Le risorse del silenzio, nascono a Book City due riviste letterarie

Matteo Bianchi, Foto di Alessandro Canzian

Nasce “Laboratori critici”, una nuova rivista cartacea dedicata ai percorsi letterari più attuali

Sono due le riviste rigorosamente cartacee che inaugurano la loro prima uscita e la loro attività editoriale nell’ambito di BookCity Milano2021.

Se Feltrinelli, sotto la direzione sapiente di Marino Sinibaldi, è appena uscita coraggiosamente con un nuovo trimestrale, “Sotto il Vulcano”, di cui prevede la pubblicazione di dieci numeri monografici, anche Samuele Editore di Pordenone ha deciso di affidarsi alla fisicità dell’oggetto libro, alla sua presenza e al gesto che comporta sceglierne uno in particolare, impugnarlo in mezzo a tanti altri.

Marino Sinibaldi

Venerdì 19 novembre, alle 12.30, nella Sala Cubetto dell’ADI Design Museum, “Laboratori critici. Rivista semestrale di poesia e percorsi letterari” sarà presentata al festival milanese tra l’editore Alessandro Canzian e Matteo Bianchi, che l’ha ideata e la dirige. Continua a leggere

Rebora, sulle orme di Dante

Clemente Rebora e Dante

Roberto Cicala con questo libro ci presenta una serie di sorprendenti inediti danteschi di Clemente Rebora, grande studioso del Sommo Poeta.

Nel volume Cicala come un archeologo, riprende e riporta in luce tutta una serie di appunti, riflessioni e postille di Rebora alla Commedia (segnate in matita rossa per indicare la grazia e blu per evidenziate il peccato) e un intero ciclo di lezioni tenute da Rebora a Milano nel 1929, l’anno della sua conversione.

Un libro unico che ci fa comprendere quanto Dante abbia influenzato Rebora e con lui, intere generazioni di poeti, fino a oggi, e, a quanto pare, l’anniversario dantesco non ha mai prima d’oggi messo in luce le lezioni inedite di Rebora, uno dei maggiori poeti del Novecento, “maestro in ombra” di poeti quali Eugenio Montale e Pier Paolo Pasolini.

Gli inediti sono notevoli, per esempio sul passaggio – per Rebora autobiografico – dal «folle volo» di Ulisse all’«alto volo» della malattia mistica che l’ha portato alla morte a Stresa, il 1° novembre del 1957.

E proprio il primo novembre di quest’anno alle 16:00, nell’anniversario della morte di Rebora a Stresa, sulla sua tomba ci sarà un reading musicale per onorare la sua memoria, a  partire dal libro di Roberto Cicala Da eterna poesia (il Mulino, 2021) con musica di Roberto Bassa letture di Roberto Sbaratto introduzione di padre Ludovico Gadaleta Interviene l’autore

Il volume esce in libreria a fine ottobre 2021.

(Luigia Sorrentino)

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ROBERTO CICALA
Da eterna poesia
Un poeta sulle orme di Dante: Clemente Rebora (Il Mulino, 2021)
Presentazione di Alberto Casadei

 

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A Milano, alla Casa della Cultura i poeti della collana Stampa2009

C O M U N I C A T O   S T A M P A

I POETI DE LA COLLANA

Presentazione dei libri di Stampa2009 di

Maria Borio, Alessandro Canzian, Sebastiano Mondadori, Giancarlo Pontiggia

Introduce Maurizio Cucchi

Martedì 26 ottobre, alle ore 21.00, presso la Casa della Cultura di Milano (via Borgogna 3) Maurizio Cucchi presenta quattro libri dell’Editore Stampa2009. Editore che negli anni si è fatto conoscere ed apprezzare per la scelta e la qualità delle edizioni, tutte a cura di Maurizio Cucchi, dal 1999 ad oggi ha pubblicato autori come Giancarlo MajorinoMario BenedettiMario SantagostiniBiancamaria FrabottaMary Barbara TolussoRoberto MussapiMaurizio BrusaSilvio RamatLuigia SorrentinoAlberto BertoniFabrizio Bernini.

Il 26 ottobre dialogheranno con il curatore e leggeranno brani tratti dalla loro opere i poeti Maria BorioAlessandro CanzianSebastiano MondadoriGiancarlo Pontiggia. Autori rispettivamente de “Dal deserto rosso”, “Il Condominio S.I.M.”, “I decaloghi spezzati”, “Voci, fiamme, salti nel buio”.

Dice Maurizio Cucchi dell’evento: “Il 26 ottobre, alla Casa della Cultura di Milano, è in programma la presentazione, alla presenza di quattro autori e del curatore delle edizioni, dei libri di poesia di Stampa2009. Si tratta dei volumi della “Collana”, inaugurata nel 1999 da Giancarlo Majorino, e delle plaquettes “Quaderni della Collana”. Promotore dell’iniziativa, con l’attuale editore Marco Borroni, era stato il poeta Mauro Maconi, scomparso prematuramente vent’anni fa. A lui è stato dedicato un premio letterario e Stampa2009 ha pubblicato quest’anno un libro fuori commercio per ricordarlo, con testi di vincitori del premio e testimonianze di poeti che ebbero modo di incontrarlo e apprezzarlo”. Continua a leggere

La poetica di Roberto Almagno

Levità impercettibile e sublime
di Marco Amore

Con una selezione di disegni inediti

La poetica di Roberto Almagno (Aquino, 1954) è caratterizzata da un’apparente semplicità formale che si esprime attraverso l’impiego di materie prime povere come il legno reperito durante lunghe passeggiate nei boschi (in cui sovente gli capita anche di trascorrere la notte all’addiaccio), il carbone vegetale e la cenere, o addirittura gesso e polvere di fuliggine, questi ultimi adoperati per la produzione su carta.

Roberto Almagno – Copyright © Poesia, di Luigia Sorrentino (rainews.it ) – Tutti i diritti riservati.

Le sculture, facilmente riconoscibili per l’eccezionale fluidità con cui si elevano nel vuoto, a volte ricordano caratteri pittografici orientali (mi riferisco a Sineda, 2016; Talari, 2016; Tremula, 2004, ecc.), altre rievocano ghirigori tracciati nell’aria (Nodale, 1999; Col guinzaglio tra le dita, 2015, ecc.), altre ancora apparizioni sarmentose (Vertigine, 1996; Scadaglio, 1996; Varco, 2000; ecc.) ed elementi in equilibrio tra loro (Alata, 2000; Ulimosa, 2003; Elata, 2003; Pura 2001; ecc.). Si tratta di una similarità epidermica, che scompare quando si guarda con sufficiente attenzione ai dettagli. Accade infatti che, come pittogrammi, queste rappresentino astrazioni fedeli di fenomeni naturali quali il vento, il fuoco, l’abscissione delle foglie in autunno; le primitive geometriche di quel dinamismo invisibile che guida il radicarsi di una pianta – tigmotropismo. Un ispirarsi più volte dichiarato dallo stesso Almagno, abituato alla contemplazione estatica propria della meditazione taoista:

«Rami spinti dal vento;
ma il pensiero è fragile, ingenuo.
Così infine quei segni, che mi sono
sembrati tanto forti, svaniscono:
come fossero solo anime mute.»

Roberto Almagno – Copyright © Poesia, di Luigia Sorrentino (rainews.it ) – Tutti i diritti riservati.

Evidente il legame con la poesia, che per Almagno sta nel modo di osservare le cose, nella capacità o meno di vibrare a una frequenza che appartiene alla sfera spirituale, più che all’individualità della persona, e che solo chi è veramente sensibile riesce a captare e interpretare attraverso l’empatia affettiva. Nel guardare i suoi «segni erranti, senza meta» non può sfuggire quel desiderio di ascesi, talmente assoluto da essere una costante nell’opera dell’artista romano: elevazione e rarefazione lirica, evidente nell’affusolarsi delle forme durante il passare degli anni, dalla mostra che segna il suo approdo a una scultura non più giovanile e figurativa, vissuta ancora come un’eco degli insegnamenti di grandi maestri come Giuseppe Mazzullo, incontrato all’Istituto Statala d’Arte di Roma, e Pericle Fazzini, suo insegnate all’Accademia di Belle Arti, fino al vernissage della sua personale tenuta presso la galleria L’Isola nel 1992, dove appare per la prima volta l’archetipo dell’odierna scultura più lieve, minimale quasi all’inverosimile. È come se il superfluo fosse sempre in agguato, impedendo alle mistiche elevazioni scultoree di prendere il volo verso l’ignoto. Continua a leggere

Arte contemporanea e spiritualità, Benedetta Tagliabue e Enzo Cucchi

A  N  T  E  P  R  I  M  A

L’EDIFICAZIONE DELLA CHIESA DI SAN GIACOMO IN FERRARA 

Sono durati dieci anni i lavori per l’edificazione del complesso monumentale di San Giacomo Apostolo in Ferrara. Ci troviamo di fronte a un lavoro straordinario: un’opera di architettura e di arte contemporanea, frutto dell’incontro fra un grande architetto, Benedetta Tagliabue  e un artista internazionale, Enzo Cucchi.

Un umile capanna di pescatori fatta di canne e cemento grezzo. Così appare a prima vista la Chiesa di San Giacomo che verrà inaugurata a Ferrara il 16 ottobre 2021. Uno spazio circolare, avvolgente e solenne che ci riporta a un origine, a una forma archetipica e spirituale. Questa opera d’arte nata dalla sinergia dell’architettura di Benedetta Tagliabue con l’arte figurativa di Enzo Cucchi, plasma le superfici ruvide delle pareti del tempio con croci e ceramiche che evocano un’idea di creazione, di rinnovamento dell’essere umano che parte dallo spirito.

In Anteprima vi mostriamo le immagini della riflessione architettonica di Benedetta Tagliabue e alcune opere di Enzo Cucchi in essa contenute.

Prendendo le mosse dall’osservazione delle opere di Cucchi che si fondono nelle strutture architettoniche di Benedetta Tagliabue, don Roberto Tagliaferri, liturgista della chiesa, consegna a questo blog, un’intensa riflessione sul legame tra arte contemporanea e spiritualità.

La Dedicazione della chiesa da parte dell’Arcivescovo Monsignor Gian Carlo Perego, avrà luogo il prossimo 16 ottobre alle ore 15.00. Da quel momento la chiesa sarà aperta al culto e liberamente alle visite. La diretta streaming dell’evento verrà trasmessa sul sito dell’arcidiocesi di Ferrara.

(Fabrizio FantoniLuigia Sorrentino)

LA CHIESA DI SAN GIACOMO A FERRARA

DI ROBERTO TAGLIAFERRI

 

L’inaugurazione della nuova chiesa di S. Giacomo a Ferrara offre l’occasione per fare il punto sul rapporto tra religione e linguaggi estetici, nella fattispecie con il progetto di Benedetta Tagliabue e di Enzo Cucchi.

Da quando le neuroscienze hanno corroborato la riflessione fenomenologica sul valore della percezione nella conoscenza a scapito dello “errore di Cartesio”, tutto concentrato sulla ragione concettuale, si è registrato un grande interesse sull’estetica, sull’epistemologia delle emozioni, che ha coinvolto anche la teologia e la pastorale della Chiesa. Specialmente nelle discipline come la scienza liturgica, si è affermato un approccio pragmatico, meno interessato alla semantica dei testi e delle dottrine e più attento alla performance rituale dei sacramenti della fede. L’efficacia performativa dei riti riguarda sia Dio sia l’uomo, cosicché risulta sorpassata una visione quasi miracolistica e si fa strada un’interpretazione attenta ai molteplici codici simbolici del rito. Tra questi vi sono l’architettura dello spazio sacro e il programma iconografico che l’accompagna. Essi non sono linguaggi indipendenti, ma devono risultare sinergici con la multiformità dell’azione liturgica e questo comporta un’enorme attenzione alla complessità sinestesica. Come nel teatro, a maggior ragione in un rito, spazi, tempi, attori, musiche, canti, danze, profumi, travestimenti, immagini, parole proclamate, assemblea, devono trovare sintesi in una regia con competenze plurime per ottenere il massimo di performatività.

La chiesa di S. Giacomo ha comportato questo sforzo empatico di tante competenze per rendere efficace il progetto architettonico. Mi limiterò ad offrire alcuni spunti su spazio architettonico e programma iconografico, perché solo la celebrazione liturgica in atto potrà verificare la bontà degli intendimenti dei progettisti.

L’idea dell’architetto Benedetta Tagliabue era di creare un luogo di sogno, come una mongolfiera che dal cielo plana sulla terra. Subito si è sentita l’esigenza di trovare gli elementi simbolici per una chiesa. Innanzitutto un vettore longitudinale ed iniziatico dal punto zero della soglia d’ingresso doveva produrre un cambiamento nei fedeli in un cammino verso l’eschaton, ovvero verso il futuro, il definitivo nello sfondamento spaziale dell’abside, segnata da una grande croce gemmata, simbolo di morte e risurrezione. Il percorso, guidato da una grande croce lignea sospesa al soffitto, dall’ingresso accompagna i fedeli fino al presbiterio e all’abside. Nell’intersezione dei due bracci un vettore verticale virtuale congiunge l’altare con lo sfondamento del tetto con la cupola come un “axis mundi”, che congiunge cielo e terra.

Su questi spunti architettonici sono intervenuti il teologo e l’artista, che hanno assecondato l’idea iniziale immettendo sulle pareti di cemento armato, lasciato crudo, grandi croci di pietra su cui si appoggiano ceramiche nere come fazzoletti con scene della storia della salvezza. Le grandi croci segnalano e ritmano il pellegrinaggio del cristiano, ricordando che “solo passando attraverso la passione si giunge alla gloria della risurrezione”. I riquadri, opera di E. Cucchi, da un lato rievocano gli eventi dell’Antico e del Nuovo Testamento secondo il metodo tipologico antico di promessa e adempimento. Sulla destra, entrando, sono evocati gli articoli della fede d’ Israele: creazione, patriarchi, esodo dall’Egitto, pellegrinaggio nel deserto, dono della Legge, dono della terra, promessa di un Messia. Sul lato sinistro il compimento della promessa con il mistero dell’Incarnazione del Messia e con le leggi per il cristiano in cammino nel tempo: “Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli” e “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, non produce frutto”. Sull’ultima parte attigua al presbiterio il passaggio dalla missione di Gesù alla missione della Chiesa, con il simbolo antico della nave-Chiesa sballottata dai flutti e tenuta a galla dall’albero della croce. Da ultimo, va segnalato all’ingresso lo spazio battesimale con l’invito iniziatico a passare per la porta stretta e con scene battesimali dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Se dal punto di vista contenutistico non vi sono novità nell’ideazione della chiesa di S. Giacomo, invece dal punto di vista iconografico le innovazioni sono profonde, perché non hanno riscontro nella storia dell’arte ecclesiale. I soggetti di Cucchi, infatti, si staccano dai modelli tradizionali e tendono non a descrivere, a rappresentare, ma ad alludere, attraverso indizi che costringono a pensare. Lo spettatore poco rassicurato nelle sue credenze sapute, è costretto a riflettere e ad attivare l’immaginazione simbolica.

 

L’organicità di arte e architettura si avverte nel dialogo tra cemento armato delle pareti con il marmo delle grandi croci e dell’altare, un grande masso cubico estratto da una cava in Puglia. Il tutto ha l’aspetto del non finito, ma è un effetto voluto per percepire nella potenza della materia l’afflato dello Spirito. L’inevitabile fastidio dei fedeli è un rischio calcolato dall’arte contemporanea, che intende produrre uno shock nello spettatore per creare emozioni ed esperienze profonde, non solo rappresentazioni legate alle credenze ricevute per “epidemiologia” sull’autorità di chi ce le ha trasmesse. Luogo architettonico e icone, insomma, intendono attivare insieme un’esperienza religiosa genetica e innovativa.

Su questo fronte si apre un capitolo inedito del rapporto tra religione e linguaggi estetici. È risaputo che da molto tempo si è rotto il patto che legava arte e fede per tanti motivi che non si possono qui rievocare. Tuttavia la nuova sensibilità epistemologica sulla fondamentale dimensione estetica della conoscenza, corroborata dalla fine delle credenze per contagio di idee, hanno riavvicinato Chiesa e arte. L’arte stessa, infatti, lamenta un impoverimento della sua ispirazione, lasciata troppo spesso in balia delle trovate estemporanee e accetta volentieri le nuove sfide della committenza ecclesiastica. D. Freedberg sostiene con vigore la fine della potenza dell’arte, che nel mondo antico creava presenze soprannaturali e che oggi è solo comunicativa e frivola. L’antropologo Carlo Severi descrive la “mnemotecnica” della “Bibbia dakota”, che con i suoi pittogrammi mette relazione percezione e memoria per tramandare il modello culturale.

La chiesa di San Giacomo a Ferrara è un esempio da tenere in considerazione per le ragioni più profonde attivate nella progettazione, che ha inteso riattivare il “genius loci” dove non ci sono solo uomini, ma si respira la presenza del Sacro nello stormire delle fronde dei grandi alberi che circondano la chiesa all’Arginone di Ferrara.

Salsomaggiore Terme, 11 ottobre 2021

LE OPERE DI ENZO CUCCHI

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