Andrea Zanzotto, “Haiku”

L’estrema acutezza intellettuale, inquieta e curiosa, di Andrea Zanzotto lo condusse a sperimentare le più diverse forme, a percorrere con successo i più vari sentieri, a entrare nel corpo espressivo di lingue e dialetti. Negli anni Ottanta questa sua capacità – o meglio necessità – di aprirsi al molteplice del reale lo portò alla composizione di una serie di frammenti lirici in inglese, una lingua per lui tutt’altro che abituale. Ma quei versi non furono abbandonati alla spontaneità della loro crescita, bensì composti secondo le forme di un genere quanto mai affascinante e insieme, per noi, in parte misterioso, e cioè l’haiku giapponese.

Successivamente Zanzotto decise di autotradursi in italiano, realizzando testi, come testimonia Marzio Breda, «inaspettatamente “cantabili”, rispetto a quella che fino ad allora era la sua cifra letteraria», e trovando nella forma-haiku incanto fonico e limpidezza di pensiero racchiusi in movimenti di nitida essenzialità e di sintesi lirica dall’efficacia memorabile. Il tutto in piena coerenza con la presenza attiva e vigile, tipicamente sua, nel paesaggio, dove «un “Io” rifà come film il suo “Io”», e dove il poeta avvista, restituendoli nella sua inconfondibile pronuncia, «Vulcanelli, papaveri qua e là, / doni per devastate dimenticate colline— / per la nostra dimenticanza, i doni più dolci». Il messaggio che Zanzotto ci trasmette con questa raccolta, pubblicata nel 2012 negli Stati Uniti, ci appare oggi di una sorprendente attualità, per il coraggio e l’estro, per la capacità di andare al cuore delle cose con lo strumento vivo di una parola che si fa immagine e pensiero nella fulminea concisione della più alta poesia.
(Maurizio Cucchi) Continua a leggere

Luciana Moretto

schermata-2016-12-17-alle-11-20-02Ho scelto “Tutto ciò che resta” di Luciana Moretto dalla raccolta “La memoria non ha palpebre” . Questa poesia è del 2012 e non è tratta dall’ultimo libro di versi di Luciana, ma mi è sembrata più di altre significativa per riassumere la voce di questa poetessa che ha all’attivo diversi libri di poesie. Una sola poesia, dunque, perché qui Luciana mette particolarmente in evidenza un dono: la tenerezza nel dirsi addio, la gioia di un’esperienza umana irripetibile anche nella separazione.

(di Luigia Sorrentino)

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Beatrice Pediconi, 9’/ Unlimited

Arte e Poesia

9’/ Unlimited, la nuova opera realizzata da Beatrice Pediconi per la Collezione Maramotti, costituisce un ulteriore sviluppo nella sua ricerca, in cui l’artista si misura non soltanto con l’impiego della fotografia (polaroid e scatti di grande formato) ma realizza un vero e proprio ambiente in cui il visitatore entra e viene avvolto da un firmamento di pigmenti in movimento, uno spazio visivo che come in una navicella spaziale lo conduce in altri territori possibili. Continua a leggere

“Tibet degli ultimi”, Leda Palma

Nello scaffale, Leda Palma
a cura di Luigia Sorrentino

Leda Palma, friulana, di Pagnacco e romana di adozione, dopo aver a lungo meditano la questione tibetana ha scritto una raccolta di poesie “Tibet degli ultimi” (La Nuova Base Editrice, 2011, euro 12,50) di denuncia della drammatica sitiazione del Tibet. Leda Palma come un’Antigone della contemporaneità riafferma nei suoi versi i diritti umani della persona, di un intero popolo, oppresso nella sua identità, tradizione, lingua, religione.  Con traduzione in inglese a fronte a cura di Brenda Poster, Leda Palma ci offre un libro di haiku.
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Ogni haiku è caratterizzato dalla struttura dei tre versi, rispettivamente di cinque, sette e cinque sillabe. Un insieme di frammenti che per la loro immediatezza costituiscono ancora oggi una forma di poesia “popolare” e trasversale diffusa soprattutto tra le classi sociali che contrastano la più elaborata poesia cinese.   Continua a leggere

Ugo Piscopo, Idilli napoletani

Nello scaffale, Ugo Piscopo
a cura di Luigia Sorrentino

Nel titolo di questo libro di Ugo Piscopo “Idilli napoletani”  (sottotitolo: Il possibile che diventa impossibile) vibra e scorre il palpito di un sorriso ironico. Nel testo la chiave di lettura è infatti l’ironia, il grottesco è la nota fondamentale – verso tutto e tutti, compreso il se stesso – coinvolto dalla città in un gioco di scambi, di straniamenti, di perdite di identità.

Che Napoli abbia perduto la propria identità è infatti oggi, forse il tratto fondamentale della città e certo non è una novità.  Il fenomeno riguarda il ritmo travolgente di cambiamenti del mondo moderno. E’ necessario dunque, “tenersi sotto osservazione” e capire se ciascuno, nel proprio piccolo, possa fare qualcosa di “più umano”. Consapevoli che la vita è un appuntamento con  l’istante, sul filo di una perdita. Questo l’invito, soffuso e malinconico del libro. Continua a leggere