Adua Biagioli, “Il tratto dell’estensione”

da Il tratto dell’estensione, La Vita Felice 2018

Qualcosa ci dimentica su un davanzale
il geco piatto sul muro
incurante di un giro degli occhi,
moltitudini gazzelle fermentano steppe cremose
qualcosa trapassa e infrange quello che sono stata
ricompongo le superfici su cui cammino
i sogni sono gradini o salite.
Le distanze metri o minuscole fugacità.

*

Resoconti, combinazioni,
assuefatte corrosioni di corrispondenza:
tutto si concentra in penombre inesplose
anche ciò che ci lascia migliori,
così luce – così ribelli – così,
come mai ci siamo guardati.

*

Contammo i passi sui sentieri del fuoco
le more struggenti, maree della legna
il tè bollente tenuto nella gola,
ogni cosa seguì la selvaggia corsa del fiume
case scrostate, azzurrità, cicaleggio e cantilene
sillabe andavano morbide,
tutto scivolò in direzione del sole
una caduta lenta senza di noi.

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Corrado Benigni, “Tempo riflesso”

Presentazione SABATO 7 APRILE 2018, ORE 18
Milano, Libreria Verso, corso di Porta Ticinese 40
con MILO DE ANGELIS e STEFANO RAIMONDI
con esposizione di fotografie.
Sarà presente l’autore
Ingresso libero

Corrado Benigni riflette sul tempo delle nostre esistenze, quasi un «rarefarsi in forma di persone», in questo libro che è un tentativo di sottrarsi al flusso della vita e quindi di condensare il tempo. Lo stesso avviene con la fotografia, cui è dedicato un finale intenso tra invisibile e apparenze, perché – come spiega Walter Benjamin – «l’osservatore sente il bisogno irresistibile di cercare nell’immagine quella scintilla magari minima di caso, di hic et nunc, in cui, nell’essere in un certo modo in quell’attimo lontano, si annida ancora oggi il futuro». Infatti in una poesia avviene come «dentro una foto, il tempo inverte la prospettiva». E così si torna allo specchio delle parole, che «come suoni nelle pietre… nascondono / luoghi e cellule, respiri e ore contate / che dicono chi siamo». Continua a leggere

Roberta Dapunt, “piange sottovoce il sangue”

di Luigia Sorrentino

Dopo la Terra più del paradiso (Einaudi, 2008) e Le beatitudini della malattia (Einaudi, 2013) Roberta Dapunt nata nel 1970 in Val Badia, pubblica un terzo libro con la Bianca Einaudi, Sincope (2018).

In questo libro parla soprattutto il corpo in uno stato di alterazione dell’equilibrio. Come accade nella poesia intitolata Epistassi, qui riportata. Il sangue che cade in terra diventa la proporzione di qualcosa di incontrollato che investe il corpo della poesia. Forse quel sangue è il sintomo di una malattia della morte che investe la nostra epoca, e che ci lascia sempre più confusi, impotenti e attoniti.

Epistassi

Piange sottovoce il sangue,
violenta al risveglio un’asfissia di sonno.
Pesa poco l’immensità versata, è ritmo di poca virtù.
Duole la cadenza delle tempie, a favore di questa miseria
indifferente
che esce dal mio naso. Che esce.
Guardo ed è rossa vita senza storia, la mia esposta
all’aria.

Io credo di poter vedere in questo una serena illusione,
e sono grata al corpo e a ciò che questo incarnato bagaglio
ancora può nell’universo dei versi:
esce in questo sangue il meglio di me.

È l’unica verità che vedo in questo momento,
la libertà del bene che esce. Che esce e finisce in terra
dritto sangue e senza esitare si conclude. In terra.
Così anche il resto di me che cade, si rivolge al suolo
questo corpo,
facile orizzonte davanti a me.

Gian Mario Villalta, “Bestia da latte”

A undici anni, in pochi mesi può finire l’infanzia. E i tradimenti che ci sembra di subire a volte li cerchiamo, oppure li inventiamo, per consentire a un’altra età di avere inizio.”

Gian Mario Villalta

Vengono da un mondo lontano i ricordi che si sprigionano nella mente del protagonista di questo romanzo nel momento in cui apprende della morte di uno zio un tempo molto amato e poi altrettanto detestato. Per la precisione – se poi davvero precisi possono essere i ricordi dell’infanzia – vengono da un piccolo paese del Nordest, durante gli anni Sessanta, quando la coda del boom economico inizia a cambiare le abitudini e i comportamenti. È l’epoca in cui «le stalle hanno cominciato a puzzare» e «gli animali – così come la terra – sono diventati materia per la produzione industriale». Ma a tornare alla mente del protagonista sono soprattutto i momenti vissuti insieme al cugino Giuseppe. Perché è proprio il complesso rapporto fra i due a segnare, forse più di ogni altra cosa, la sua infanzia. Un rapporto fatto di grande complicità ma anche di violenza e di paura: sentimenti, questi, che non lo hanno più abbandonato, né mai è riuscito a sciogliere nella loro aggrovigliata natura. Oggi, il bambino di allora, arrivato alla soglia dei sessant’anni, si chiede le ragioni di quella violenza sorda, cupa, marcio frutto di altra violenza. E si chiede se la sua vita, senza quelle vicende ormai lontane, sarebbe stata diversa. Gian Mario Villalta, narratore, saggista, poeta tra i più significativi della nostra letteratura, con Bestia da latte scrive un romanzo intenso e potente, una storia di famiglia e insieme di formazione. Continua a leggere

Fabio Donalisio, “Ambienti saturi”

Forse ha sentito il fischio dell’aria
e lingua gli ha fatto dire bastone;
scansa ma invano, evita un nulla
il piede nel pozzo dell’attenzione:
cade, sbiadisce si caria.

*

sei già morte al mondo e ancora
tene viene meraviglia; tienila
stretta, dunque, che lo stupore
è caro e la fortezza costa. Son
mattine corte con la luce a bella
posta.

*

sarai rilasciato (potrebbe essere
al mare, o in piazza, al mercato
non te lo chiedere non è importante
solo che sarà tanto, distante)
sarai di nuovo, sarai nessuno
altrove di ogni assente di uno

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