Mircea Cărtărescu

Mircea Cărtărescu

Nota di Giovanni Ibello

Mircea Cărtărescu, nato a Bucarest nel 1956, è considerato uno dei più raffinati autori dell’Est Europa, nonché il precursore di una generazione di poeti vissuti negli anni ’80 sotto il regime di Ceausescu.
Nella poesia di Cărtărescu, mi stupisce la straordinaria capacità dell’autore di “desaturare” lo scibile.
Infatti, a mio sommesso avviso, una delle prerogative del vero poeta è saper individuare quello spazio obliquo e malfermo, dove il reale si fa elettrico e desueto, con l’intero cosmo che riverbera senza disciplina.
Cărtărescu, dunque, ci offre una sorta di anteprima postatomica: una visione abbacinata dell’esistenza, frutto di un dinamismo che tiene conto del moto di rivoluzione della terra, del delirio chimico della clorofilla, dei combustibili fossili, del silenzioso fervore dei microcosmi. Eppure, al di là di questo buio caos, il dettato lirico del poeta appare straordinariamente compatto, limpido (come se questo fosse l’unico scenario possibile), pregno di una commovente malinconia che si rivela poco a poco e lo fa per paradossi. L’autore, ad esempio, ci racconta l’amore carnale, ma distratto… l’abisso, ma anche il “merito” della solitudine. E allora nella poesia di Cărtărescu ci accorgiamo che il lavandino si innamora delle stelle stampate sulla tenda, o che nel ristagno di benzina la luce ricama tutti colori dell’iride. Esiste, in definitiva, un processo di sussunzione dell’accadimento, che muta la prospettiva, che muta i cardini della percezione convenuta.

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I finalisti del Premio Internazionale di Letteratura Città di Como 2017

La quarta edizione del Premio Internazionale di Letteratura Città di Como arriva alle battute finali annunciando i finalisti delle sezioni in concorso, in attesa della cerimonia di premiazione che si terrà sabato 7 ottobre alle 16 a Villa Olmo a Como, alla quale interverranno anche Dacia Maraini e Ferruccio De Bortoli.

È stata questa un’edizione da record che ha contato 2.100 partecipanti (l’elenco con tutti i nomi è disponibile sul sito www.premiocittadicomo.it) tra i quali la prestigiosa giuria presieduta da Andrea Vitali e formata da Edoardo Boncinelli, Dacia Maraini, Pierluigi Panza, Milo De Angelis, Giovanni Gastel, Francesca Giorzi, Armando Massarenti, Flavio Santi, Laura Scarpelli e Mario Schiani, ha selezionato i 112 finalisti, suddivisi tra le sezioni narrativa edita, narrativa inedita, poesia edita, poesia inedita, saggistica, multimediale, reportage e teen.
Da segnalare le numerose opere finaliste di scrittori esteri tra i quali Fattaneh Haj Seyed Javadi, la più grande scrittrice iraniana. Continua a leggere

Vladimir Levchev

di Giovanni Ibello

“Amore in piazza” (Terra d’ulivi, 2016) di Vladimir Levchev è una straordinaria raccolta antologica che, secondo il parere di chi scrive, è un manifesto che definisce una certa idea di poesia.
L’opera (tradotta da Emilia Mirazchiyska e Fabio Izzo) è ripartita in tre sezioni: “Amore”, “In piazza” e “Dio”.
Partiamo, insolitamente, dal mezzo: nella sezione “In piazza” l’opera assume i toni freddi e disadorni della migliore poesia civile. D’altra parte, l’autore decide arbitrariamente di valicare lo spazio incolore della narrazione, così che la parola poetica apra un transito, una necessaria connessione tra i freddi resoconti della cronaca (nella fattispecie la dittatura di Zivkov) e l’infinita grazia del sogno. Continua a leggere

Alessandro Ceni

Alessandro Ceni

di Giovanni Ibello

La poesia di Alessandro Ceni sembra quasi un rituale di recessione, una metamorfosi di elementi che si deformano, di insetti dormienti, di erbe gelate nello stomaco del bue.

Attraverso un processo di accensioni visionarie, le riflessioni metafisiche dell’autore ci conducono a una spudorata evidenza del nulla.

La scansione dei versi è regolata da leggi “autonome”; pertanto l’eleganza della parola si alterna a un impeto, a una risolutezza espressiva che spiazza anche il lettore più attento.
Al di là degli inevitabili richiami a Walt Whitman e Dylan Thomas, Alessandro Ceni resta un poeta fedele a sé stesso, un autentico numero primo.

L’impressione è che per l’autore la “natura delle cose” si risolva in un’esperienza sinestetica e drammatica, dove l’assenza è generata dal tumulto del tragico e l’io regredisce spontaneamente nel selvatico, in un bianco primitivo, senza storia, senza dominio e per questo “prossimo al divino”. Continua a leggere

Simone Cattaneo, in memoria di te

di Giovanni Ibello

Già in passato mi sono occupato della poesia di Simone Cattaneo. Pertanto, sono ben lieto di reiterare quanto precedentemente espresso e condiviso sulle figure magmatiche di questo autore. Qui siamo di fronte a un testo anti-sperimentale, dove i toni caustici del poeta rivelano un tormento, il dramma “dell’abitare il corpo”.
Per Simone Cattaneo la bellezza si declina in una folgore, nel prodigio che sospende, ma non salva. Lo stupore di certe figure celesti addomestica l’Idra-vita ma non lo decapita, fungendo dunque da contraltare all’orrore dell’essere umano, alla recessione spontanea delle stagioni, degli “adorati ascoltati meno”. Fossero i benvenuti loro, scriveva Bellezza. Ecco il canto dimenticato dei reietti, la subornazione di un testimone ostile. Continua a leggere