Margherita Rimi, “Nomi di cosa-Nomi di persona”

nomi-di-cosa-nomi-di-persona-margherita-riti-lestroverso-marsilioNota di Amedeo Anelli

Margherita Rimi si conferma una delle voci meglio individuate del nostro panorama letterario. Con i suoi ritmi e la sua sintassi originale, la Rimi crea una poesia tangibile, in cui la lingua siciliana, l’italiano, il francese, l’inglese, i linguaggi specialistici concorrono ad aumentare la dimensione esperienziale e di senso senza essere semplici “coloriture” linguistiche o contributi alla varietà fonica dei versi. Immediatezza gestuale e visiva di una situazione in atto, potenzialità di una lingua essenziale e precisa che sa giovarsi degli scarti sintattici del dialetto, ma anche porsi in una dimensione plurilinguistica a forte oralità e carnalità: in questa scrittura la dimensione veritativa e conoscitiva si unisce infatti alla corporeità, e la corporeità a un vivo senso della lingua, alla «manducazione della parola», per usare l’espressione di Marcel Jousse. Non a caso figura ad esergo della prima parte del volume la frase di Alice Miller che dice: «La verità della nostra infanzia è scritta nel nostro corpo».

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Nuccio Ordine, “L’utilità dell’inutile”

utilita_inutileNon è vero – neanche in tempo di crisi – che è utile solo ciò che produce profitto. Esistono, nelle democrazie mercantili, saperi ritenuti “inutili” che invece si rivelano di una straordinaria utilità. In questo brillante e originale saggio, Nuccio Ordine attira la nostra attenzione sull’utilità dell’inutile e sull’inutilità dell’utile. Attraverso le riflessioni di grandi filosofi (Platone, Aristotele, Zhuang-zi, Pico della Mirandola, Montaigne, Bruno, Campanella, Bacone, Kant, Tocqueville, Newman, Poincaré, Heidegger, Bataille) e di grandi scrittori (Ovidio, Dante, Petrarca, Boccaccio, Alberti, Ariosto, Moro, Shakespeare, Cervantes, Milton, Lessing, Leopardi, Hugo, Gautier, Dickens, Herzen, Baudelaire, Stevenson, Kakuzo Okakura, García Lorca, García Márquez, Ionesco, Calvino, Foster Wallace), Nuccio Ordine mostra come l’ossessione del possesso e il culto dell’utilità finiscano per inaridire lo spirito, mettendo in pericolo non solo le scuole e le università, l’arte e la creatività, ma anche alcuni valori fondamentali come la dignitas hominis, l’amore e la verità. Continua a leggere

Oriel Pozzoli, “L’amore si fa contando”

copertina piatto L'amore si fa contandoPrefazione di Maurizio Cucchi

Conoscevo finora Oriel Pozzoli per la sua bravura e autenticità di narratrice, ma proprio l’intensità espressiva della sua frase, la sua attenzione sensibile alla lingua e il controllo dello stile, nei romanzi, mi hanno fatto sembrare del tutto naturale il suo passaggio alla poesia, dove queste qualità tornano impeccabilmente. Tra l’altro, il libro si apre con una prosa, molto lirica, certo, poeticissima, ma pur sempre una prosa, dunque un passaggio, una breve quanto intensa fase intermedia.
Come ben dichiarato dal titolo, questo libro si svolge coerente attorno a un tema, che è poi il grande tema-non tema dell’amore, la macrometafora inamovibile del rapporto dell’essere umano con l’esserci, con la vita, nella sua dedizione non sempre purtroppo corrisposta. Il titolo stesso, nella sua semplicità, contiene un’evidente sorpresa, garbatamente provocatoria. L’amore si fa contando, dice infatti, mentre, chissà, ci si potrebbe aspettare un cantando, sia pure già un poco azzardato. Invece, in modo più prosaico, la poetessa ci dice che si fa contando. Resta il fatto che la vicinanza estrema di suono tra i due verbi lascia nel lettore anche una vaga eco di amoroso canto. Ma di quale conto potrà invece trattarsi? Naturalmente è viva, in questa scelta originale, la presenza del senso del limite, della provvisorietà, dell’incompiutezza di ogni vicenda umana, al cui centro è per natura quella amorosa.

 

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Mario De Santis, “Sciami”


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A cura di Luigia Sorrentino

E’ poesia che fotografa la realtà del nostro tempo quella di Mario De Santis nei suoi “Sciami“, raccolta di versi da poco uscita con Giuliano Ladolfi Editore (euro 10,00).

Una poesia che “aggrega tanto”, al punto che nelle poesie qui proposte, vi sembrerà di vedere i volti dei milioni di migranti e di rifugiati arrivati in Europa negli ultimi decenni.

Un io poetico che guarda alla Storia, oggettivamente, senza nascondere la forma interiore  dell’autore, percepita dal flusso ininterrotto di parole, dense, che hanno coscienza della brutalità del nostro tempo.

 

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Rossella Frollà, “Violaine”

Frollà Violaine 180

Nota di Luigia Sorrentino

Di questo libro, mi colpisce immediatamente il titolo, “Violaine“. Con questo nome l’autrice compie un viaggio autobiografico,  entrando nel nome della protagonista del noto dramma teatrale di Paul Claudel, fratello della scultrice Camille Claudel: “L’annuncio a Mariaal quale, lo scrittore e diplomatico francese, dedicò tutta la vita componendone varie stesure.  L’opera di Roberta Frollà, come quella di Paul Claudel, tratta di una giovane donna, dei suoi affetti, investita dall’amore, dalla fede, dalle vicende umane che si sovrappongono, entrano in relazione con la totalità di ciò che esiste e che è mobile nell’universo: “Qualcosa mi accarezzava,/il chiacchierare dell’acqua/ dove s’oscura l’aria/ nel sottopasso/ arriva con un filo lento al mare/ che sembra fatto di niente/ come il patire e il vento,/ scorrevano l’acqua e l’aria sui miei passi,/ nel greto la gioia di un lento gioco.” Così, con versi lievissimi e lucidi, di vibrante intensità, la Frollà compie un viaggio nella memoria e nel tempo:  “infilati in tasca gli anni”  si va verso la nostra incompiutezza terrena e, contemporaneamente,  si cerca una forma che definisca la gioia, …”che non mi chiede nulla,/ se non di abbracciarla,/…” , prima di perderla sotto i colpi del vento“. Continua a leggere