Fosca Massucco, “Per distratta sottrazione”

Layout 1Dalla Prefazione di Elio Grasso

[…] la poesia di Per distratta sottrazione addita la realtà della carne che va nel vuoto, con tutta la fine del ’900 messa lì come fosse semplice addentrarsi in questa investitura. Non lo è, l’autrice lo sa, e […] non ci pensa due volte a decretare, ben dentro la struttura del verso, un’epica fin viscerale, domestica e altresì pubblica, un’epica che non si conforma alla fine degli scrittori, quelli che mettevano in chiaro ostilità verso i poteri biblici o riscaldati come brodo politico. Fenoglio, Vittorini qui non sono francobolli commemorativi ma incagliamenti che mirano a far fuori lo sporco corrente. […] Scrive, e non lo istruisce, che la luce, lux, sta sopra la terra, e gli esseri soprastanti muoiono. Come in un libro di lettura diventa facile capire in che modo lux serva a mostrare l’evento-morte. Nasce qui una prospettiva del verso che non è cupezza, né tattica il cui scopo sia far finta di nulla, anzi si avverte un piazzamento stabile contro la famosa nebbia “iniqua”, stabile nei territori abitati dalla poetessa. Continua a leggere

Eliza Macadan, “Anestesia delle nevi”

 

anestesia-delle-nevi-251395Non sappiamo da questo libro Anestesia delle nevi come era la vita in Europa quando inesplosa. Sappiamo che l’autrice europea e poliglotta ha adottato la terapia del freddo ed alzato le difese. Questo non si è risolto in debolezza, ma ha acuito sensibilità, reattività, riflessione e senso etico.
All’instabilità atmosferica, il libro aggiunge anche quella storica e morale, nonché una relativa calma emotiva, un tempo interiore con qualche eco di burrasca, ciò nonostante alcune dichiarazioni che echeggiano la finis Austriae, o una calma e decettiva apocalisse.
È questa della Macadan una poesia di energheia, di intonazioni e di virate del respiro. L’io poetico sa dire io con tutte le oscillazioni e le rifrazioni del caso.
Enunciazione, eloquio, immagini, cose, obbediscono a una interiore misura ritmica, a un fluire magmatico “fiume interiore” che li trascina verso la cadenza finale. Ogni sequenza è plurima e stipata di oggetti, aperti su più lati e prospettive. È una poesia di moto, un “andante con moto” inesorabile come il fluire dei tempi in un gorgo.

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