Giulio Ferroni inaugura il Festival Piombino in Arte

DI MATTEO BIANCHI

«Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello!» Èl’eterna terzina che Dante dedica a uno dei volti del nostro paese nel canto VI del Purgatorio (vv. 76-78), uno di quelli più dolorosi; Italia che è anche “dove ‘l sì suona”, “bel paese”, “giardin dell’impero”.

Ne L’Italia di Dante, edito da La nave di Teseo e già vincitore sia del 46esimo Premio Mondello sia del Viareggio-Rèpaci 2020, Giulio Ferroni attraversa l’organicità della lingua dantesca e il suo continuo riaffiorare nel nostro presente, lasciando al lettore quanto di essa luminosamente resiste ancora e cosa, invece, la consuma e la insidia.  che, grazie a un viaggio lungo circa due anni, ha deciso di riappropriarsi fisicamente del nostro paese seguendo i versi di Dante.

Giulio Ferroni / Credits photo Dino Ignani

«L’idea è nata tanti anni fa – esordisce Ferroni – dalla suggestione di evidenza fisica della poesia di Dante, dalla capacità della sua lingua di far vedere la realtà, dalla suggestione del suo movimento, del suo camminare, notato per esempio da due poeti tra loro tanto diversi come Dino Campana e Osip Mandel’štam. Insomma, la poesia di Dante ha una forza “spaziale” che mi ha fatto sentire il desiderio di percorrere i suoi luoghi, di riconoscere e ritrovare l’Italia, quella del passato e quella del presente, guidato dai suoi versi».

Gli appellativi che il poeta attribuì al nostro paese sono rimasti quasi tutti, anche se i volti sono naturalmente mutati: «I luoghi hanno acquistato spesso nuova bellezza, attraverso le vicende architettoniche e urbanistiche, attraverso l’impegno e la creatività umana nel corso dei secoli; ma ci sono anche i luoghi (specie certi isolati castelli) che sono andati in rovina, o che sono stati trasformati in qualcosa di poco piacevole. Ma noi possiamo sentire in ogni luogo il passaggio del tempo, il cammino di un’intera civiltà, con ile sue conquiste e le sue lacerazioni. E tra l’altro una maggiore attenzione alla lingua di Dante potrebbe aiutarci a percepire il valore della storia e della memoria: ne abbiamo bisogno proprio per costruire un futuro non rovinoso.

Numerose sono le immagini che dà Dante della costa e dell’entroterra etrusco: moltissimi sono i suoi richiami diretti o indiretti alla Maremma, alla zona “tra Cecina e Corneto” (Tarquinia), a feudi e castelli della Maremma. E ricorda anche Talamone a proposito del fallito progetto di Siena di dotarsi di un porto. Poi, quando maledice Pisa per la crudeltà mostrata verso la famiglia di Ugolino, evoca la Capraia e la Gorgona, che dovrebbero ostruire la foce dell’Arno, per farlo straripare e far annegare “ogni persona”». Continua a leggere

“Geografie” di Antonella Anedda

Antonella Anedda / Credits Photo Dino Ignani

NOTA DI LETTURA DI  LORENZO CHIUCHIU’

 

Geografie, non paesaggi. Non sezioni che l’arbitrio estetico isola, ma interi domini di una visione aerea o di una continuità geologica. Non contemplazione, ma descrizione che cerca attraversamenti, affinità e faglie.

Florenskij insegna che esistono due prospettive, la lineare e la rovesciata. La lineare è quella introdotta dal Rinascimento fiorentino: il punto di fuga che ordina la scena sfonda il quadro nella direzione che va dall’occhio alla rappresentazione. La prospettiva lineare è l’effetto di uno sguardo che si inabissa in un infinito che è sua proiezione.

Ma esiste anche la prospettiva rovesciata. È quella in cui l’osservatore non proietta un punto di fuga, ma lo diventa. Florenskij spiega la prospettiva rovesciata attraverso le icone, nelle quali le linee che ordinano la composizione vanno dall’icona all’osservatore: il punto di fuga diventa l’uomo. Per gli scrittori di icone essa non è né rappresentazione né mimesi, ma la presenza tangibile dell’infinità di Dio. E questa presenza determina una prospettiva che implica l’infinità dell’uomo: il punto di fuga non è più effetto dello sguardo umano; nella prospettiva rovesciata dell’icona il fuoco prospettico sprofonda nelle anime, che così si scoprono infinite. Lo pensava anche Eraclito: non troverai mai i confini dell’anima (45, DK).

Qualcosa di simile accade in Geografie. Le prose di Antonella Anedda somigliano a icone laiche in cui la prospettiva rovesciata precipita nella visione dell’interiorità. È come se le geologie, le ere e la cruda invarianza del dolore della storia – il loro senso o la loro perfetta assurdità – crollassero nella vita interiore del poeta: coscienza, Erlebnis, memoria e tonalità emotive– ciò che Antonella Anedda chiama «il nostro coro interiore». Continua a leggere

In memoria di Gabriele Galloni

Gabriele Galloni

Per festeggiare il l 26esimo compleanno del giovane poeta Gabriele Galloni collaboratore di Pangea, scomparso prematuramente all’età di 25 anni,  il 9 giugno 2021, si terrà al teatro San Raffaele di Roma, in zona Trullo, via San Raffaele, 6 alle  17.30, un evento in suo nome con letture di poesie tratte dai libri di Gabriele.

Lo ricorderanno gli amici  poeti: Marcello Veneziani, Ignazio Gori, Davide Cortese, Antonella Rizzo, Mina Pugliese, Giorgio Ghiotti, Ilaria Palomba, Ilaria Grasso, Emanuela Dottorini, e tanti altri.

Nel corso della serata i cantautori  Andrea del Monte e Leonardo Mirenda si esibiranno con dei loro brani.

Sarà presente anche Gianni Caruso, Presidente del Premio Poesia città di Fiumicino, alcune istituzioni, il regista Carmine Amoroso, il fotografo dei poeti Dino IGNANI.

Grazie alla disponibilità di Pino Cormani, Direttore Artistico del teatro San Raffaele e della Compagnia Teatrale” IL CILINDRO” è stato possibile pensare a questo evento.

L’organizzazione è stata curata da Gianfranco Teodoro.

Parteciperanno alla manifestazione amici e parenti e insegnati della scuola Cine TV Roberto Rossellini di Roma. Continua a leggere

Maria Clelia Cardona, “I giorni della merla”

Maria Clelia Cardona, credits ph Dino Ignani

I SEMI DELLA GIOIA

 

La gioia è un campo recintato
dove germogliano semi dispersi –
l’invasiva gramigna delle
menti nostre inebriate, la  malva rosa
che pur ferita dal falcetto svetta,
la campanula azzurra che rampica a terra
e l’ardore del sole in sé chiude.

 

SEMI SMARRITI

 

Trasvolano nella volta notturna della mente
stelle cadenti intorno a un desiderio
che tremola in basso – esile appello –
semi celesti di felicità
smarriti, germoglianti forse altrove
in oltrumano grano bianco.

 

CICLAMINI

 

Come spesso una frana di gran scena, una lite screanzata
fa deviare il corso delle storie. Ci si ritrova
in un cammino cieco, una strada sterrata senza uscita,
invaghiti dall’autunnale, nascosto apparire dei ciclamini –
fiori che vivono vicini, ma ognuno
a sé.
La voce blesa del navigatore avverte: « Errato, errato, tornate
indietro, se potete. Se.».

Da: I giorni della merla, di Maria Clelia Cardona, Moretti & Vitali, 2018 Continua a leggere

Marco Corsi, “La materia dei giorni”

Marco Corsi / credits ph Dino Ignani

 

LA MATERIA DEI GIORNI

hoc animi demum ratio discernere debet,
nec possunt oculi naturam noscere rerum.
Lucrezio, De rerum natura IV, 384-385

fissavo l’ombra sul muro e per esercizio
contemplavo le forme disfarsi agili
lungo il filo delle mattonelle. così, per più giorni,
nervoso come il morso del nero
in parte obliquo e in parte solo cedimento
mio sembrava il tuo corpo di carne compatta,
soda, del tutto insensibile al tatto.
poi divenne più esile, allungato stremò
l’ovale del bel volto sulle tapparelle chiuse,
nel reparto intensivo all’ultimo piano
cedette la pressione, la poca luce
emise un breve rantolo e io docile fissavo
l’ombra più lunga sul muro e salutavo.

***

l’insalata, il grande verde, la cicoria:
ciò che la dieta avrebbe vietato
con insidioso bolo di molecole
a te, in realtà, non piaceva per natura.
preferivi la città, le piste di animali
elettrici, mormorando appena qualcosa,
subito dopo sparendo per sempre
nel perfetto meccanismo mobile
che fissa notte e giorno
con perizia di entomologo.

***

nei casi estremi da manuale di parenting
trova traccia questa commozione
di essere famiglia in tutte le cose,
dovendo o non dovendo decidere
se piangere con molta naturalezza
oppure concretare un non so che di bestia.
ora la signorina srotola con cura
serpi di nylon intorno al petto
mentre riduci il tuo sembiante
a voce di scimmia mattutina
nelle ore deputate alla visita
nella camera senza ritorno.

***

con effetto di falso movimento
di giorno in giorno moriva il giorno
rivoltando il cielo su se stesso
fino al limite dell’area d’azione:
un tiro da tre punti su stelle dure.
affiora più lento sul dorso della mano
l’universo caotico del tempo, con molti
molti crateri di tempeste siderali
portatrici di vita e adesso
cattivi presagi, asperità,
mentre con cura rivolto
l’avambraccio e vi scruto
la vita silenziosa delle vene,
qualche rado pelo, l’incendio,
la notte vaga bipolare.

***

fissavo l’ombra sul muro e intanto
guardavo te sparire con tutta la specie
umana dei cordogli, chiedendo un linguaggio
più prossimo alla vita: ossigeno, globuli
rossi, piastrine, colesterolo, enfisema,
cattivo presagio convulso nel respiro,
doglia di parto inverso, artificio.
ma ora che vegli appena nel gioco cordiale
di peso e sovrappeso, avresti dovuto
dimagrire un po’, ti ripetevi, per inerzia o noia
lento lento retrocedi affabulando, squittisci,
gli occhi di radice immobile in secca
nel languore del reparto, mentre perdi peso,
senza più peso, tu dormi. Continua a leggere