Enzo Cucchi, “Excercices on Ezra”

Enzo Cucchi, per gentile concessione

Excercises on Ezra

Nota di

Fabrizio Fantoni

 

Tra il dominio del caos e l’ordine decorativo, si estende una nuova zona e una chiave per cogliere questa mobilità è la disposizione a formare ammassi: di storia, di sentimenti, di espressioni artistiche; vivendo simultaneamente ad attimi di sogno, allora non più storia ma ammassi di storia.”
(Enzo Cucchi)

 

Le parole di Enzo Cucchi qui riportate costituiscono un valido punto di partenza per accostarsi al nuovo libro, intitolato “Excercises on Ezra”, che l’artista ha pubblicato in questi giorni con la COLLI publishing platform e Viaindustriae publishing.

Visionario e sorprendente come tutte le opere di Enzo Cucchi, il libro si presenta a prima vista come un conglomerato di materiali fra loro eterogenei – disegni, fotografie, grafiche – che entrano in dialogo con le parole tratte dal testo “Il grano” scritto da Giuseppe Cucchi (padre dell’artista) e Brunella Antomarini, in cui viene evocata la vita dei contadini a Morro d’Alba.

Nucleo centrale dell’opera è costituito da una sequenza di 35 disegni inediti, tutti dedicati al poeta Ezra Pound. Continua a leggere

I graffiti su tela di Cy Twombly

Cy Tombly

La seducente “spontaneità pensata” di Cy Twombly

di Marco Amore

Cy Twombly non ha bisogno di presentazioni. L’astrattismo delle sue opere dal sapore apparentemente infantile ha affascinato intere schiere di appassionati di arte contemporanea, rendendolo un artista dallo stile immediatamente riconoscibile tanto dagli operatori di settore che dal grande pubblico del circuito mainstream. Graffiti su tela grezza e lino, vivide sfumature e screziature, fioriture estatiche che si alternano e si amalgamano a grafemi illeggibili e grondanti macchie di colore, dando origine a stratificazioni di senso che coniugano il piacere estetico all’intellettualità del classicismo, senza tuttavia scadere in inutili complessità concettuali. L’opera di Twombly ricorda la produzione di un bambino alle prime armi con il disegno: campionature della prima infanzia che urlano un forte cromatismo, tocchi di colore che sporcano la superficie, colano dove parole asemiche, segni graffiati, tornano alla genesi dell’elemento grafico anche quando pretendono di svelare l’indicibile impulso primordiale attraverso l’impiego di scarabocchi espressionisti.

Un lavoro di una complessità inaudita, perché costringe a spogliarsi degli schemi mentali acquisiti, a disimparare le regole del figurativo apprese in anni di istruzione obbligatoria, per tacere della preparazione accademica, avvenuta in lunghi e prolifici anni in cui Twombly viene in contatto, tra gli altri, con un maestro dell’informale come Franz Kline (1910-1962), per abbandonarsi a una spontaneità pensata, profondamente meditata, eppure non per questo meno spontanea, quella che a suo tempo il critico d’arte Gillo Dorfles definì «precisione dell’impreciso». Ammirando le opere di Twombly, come la tela esposta alla Galleria d’Arte Moderna di Torino, Roma (Il muro) [1962, olio, smalti, graffiti e carboncino su tela], non a caso posizionata di fronte a una seduta atta alla contemplazione per i visitatori, non può sfuggire il parallelo con il testo del fanciullino pascoliano: quella natura irrazionale e intuitiva che si nasconde dentro di noi per condurci alle verità basilari del vivere, che è impossibile imbrigliare in schemi mentali rigidi, assetti di pensiero acquisiti che condizionano i nostri processi cognitivi, impedendo una vera libertà di espressione che né Twombly né il poeta decadente avevano tentato di spezzare attraverso modalità di pensiero divergenti, quanto piuttosto nell’unico modo funzionale e possibile, ovvero ricorrendo a una sorta di kènosis laica, una totale spoliazione dell’Io dall’esperienza esistenziale.

Cy Tombly

«Ogni linea», dice Twombly, «è la sensazione della sua stessa realizzazione», e seguendo le variopinte tracce indelebili che si rincorrono sul bianco/nero di una mente libera tanto da convinzioni che da convenzioni, appare chiaro che non sbocciano da un profondo ripensamento del vissuto, né da una sua interpretazione; che l’interiorità di chi le ha abbozzate ha un’importanza solo marginale, tanto quanto la sua personalità: sono l’espressione del loro stesso apparire, senza orpelli né virtuosismi egotistici, con tutta l’energia che riescono involontariamente a trasmettere indefessamente a chi le guarda. Eppure con l’informalità processuale di questo modus operandi, figlio di una tradizione tipicamente americana, intravista nell’iterazione simbolica di elementi propri dell’espressionismo astratto, convive il desiderio di ispirarsi all’area mediterranea e alla sua storia, all’origine del mito greco e latino, oltre a un incessante bisogno di liricità. Stupendi i richiami al simbolico di Mallarmé su sfondi chiari o in alcuni titoli scultorei, il bisogno di solitudine ricercata per abbandonarsi alla creazione, che necessita di uno stato di flusso e di estasi creativa. Continua a leggere

Mariella Mehr, “L’ultimo miglio di tempo”

Mariella Mehr – traduzione di Anna Ruchat – immagini di Teresa Iaria

 

 

 

Zugeschmerzt
meine letzte Meile Zeit,
sinnlos, ihr lesbare Vergebung
anzubieten.

Etwas wie Blut schmückt meine Hand,
als hätte ich gestern noch
in Fleisch gewühlt mit meinem
Verrat am wispernden Mond.

Die Trauer zwängt sich aus den Ketten,
forscht nach der Farbe, die ich nicht trage.

Nur die Füsse, eine untrügliche Spur,
hinterlassen sich angemessen im Schnee.
Er wird zum lasterhaften Rot beim Betreten,
unbegehbar für andere.

Abgesonnen ist jedes deiner Liebesworte,
unnütz geworden Geste und Blick.

Und doch, und doch
verspinnt mich bei
Niedrigwasser der Foenna
eine Fee zu Kummer,

als wäre da einer der hat,
was mir bisweilen nachts zu
sein gelingt.

Chiuso nel dolore
il mio ultimo miglio di tempo
non ha senso offrirgli una remissione
leggibile.

Qualcosa che somiglia al sangue ingioiella la mia mano
come se ancora ieri avessi
frugato nella carne col mio
tradimento alla luna sussurrante.

Il lutto si libera dalle catene
cerca il colore che io non porto.

Solo i piedi, una traccia inconfondibile,
lasciano la misura di sé nella neve.
Di un rosso vizioso diventa quando la calpesti
impercorribile per altri.

Di senso inverso è ognuna delle tue parole d’amore
il gesto, lo sguardo ormai inutili.

Eppure, eppure,
una fata,
nei giorni di secca della Foenna
mi porta dolore

come se ci fosse qualcuno che ha
quello che ogni tanto di notte
mi riesce di essere.

 

© Mariella Mehr e per le immagini Teresa Iaria

 

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“Nell’aria del mattino”, Giulia Napoleone e Elio Pecora

C O M U N I C A T O     S T A M P A

Mercoledì 10 novembre 2021, alle ore 17.30, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea presentazione del libro d’artista Nell’aria del mattino (frammenti di un prologo), poesie di Elio Pecora e pastelli originali di Giulia Napoleone, nuova pubblicazione in trentacinque esemplari delle Edizioni del Bulino, corrispondenti ad altrettanti pezzi unici.

In uno scritto dello scorso anno Elio Pecora ha fatto una vera e propria dichiarazione di poetica: “Può la poesia sgominare ogni regola, ogni attesa. La vorresti altera, sommessa e ti si mostra accesa, eccessiva. La pratico e la frequento dalla prima adolescenza, anzi dalle scuole elementari quando andavo alla cattedra e ripetevo a memoria rime avvolgenti e versetti che chiamavano Dio e l’universo. M’è accaduto di trovarla nei primi poemi e dentro libretti consunti. L’ho vista sontuosa e lacera, spietata e tenera. E sempre al di là delle frasi, dei suoni, delle parole in cui pareva rinchiusa: invece ne usciva per dire altro, per accennare a un mistero, per valicare il niente e provarsi viva e presente. Ho imparato, ma con così poca consapevolezza, che poteva apparire laddove il buio era più fitto e fosse cancellata ogni ragione. Di quanti lacci e pretese e attese bisognava liberarsi anche solo per scorgerla?”

Giulia Napoleone, a sua volta, ha scritto: “Un aspetto non occasionale del mio lavoro è da sempre l’esecuzione di libri. Ne ho realizzati con incisioni, a tiratura limitata, con linguaggio ridotto al dialogo fra due estremi, bianco- nero, luce-ombra. Ma la mia vera passione è stata da sempre l’esecuzione materiale di libri manoscritti, con varietà di formato e soggetti, di cui curo testi, immagini, frontespizio, colophon e copertine e a cui dedico un tempo considerevole.

La predilezione dell’esemplare unico scandisce i miei tempi di lavoro e l’esecuzione di tanti manoscritti, quelli stessi che oggi sono all’Istituto Centrale della Grafica di Roma o alla Biblioteca Cantonale di Lugano, mi ha consentito di progredire e ha permesso al pensiero di prendere forma, perché ha messo a posto dentro di me desideri e sentimenti”. Continua a leggere

L’ultima creazione dei Ceccobelli

Sala 1 prosegue sulla scia della presentazioni di progetti innovativi legati a giovani artisti, con La Pitturatrice e il Pitturatore dei gemelli Auro&Celso Ceccobelli.

Auro e Celso sono partiti dal riutilizzo di utensili, arnesi, manufatti e materiali provenienti da autorimesse, officine meccaniche, modificandoli e riadattandoli per creare “l’opera installativa” che da il nome alla mostra. Non è un’installazione fine a se stessa, ma affinché la magia dell’arte abbia luogo è necessario che il fruitore interagisca con l’opera, un evidente omaggio alla ricerca artistica di Jean Tinguely. Una volta che La Pitturatrice e il Pitturatore avranno dato vita alla propria creazione, l’opera entrerà in possesso gratuitamente della persona che l’ha azionata.

Auro e Celso Ceccobelli

Un colorato ringraziamento a Flaminia e Beatrice Bulla, per il sostegno tecnico nell’offerta della carta, che proseguendo la tradizione di famiglia presso la storica Litografia Bulla, oggi sostengono i giovani artisti nei loro progetti legati alla grafica d’arte! Continua a leggere