Per Mario Benedetti, presentazione a Pordenonelegge

IL LIBRO

Sono 45 i poeti e i critici che nel libro Per Mario Benedetti portano un ricordo del poeta friulano, un commento o un’ipotesi di interpretazione di una sua opera, ripercorrendo momenti della sua vita, incontri e passaggi dai suoi libri. Una testimonianza d’affetto e allo stesso tempo un orizzonte di risposte a una poesia che ha saputo affascinare e convincere gli appassionati al di là delle appartenenze generazionali e degli orientamenti della poetica personale.

Il libro, Per Mario Benedetti uscito con Mimesis nel 2021, sarà presentato in anteprima al Festival di  Pordenonelegge venerdì  17 settembre alle 21.00 alla Libreria della Poesia di Palazzo Gregoris,

Interverranno Alberto Bertoni, Maria Borio, Milo De Angelis, Stefano Raimondi e Luigia Sorrentino.

Presenta Alberto Garlini.

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Per mio padre

Sta solo fermo nella tosse.
Un po’ prende le mani e le mette sul comodino
per bere il bicchiere di acqua comprata,
come tanti prati guardati senza dire niente,
tante cose fatte in tutti i giorni.
Intorno ha una cassettiera con lo specchio,
due sedie scure, un armadio, l’incandescenza minuscola di una stufa.
Dei centrini, la stampa di una natività con il rametto di ulivo,
un taccuino, dei pantaloni, delle cose sue.
Davanti il cielo che è venuto insieme a lui,
gli alberi che sono venuti insieme a lui. Forse una ghiaia di giochi
e dei morti, che sono silenzio, un solo grande silenzio, un silenzio di tutto.
A volte l’acqua del Cornappo era una saliva più molle,
un respiro che scivolava sui sassi.
A volte tutto era l’uccellino del freddo disegnato sul libro di lettura
vicino a una poesia scritta in grande da imparare a memoria.
A volte niente, venire di qua a prendere il pezzo di cioccolato
e la tosse, quella maniera della luce di far tremare le cose,
gli andirivieni, il pavimento stordito dallo stare male.

Mario Benedetti
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Antonio Riccardi, “Ex voto. Tre sogni e un ruggito”

Antonio Riccardi, credits ph. Dino Ignani

 A  N  T  E  P  R  I  M  A      E  D  I  T  O R  I  A  L  E

Pubblichiamo in esclusiva una poesia inedita e una nota di Antonio Riccardi contenute nella plaquette che uscirà con Amos Edizioni a settembre 2021 e che sarà presentata al Festival Pordenonelegge.

 

 

Enigma in forma di alfabeto
Terzo sogno

Ancora in sogno, mio padre plana
dal grande ciliegio del Madone
come se niente fosse e planando
mi parla sottovoce, senza affanno
del nostro podere oggi mal tenuto
a pensarlo nel suo splendore
cinque generazioni prima di noi
quando a tenerlo era Pietro Giovanni
appena chiuso il secolo dei Lumi
e con quello se dio vuole la deriva
la smania di cambiare le cose buone
tanto bene e a lungo pensate.

Non erano mai stati da un’altra parte
in nessun posto, via da Langhirano
dice piegando le ali
come per dire: bisogna capire
aver pazienza con i morti
a volte più che con i vivi…
e per sigillo
prende uno stecco di sambuco
segna in terra vicino a me
due parole con due segni a croce
e un fiore dentro un anello aperto
per dirmi qualcosa che devo capire
un codice che io però non vedo,
non so vedere.

Poi cancella con la mano a taglio,
un gesto largo dal basso in su
e segna in terra una lettera alla volta
per farmi vedere l’enigma del futuro
in forma di alfabeto.

 


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Rai Poesia inaugura un primo ciclo di incontri con la poesia contemporanea

In occasione della chiusura dei festeggiamenti per la Giornata Mondiale della Poesia 2021, #raipoesia, il primo blog di poesia della Rai presenta “La realtà sensibile“, un’idea di Luigia Sorrentino. Hanno partecipato all’evento trasmesso in prima assoluta domenica 28 marzo 2021 attraverso il canale Facebook “Poesia, di Luigia Sorrentino” quattro poeti nati negli anni Sessanta: Stefano Dal Bianco, Alessandro Moscè, Luigia Sorrentino, Antonio Riccardi. Ha moderato l’incontro Alfonso De Filippis. Il video dell’incontro è stato trasmesso contemporaneamente su you tube.

Così ha scritto Fabrizio Fantoni: “Pur nel loro differente poetare questi quattro poeti rispecchiano le nuove tendenze della poetica attuale e si incontrano in un dialogo intessuto di corrispondenze, in un reciproco aprirsi alla fragile realtà del presente..

Un incontro di voci che ha la stessa densità emotiva delle opere pittoriche realizzate negli anni Sessanta e anche decenni prima, da un grande artista statunitense, Cy Twombly, che amò l’Italia tanto da sceglierla come sua patria.

Si osservi, ad esempio, a “The Italians” del 1961, (sopra riportata), dove l’esplosione di segni e macchie di colore sulla nuda tela bianca è raffrenata dall’inserimento di “parole” tracciate inaspettatamente ai margini della tela che offrono all’osservatore significati inattesi, capaci di oltrepassare l’idea di Action Painting per affondare nella storia o, se si vuole, in un origine.

Questa è la forza e l’autorità della parola della poesia: partire dall’osservazione di una realtà fragile e anonima per fare emergere il senso vivo e pulsante della storia, il nostro essere collettività, popolo.”

(Si ringrazia per la gentile collaborazione Monica Punzi Anfossi) Continua a leggere

La realtà sensibile

Cy Twombly “The Italians”, Rome, January 1961

NOTA DI FABRIZIO FANTONI

A chiusura dei festeggiamenti della Giornata Mondiale della Poesia 2021, #raipoesia, il primo blog di poesia della Rai, diretto da Luigia Sorrentino, ha organizzato un evento dal titolo: La realtà sensibile che sarà trasmesso domenica 28 marzo alle 20.00, sulla pagina facebook del blog poesia.

Nel corso della serata si alterneranno alla lettura dei loro testi poetici quattro autori: Stefano Dal Bianco, Alessandro Moscè, Antonio Riccardi e Luigia Sorrentino, coordinati dall’attore e regista Alfonso De Filippis.

Quattro protagonisti della poesia contemporanea nati negli anni Sessanta. Una generazione questa, (come le precedenti e le successive), che segnala la comparsa sulla scena poetica di nuove esperienze formative comparabili. Pur nel loro differente poetare questi quattro poeti rispecchiano le nuove tendenze della poetica attuale e si incontrano in un dialogo intessuto di corrispondenze, in un reciproco aprirsi alla fragile realtà del presente..

Un incontro di voci che ha la stessa densità emotiva delle opere pittoriche realizzate negli anni Sessanta e anche decenni prima, da un grande artista statunitense, Cy Twombly, che amò l’Italia tanto da sceglierla come sua patria.

Si osservi, ad esempio, a “The Italians” del 1961, (sopra riportata), dove l’esplosione di segni e macchie di colore sulla nuda tela bianca è raffrenata dall’inserimento di “parole” tracciate inaspettatamente ai margini della tela che offrono all’osservatore significati inattesi, capaci di oltrepassare l’idea di Action Painting per affondare nella storia o, se si vuole, in un origine.

Questa è la forza e l’autorità della parola della poesia: partire dall’osservazione di una realtà fragile e anonima per fare emergere il senso vivo e pulsante della storia, il nostro essere collettività, popolo.

(Si ringrazia per la gentile collaborazione Monica Punzi Anfossi).

BIOGRAFIE SINTETICHE

Stefano Dal Bianco

Stefano Dal Bianco (Padova 1961) insegna «Poetica e Stilistica» all’Università di Siena. Dal 1986 al 1989, con Mario Benedetti e Fernando Marchiori, ha diretto la rivista di poesia contemporanea «Scarto minimo». Dal 1992 al 1994 è stato nella redazione di «Poesia». Come studioso e critico militante si è occupato prevalentemente della metrica di Petrarca, Ariosto, Andrea Zanzotto, e di poesia del Novecento. Di Zanzotto ha curato il Meridiano Mondadori nel 1999 (con Gian Mario Villalta) e l’Oscar Tutte le poesie (2011). Libri di poesia: La bella mano (Crocetti 1991), Stanze del gusto cattivo (in Primo quaderno italiano, Guerini e associati 1991), Ritorno a Planaval (Mondadori 2001; LietoColle 2018), Prove di libertà (Mondadori 2012). I suoi saggi di poetica sono raccolti in Distratti dal silenzio. Diario di poesia contemporanea, Quodlibet 2019. Continua a leggere

“E stare soli è più grande”

di Giovanni Ibello

 

Si è scritto tanto in queste settimane su Mario Benedetti. Devo dire che ho molto apprezzato la eterogeneità degli interventi proposti su questo spazio ed è bello che il blog “Poesia, di Luigia Sorrentino” su Rai News abbia instaurato un dialogo così fecondo sulla parola di questo autore. Mario Benedetti sapeva individuare con esattezza il confine tra biografia e slancio universale della parola poetica. A mio avviso la sofferenza fu per il poeta non tanto una personalissima trincea esistenziale, come invece è stato scritto nei giorni passati, bensì un prezioso cifrario che gli ha consentito di sondare e decodificare l’umano, sia nelle sue espressioni più elevate che in quelle più misere: la commozione (“E piange la parola che riesce a dire”), il disarmo, la solitudine, lo smarrimento, la metastatica condizione dei fragili, il peso delle cose, “il peso degli oggetti… il loro significare peso e perdita” (come peraltro scriveva Amelia Rosselli in Documento, Garzanti, 1976).

Ha perfettamente ragione Antonio Riccardi quando scrive (in introduzione al volume Benedetti, Tutte le poesie, Garzanti, 2017)  di un poeta “fedele alle cose, soprattutto le più comuni e dimesse”. La poesia di Mario Benedetti, certamente umile e antiretorica, si pone dunque come un atto di conoscenza essenziale della vita, dello smarrimento (come archetipo dell’esistenza) e della morte. Non si può giammai parlare di mero diarismo (a tal proposito è magistrale l’emistìchio “Si diventa altri occhi per morire dovunque”, da Tersa Morte, Mondadori, 2013). Il poeta non fa mai esplicito riferimento alle sue vicende private, ma ci mostra un’umanità desolata (“adesso che piangere è pioggia, / e stare soli è più grande”) e lo fa adottando una sintassi franta e faticosa. Va da sé che in Benedetti la forma esprime anche una co-sostanza del pensiero poetico. Con la sua testimonianza in versi, Benedetti ci confessa che “il poeta da semplice creatura che vive nel mondo diventa colui che crea e rinnova perpetuamente il mondo stesso” (questo l’auspicio di Adonis in La musica della balena azzurra. La cultura araba, l’Islam, l’Occidente, Guanda, 2005). Benché si tratti di un modo di “stare nelle cose della vita” pienamente consapevoli della propria caducità, è curioso che la parola di Benedetti sembra quasi celebrare un’assenza, stringere intime alleanze con un vuoto di parole (che “non sono per chi non è più”) e di interlocutori. Continua a leggere