Silvio Ramat, da “Corre voce”

Padova 07 giugno 2008 foto ©Michela Gobbi
Selezione cinquina Premio Campiello

NELLA CONCHIGLIA

Al tempo delle candele, dei lumi
a olio, della rara acqua corrente,
chissà se sarei stato io
pienamente:
viaggiare, amare e, all’occorrenza, scrivere
(in un poeta rimava con vivere),
guarire dalle subdole infezioni?

Oggi, chi fa il Camino di Santiago
trova l’antico, inventa l’emergenza.
Ago filo un ricambio, ed è fin troppo
corredo per quei sentieri divisi
dalle arterie che pulsano ai motori.
Nella conchiglia si sentono i cuori. Continua a leggere

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Filippo Davoli, Da “Il viaggio di Poesia”

Filippo Davoli (foto d’archivio)

Per noi randagi piove sempre una notte
opportuna, un’occasione di scavi
nella memoria delle campagne,
una possibilità di voce. Le parole

escono da una stiva segreta
quando le stelle se le porta lo scirocco
e l’erba tumultua oltre il motore dell’auto.
Spegni dunque i tuoi fari, concedi

alla fronte uno spicchio d’aria lunare.
Che il mare qui è un oceano d’occhi che spiano,
un caldo fuori stagione che preme e chiama.
La carta trema tra le nostre mani, la debolezza

e spinge a un silenzio che è sguardo e fuoco
e luminosa è l’attesa.

 

Filippo Davoli, Poesie (1986-2016) Transeuropa Edizioni, 2018 Continua a leggere

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Barbara Herzog, da “Se non nel silenzio”

Barbara Herzog (foto d’archivio)

Noël
non era stato quello il nome
dato dalla mamma
ma dopo i flutti
intoccati da Natale
era sembrato l’unico nome
giusto per lui

affidato allle braccia che spuntavano
dal salvagente
traghettato lungo la  morte
a terraferma incerta
solo

non saprà
l’ultimo respiro
la speranza prima di morire
morte non realizzata
accettabile più di quella vita
soltanto per lui

Poesia tratta da: “Se non nel silenzio“, L’arcolaio, 2015

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Milton e l’ira di Dio

Nota di Fabio Izzo

John Milton nacque a Londra nel 1608. In vita frequentò l’Università di Cambridge e, una volta abbandonati i suoi studi, si dedicò con passione alla lettura dei più famosi scrittori latini e inglesi, iniziando a scrivere poesie egli stesso. Quando re Carlo I fu ucciso, Milton divenne “Segretario latino per il Consiglio di Stato di Cromwell”. Purtroppo però, poco dopo, nel 1652, a causa dei suoi occhi deboli, provati da anni di letture a lume di candela, divenne cieco. Paradossalmente anche se vecchio, cieco, avendo visto il fallimento di tutte le sue speranze, cominciò qui il suo periodo più creativo, dove scrisse i suoi capolavori, tra cui il poema epico  Paradise Lost, pubblicato in una prima edizione di 10 volumi nel 1667, i cui diritti furono venduti per dieci sterline, e in una seconda edizione di 12 volumi nel 1674. Milton era un appassionato visitatore del nostro paese e profondo conoscitore, così nel 1655 scrisse Sul tardo massacro in Piemonte“, un sonetto ispirato alle Pasque Piemontesi, cioè al massacro dei valdesi in Piemonte da parte delle truppe di Carlo Emanuele II, duca di Savoia, nell’aprile del 1655. Le Pasque piemontesi sono le persecuzioni di cui furono vittima i valdesi delle cosiddette valli Valdesi, in special modo nell’anno 1655, ad opera dell’esercito del Ducato di Savoia. Le campagne militari, fermate poi da un movimento di opinione internazionale, a cui contribuì Milton stesso con il suo poema, portarono alla morte, secondo fonti valdesi, di 1712 persone, dando inizio alle guerre sabaudo- valdese. Continua a leggere

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Stefania Onidi, da “Quadro imperfetto”

di Stefania Onidi

La versione di Penelope

Questa tela non vedrà la fine
rimarrà incompiuta. Il telaio è morto.
La vera novità è che non voglio aggiustarlo.
Non aspetterò più notizie dal mare.
Ho sempre ignorato le tue rotte,
non ho mai saputo di Circe o Calipso
ho sempre guardato le mie mani, vuote di te,
e di quel tuo nome sconosciuto ho ricamato
il ricordo.
I miei occhi son più profondi dei tuoi,
hanno sempre saputo guardare oltre e
custodire anche gemme senza valore.
Non ho dèi a cui rivolgermi o da sfidare,
quelli li lascio alla tua alterigia.
Scappo da me;
ma se di Clitemnestra ho il coraggio
non ne invidio la sorte,
e se la mia saggezza si veste d’impazienza,
allora merito un altro nome.
Che ne sa il mare della mia bellezza?
Che ne sapete voi del mio pudore e
della mia astuzia?
Abbandono queste vesti e lascio il dubbio
accarezzarmi la pelle coi suoi raggi affilati,
per sentire il brivido di una vita non scelta.
E tu ora
versami sulle palpebre un dolce sonno.
Continua a leggere

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