Alice Oswald, “Memorial”

Alice Oswald

MEMORIAL

Primo a morire fu PROTESILAO
 Uomo risoluto che presto s'avventò nel buio
 Con lui su quaranta navi nere salparono in molti
 Lasciandosi alle spalle quelle scogliere infiorate
 Dove un letto d'erba ricopre ogni cosa
 Piraso Itone Pteleo Antrone
 Morì nel balzo di chi cerca per prima l'approdo
 Lasciò la casa costruita a metà
 La moglie corse fuori artigliandosi il viso
 Podarce l'assai meno valente fratello
 Prese il comando ma era tanto tempo fa
 Giace nella terra negra già da migliaia di anni

Come per stormire di vento
 Iniziano a rumoreggiare le onde
 Una lunga nota via via più forte
 L'acqua esala un sospiro profondo
 Come sobbalzo di terra
 Quando zefiro un campo traversa
 Voluttuoso e curioso
 senza nulla trovare
 Verdi scuoton le teste gli stocchi di mais

Come per stormire di vento
 Iniziano a rumoreggiare le onde
 Una lunga nota via via più forte
 L'acqua esala un sospiro profondo
 Come sobbalzo di terra
 Quando zefiro un campo traversa
 Voluttuoso e curioso
 Senza nulla trovare
 Verdi scuoton le teste gli stocchi di mais




MEMORIAL

The first to die was PROTESILAUS
 A focused man who hurried to darkness
 With forty black ships leaving the land behind
 Men sailed with him from those flower-lit cliffs
 Where the grass gives growth to everything
 Pyrasus  Iton  Pteleus  Antron
 He died in mid-air jumping to be first ashore
 There was his house half-built
 His wife rushed out clawing her face
 Podarcus his altogether less impressive brother
 Took over command but that was long ago
 He’s been in the black earth now for thousands of years

Like a wind-murmur
 Begins a rumour of waves
 One long note getting louder
 The water breathes a deep sigh
 Like a land-ripple
 When the west wind runs through a field
 Wishing and searching
 Nothing to be found
 The corn-stalks shake their green heads

Like a wind-murmur
 Begins a rumour of waves
 One long note getting louder
 The water breathes a deep sigh
 Like a land-ripple
 When the west wind runs through a field
 Wishing and searching
 Nothing to be found
 The corn-stalks shake their green heads

From Memorial by Alice Oswald, London, Faber & Faber, 2011

Memorial è parola antica che, come molte, è penetrata nella cultura anglosassone arricchendola. E’ il gesto del ricordare, ma anche del far propria una persona, una storia, una tradizione. Con Memorial, suo conclamato capolavoro di poesia, Alice Oswald si piega su Omero, si appropria di Odisseo e dei guerrieri omerici, la cui “verità” è tale da proiettarsi come voce nella nostra realtà. Attraverso Omero, nei versi della poetessa affiorano anche le vite dei non-eroi e degli dèi cantati nel Libro della grecità. Continua a leggere

Shukria Rezaei ai Taleban, “Non sono stata al vostro inferno”

Shukria Rezaei

NOTA DI LUIGIA SORRENTINO

Oggi vi proponiamo le poesie di Shukria Rezaei, una giovane poeta nata in Afghanistan, di famiglia Hazara, l’etnia più perseguitata dai Taleban in Afghanistan. La sua famiglia emigrò nel Regno Unito quando Shukria aveva 12 anni. Fra le poesie di Shukria qui pubblicate, due, ‘Homesick’ e ‘My Hazara People’, sono incluse nel volume England, Poems from a School; la terza, ‘To the Taliban’, è inclusa nel libro di Kate Clanchy, Some Kids I Taught and What They Taught Me, Picador 2019 e in Italia nella raccolta La testa di Shakila, poesie e prose scelte di Kate Clanchy, cura e traduzione di Giorgia Sensi, Edizioni LietoColle-Gialla oro, 2019.

 

To the Taliban

I haven’t been to your hell
for terrorising, theft, or treachery,
for stealing young boys and girls.
But I have heard your thundery shootings,
the yells of children,
the cries of hearts.

I haven’t touched your grenades or your bullets;
nor worn your chain of bullets around my neck
and claimed jihad;
but I have touched broken lives,
shattered glass,
and walked on an injured land,
where blood oozes and boils
until the steam reaches your nostrils.

I haven’t read the Quran you have read
where to kill is fine
where rape is acceptable.
But I have read the Quran of Prophet Mohammad (PBUH)
where killing one person is killing all of humanity.

I haven’t felt the texture of your hairy face,
your stained clothes
stained with bloodshed
stained with sins,
heavy with all
that is pulling you down.

I have felt the texture
of the man’s white face that you killed.
It was like the touch of a cloud.
My eyes glitter with the shine of the martyrs.

Shakila *

* Nel gruppo di poesia di Kate Clanchy alla Oxford Spires Academy, Shakila è il nome di Shukria Rezaei

 

Ai Talebani

Non sono stata al vostro inferno
per terrorismo, furto, tradimento,
rapimento di ragazzi e ragazze.
Ma ho sentito il rombo dei vostri spari,
gli urli dei bambini,
le grida dei cuori.

Non ho toccato le vostre granate e i vostri proiettili;
non ho portato al collo la catena delle vostre pallottole
e dichiarato la jihad;
ma ho toccato vite spezzate,
frantumi di vetro,
e camminato su una terra ferita,
dove il sangue tracima e ribolle
finché il vapore ti sale alle narici.

Non ho letto il Corano che avete letto voi
dove uccidere è giusto,
dove stuprare è accettabile,
ma ho letto il Corano del profeta Maometto (PBUH)
dove uccidere una persona è uccidere tutta l’umanità.

Non ho tastato la vostra faccia irsuta,
i vostri abiti macchiati
macchiati di sangue
macchiati di peccati,
appesantiti da tutto ciò
che vi trascina in basso.

Ho tastato
il viso bianco dell’uomo che avete ucciso.
Era come toccare una nuvola.
I miei occhi brillano della luce dei martiri. Continua a leggere

Seamus Heaney, “Una porta sul buio”

Vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1995, Seamus Heaney è uno dei più grandi protagonisti del rinascimento culturale irlandese. La sua lirica, come suggerisce Roberto Mussapi, è fortemente legata alla realtà e ai miti della sua terra, ma non assume mai connotazioni particolaristiche o nazionalistiche, si traduce al contrario in una partecipe esplorazione della natura, un viaggio capillare nel paesaggio, nei segreti delle sue acque e delle sue torbiere, nella vita germinale della campagna. La sua poesia è un incessante lavoro di scavo, la sua penna è, come lui stesso ha scritto, una vanga affondata nella terra alla ricerca delle nostre origini e dei misteri primordiali dell’essere, ma sempre entro i confini dell’esperienza quotidiana e concreta. Continua a leggere

Nicola Gardini, “Lacuna”

 

lacuna_fbLacuna” di Nicola Gardini (Einaudi, 2014) è un saggio sul non detto,  un aspetto fin qui, poco esplorato della cultura letteraria mondiale. 

Ma perché “Lacuna”?

Per Gardini una buona narrazione tralascia sempre qualcosa, ed è proprio “la parte che sembra mancare”, perché si inabissa nel non detto – il lettore deve cercarla –  il “quid”, che dà identità e definizione a  ogni grande opera letteraria.

Nella sezione che ha per titolo “La realtà”, leggiamo qualcosa di molto importante: “Il realismo non consiste in un semplice rispecchiamento tra letteratura e vita. In un romanzo, come avverte Vladimir Nabokov, non c’è altra realtà che la mente dello scrittore. Quale vita sarebbe poi rispecchiata in quelle pagine che leggiamo con gli occhi? Quella del tempo in cui vive lo scrittore? Lo stesso Dostoevskij, con tutta la sua pretesa di ancorarsi alla contemporaneità, (la “realtà attuale”, la “realtà concreta”), negava che il realismo fosse solo una questione di fatti: la realtà sta nel significato che sta dietro ai fatti; e il compito principale dello scrittore consiste nella comprensione più che nella semplice rappresentazione.” […] Continua a leggere

Sulla poesia di Michael Schmidt

 

michael-schmidt

Dio e il giardino come fatti incarnati

di Chiara De Luca

“Chi gettò la radice d’ogni cosa tanto a fondo / che nulla vola via di quel che nominiamo? / Perché possiamo ridere e poi subito piangere / e dare un nome al ridere e alle lacrime? / Qual è la malattia che ci oscura gli occhi? / – Siamo umani perché siamo soli: // tocchiamo e parliamo, ma il silenzio segue / le parole come un’ombra, la mano si ritrae.” Continua a leggere