Milo De Angelis e Viviana Nicodemo

Milo De Angelis e Viviana Nicodemo saranno a Roma alla Casa delle Letterature (Piazza dell’Orologio, 3), martedì 6 giugno 2017 alle 18:00 per la presentazione del libro  LA PAROLA DATA, a cura di Luigi Tassoni (Mimesis, Edizioni, 2017).

Il volume raccoglie le principali interviste degli ultimi anni fatte al poeta Milo De Angelis (dal 2008 al 2016) e realizzate nei modi più disparati: dal vivo, via mail, per telefono, per posta. Il libro contiene un DVD, un film-documento di Viviana Nicodemo  SULLA PUNTA DI UNA MATITA  che attraversa, in modo mirabile, i temi che hanno ossessionato l’opera poetica di De Angelis: la giovinezza, la città, la morte, la gioia, il gesto atletico. Il documento della Nicodemo  pone in essere una narrazione densa e precaria come se tracciasse “sulla punta di una matita” con un tratto quasi geometrico, la vita del poeta, con abbozzi, appunti sparsi, ricordi, ma anche attraverso versi cruciali di uno dei più significativi poeti del nostro tempo.

Parleranno del libro e del film-documentario, Franco Buffoni, Fabrizio Fantoni e Luigi Tassoni. A seguire, proiezione del film realizzato da Viviana Nicodemo.

 

Sulla punta di una matita – Conversazioni con Milo De Angelis
Regia e soggetto: Viviana Nicodemo
Montaggio: Fabio Cinicola
Musiche originali: Stefano Nanni
Viola: Danilo Rossi
Pianoforte: Stefano Nanni
Operatori: Roberto Barbierato, Fabio Cinicola, Viviana Nicodemo
Colorist: Riccardo Casiccia
Interventi di: Milo De Angelis
Con: Bianca Brecce, Chiara Catellani, Lucia Landonio, Selvaggia Tegon Giacoppo
Italia, 2017
Durata: 52′ Continua a leggere

Nanni Cagnone, il poeta della meditazione e del silenzio

Nanni Cagnone, fonte Wikipedia

Il libro più recente che ho fra le mani di Nanni Cagnone s’intitola Tacere fra gli alberi (Coupe d’idée, Edizioni d’arte di Enrica D’Orna, 2014). E’ certamente uno degli ultimi testi pubblicati da questo eccellente e appartato poeta nato in Liguria nel 1939 che ha alle spalle una copiosa bibliografia con più di una trentina d’opere di poesia uscite in Italia e all’estero.

Su “Tacere fra gli alberi
di Antonio Devicienti

Tacere fra gli alberi di Nanni Cagnone (Coup d’Idée, Torino 2014) sembra possedere una struttura che, aperta dal titolo, viene chiusa con un icastico verso che è identico al titolo stesso, riaffermandolo: Sí, tacere fra gli alberi (p. 61); questo fatto esplicita l’idea che Cagnone ha della poesia, la quale può manifestarsi proprio in dialogo con il silenzio o, meglio, con lo scegliere il silenzio quale argine fecondo per la parola poetica, quale suo inveramento e punto d’arrivo, ma non annullamento, come si potrebbe semplicisticamente ritenere, né come ingenuo e sterile guardare alla cosiddetta ineffabilità che genererebbe il silenzio: il silenzio esiste invece come necessario polo del dire e viene espresso con un verbo (tacere) che implica un’azione e una scelta. Proprio “Il silenzio, soggetto del dire” di Discorde (La Finestra Editrice, Lavis 2015, p. 25) viene definito “un dono” a pagina 39 dello stesso volume. O si potrebbe anche affermare che la lettura, inaugurata dal titolo, porta, col suo procedere, a quell’accettazione finale, adulta e consapevole, del tacere fra gli alberi, ma promettendo, comunque, una nuova tappa futura del discorso poetico. “Guardo la foresta miniaturizzata d’un capitello corinzio, che non cresce né diminuisce. Continua a leggere

Il “realismo arricchito” nella ricerca letteraria di Giovanni Agnoloni

Giovanni Agnoloni, scrittore

Giovanni Agnoloni (Firenze, 1976) è scrittore, traduttore e blogger. È autore dei romanzi Sentieri di notte (Galaad Edizioni, 2012; pubblicato anche in spagnolo come Senderos de noche, El Barco Ebrio 2014, e in polacco come Ścieżki nocy, Serenissima 2016), Partita di anime (Galaad, 2014) e La casa degli anonimi (Galaad, 2014) e L’ultimo angolo di mondo finito (Galaad, 2017), che fanno parte della serie distopico-letteraria “della fine di internet”. Continua a leggere

“Ad Patrem”, carme elegiaco di Gianluca Fùrnari

Il carme che qui ci presenta Gianluca FùrnariAd Patrem” è scritto secondo la tradizione elegiaca: si alternano esametri e pentametri seguendo una tradizione inaugurata in Grecia nel VII secolo a. C., una tradizione che raggiunge la vetta nel I secolo d.C. con poeti come Catullo, Tibullo, Properzio e Ovidio.  In particolare, il rappresentante al quale Gianluca  si ispira per scrivere il suo carme, è Mimnermo di Colofone, un poeta elegiaco greco antico vissuto, molto probabilmente, tra il VII e il VI sec. a. C. ed è  impostato come dialogo con il padre morto. La lingua che sceglie Fùrnari è però il latino da lui stesso definito “una lingua metastorica che, fino al secolo scorso, si è rivolta a tutte le generazioni con un linguaggio che non ha mai perso la sua lucidità”.
Me ne sono andato quando ho scoperto / che soffrivi di atropia, si legge in esergo al testo, e qui la parola atropia assume il significato della malattia della morte, della tenebra, in una caratterizzazione genetica, programmata. Poi nella sua nota Gianluca ci riferisce di un sogno, come a voler spiegare, a chi legge, che scrivendo in latino egli abbia cercato di entrare nella “metastoria”, mettendo in comunicazione la sua generazione con quelle che lo hanno preceduto attraverso un codice, una lingua, appunto, atropica:  una lingua che da un lato recide la vita e dall’altro ce la restituisce in un’elegia, un carme,  trasportato dalle ali di una farfalla notturna, come l’ Acherontia atropos che ha sul dorso il disegno di un teschio, ed emette, ogni tanto, uno stridìo, un verso, simile a un lamento.

(di Luigia Sorrentino)

 

Nota di Gianluca Furnari

Nei sogni dolorosi mi scoprivo spesso afono: non solo ero circondato da sagome monodimensionali, appena uscite dalle mani della mia coscienza, ma mi si toglieva persino il diritto di entrarvi in comunicazione. Sperimentavo una solitudine concentrica, e il tentativo di alzare la voce non faceva che esacerbarla. Continua a leggere

Golan Haji & Joumana Haddad

Quando l’esilio diviene un canto
di Bianca Sorrentino

Se la Poesia interviene laddove la realtà fallisce, la Musica dà voce all’inespresso dell’anima: le due arti, riunite sotto una felice congiuntura, hanno il potere di richiamarci esortandoci a essere cittadini del nostro tempo, contemporanei a noi stessi. Proprio dall’urgenza di veicolare un messaggio di attenzione, di tensione verso ciò che accade in luoghi apparentemente lontani nasce “Canti d’Esilio”, il concerto che avrà luogo lunedì 15 maggio alle 21 al Teatro Vascello di Roma. La pregnanza del progetto consiste nella sua stringente attualità, nella scelta ardimentosa e insieme necessaria di musicare i potenti versi di Golan Haji e Joumana Haddad – patologo e traduttore curdo siriano, il primo, giornalista libanese, la seconda -, che attraverso la letteratura conducono la loro personale battaglia in nome di chi vive “con la terra strappata dal petto”. Continua a leggere