dei miei libri. In realtà non è vero: il tema è la nostalgia di essere amato, che deriva dall’impossibilità di esserlo, dalla fatalità che lo impedisce. Sono stato una creatura sola e senza amore, il mio tema non può essere che l’impossibilità di avere amore”.
Forse due o tre sono i titoli di Alberto Bevilacqua ancora non letti, e sono le prime introvabili opere della giovinezza. L’ho sempre seguito ed ero in attesa di un nuovo lavoro, anche se la malattia non faceva presagire nulla di buono. La sua scomparsa è un duro colpo per la letteratura italiana, e non sono certo io la persona deputata a commemorarlo col giusto riconoscimento a lui dovuto. Mi fa dolore sapere delle amare vicissitudini legate all’ultimo tribolato periodo della malattia, spero non abbia sofferto troppo. Riposa ora in pace nelle tue terre misteriose, alle quali avevi dedicato tutta una vita di ricerca.