Parliamo di… “Vanità della mente”

 “Vanità della mente” di Gian Mario Villalta, Mondadori 2011

a cura di Luigia Sorrentino

Scelgo le prime sei poesie tratte da Vanità della mente appena uscito con Mondadori nella collana dello Specchio (ero 14,00) per introdurre, per la prima volta in questo blog, Parliamo di Vanità della mente” di Gian Mario Villalta.

Il libro si presenta suddiviso in quindici sezioni, L’invaso, (qui sotto interamente riportata), Notte di San Nicolò, Kindergarten, Nel buio degli alberi, In pensiero di casa, Revoltà, Atto unico, Ritorni istriani, Regione, Il rumore che non senti ancora, Festeggiamenti per il nuovo anno, Cronaca famosa, Mia colpa, Trailer, Migrazioni.

Mi piacerebbe leggerlo insieme a voi, lettori del blog, per conoscere le vostre impressioni su queste poesie che si presentano con una scrittura forte e composta, con scene di profonda realtà. Qui persino il buio rivela qualcosa, annuncia il segreto della poesia, nella notte di San Nicolò, che nel periodo più buio dell’anno, porta dono ai bambini. Continua a leggere

Opere Inedite, Annamaria Ferramosca

Annamaria Ferramosca: “Ho sempre sentito, nei miei tentativi di scrittura poetica, di star cantando una voglia forte di prossimità. Nel senso largo dello stare accanto, della spinta incandescente a voler accogliere e restituire ogni voce, dunque, dello scrivere per avvicinarsi e poi far avvicinare, come in una catena calda e gioiosa e fertile di altri incontri. Assomigliare a chi mi si accosta, in un cerchio di reciproco ascolto-condivisione, cercando di innescare poi l’osmosi tra ciò che cola sulla carta e ciò che il lettore cattura e diventa tessera di un suo percorso, sua anima. Sento che sia a me che scrivo sia a chi legge/ascolta può accadere così di allontanarsi un po’ dal proprio buio e di nuovo avvertire desiderio. Quello, transitivo, di sentirsi vivi, vitali, rivolgendosi all’altro che è accanto. Una prossimità che mi auguro possa divenire contagio.”
                               di Annamaria Ferramosca Continua a leggere

Addio a Luigi Di Ruscio, il poeta della condizione operaia

E’ morto stanotte a Oslo il poeta Luigi Di Ruscio, aveva 81 anni. Molto amato da Franco Fortini, Paolo Volponi e Salvatore Quasimodo, che lo definì “uomo d’avanguardia nel senso positivo, cioè della fede nell’attualità e per la violenza del discorso”. Era nato a Fermo nel 1930 ma era emigrato in Norvegia nel 1957. Il suo ultimo libro uscito in Italia La neve nera di Oslo, è stato pubblicato nel 2010 da Ediesse. Di Ruscio, che per quarant’anni ha lavorato a Oslo in una fabbrica metallurgica, ha pubblicato la sua prima raccolta di versi, Non possiamo abituarci a morire, con prefazione di Franco Fortini, nei primi anni Cinquanta. E sarà Salvatore Quasimodo a presentare, nel 1966, la sua seconda raccolta, Le streghe s’arrotano le dentiere. In quegli anni le sue poesie entrano anche nelle più importanti antologie tra cui proprio Poesia italiana del dopoguerra di Quasimodo. Tra i suoi libri di poesia anche: Istruzioni per l’uso della repressione con presentazione di Giancarlo Majorino, uscita nel 1980 per Savelli, ‘Firmum’ (peQuod 1999), L’ultima raccolta, con prefazione di Francesco Leonetti (Manni 2002) e le Poesie Operaie, con prefazione di Massimo Raffaeli, pubblicate nel 2007 da Ediesse 2007. E’ autore anche di testi di narrativa, fra cui: Palmiro (Baldini&Castoldi, 1996), L’Allucinazione (Cattedrale, 2008) e Cristi polverizzati con la prefazione di Andrea Cortellessa (Le Lettere 2009).

Raffaelli parla di Di Ruscio come di “una splendida eccezione, una assoluta singolarità, nel panorama della poesia italiana del secondo Novecento. Non un poeta-operaio come pure e sbrigativamente si è detto tante volte, quasi si trattasse di sommare il sostantivo all’aggettivo, o viceversa, ma un poeta capace di introiettare/metabolizzare/rielaborare la condizione operaia alla stregua della condizione umana tout court”.

la speranza andava mostrata subito
inutile tenerla nascosta per paura che venisse derubata
sostenerla con versi blasfemi o sferici
e alla fine delle composizioni
come sbattendo il coperchio
di una cassa da morto
per chiudere tutto

 

http://www.nazioneindiana.com/2010/06/09/intervista-a-di-ruscio/

La traduzione di poesia, Nicola D’Ugo

Inauguriamo una nuova sezione del blog Poesia“La traduzione di poesia”. 

Iniziamo con Nicola D’Ugo poeta, narratore, saggista, comparatista e traduttore.  Dottore di ricerca in Letterature di lingua inglese alla Sapienza. È stato fondatore e redattore del quadrimestrale di studi culturali Praz! (1993-1997) e redattore del mensile Notizie in… Controluce (1999-2001). Ha scritto numerosi saggi e curato monografie per libri e diverse testate giornalistiche ed accademiche. Ha tradotto per Arnoldo Mondadori Editore, Edizioni Empirìa e Semar Editore. È autore, con Alberto Mesina, dell’unica traduzione integrale del poema Altazor o il viaggio in paracadute di Vicente Huidobro, pubblicato da Semar.

Nicola D’Ugo ci propone due poesie «Il mio cuore» e «Come lei» , di Frank O’Hara e Anne Sexton.

<<Le poesie qui proposte, «Il mio cuore» e «Come lei»sono state scritte da due dei poeti che hanno esercitato una grande influenza sulla poesia americana, Frank O’Hara e Anne Sexton. Entrambi si caratterizzano per l’intimità cui invitano il lettore, e benché quest’approccio sia ritenuto tipico della poesia lirica, esso non lo è affatto. Nei brani che ho desiderato tradurre non è a tema l’universalità dell’uomo, né essi toccano questioni che cerchino di raffigurare l’uomo contemporaneo nella sua interezza. Se in essi ci si riflette, specchiandosi, ci si ritrova nei panni singolarissimi (e non per questo unici) degli autori che li hanno scritti. Un tale approccio lirico non ha neppure di mira farsi testimone di un’epoca, vissuta attraverso gli occhi del poeta. Nella loro diversità, O’Hara e Sexton si rivolgono al lettore parlando di se stessi, di ciò che sentono, nel minuto fugace e talvolta onnicomprensivo della loro carnalità esistenziale.

Continua a leggere

Opere Inedite, Pierluigi Cuomo

Perluigi Cuomo, attore e regista, è anche poeta.
Pubblico volentieri le sue poesie, che ho scoperto di recente.
Per Pierluigi la poesia libera la coscienza “del sapere insieme”, della condivisione della conoscenza che proprio i poeti, più di tutti, avvicinano. Ecco, il tema di oggi potrebbe essere proprio quello della “conoscenza”. Il pensiero va a Dante  al XXVI canto dell’inferno della Divina Commedia: “Fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e canoscenza”… Secondo voi la figura di Ulisse è il simbolo della ricerca del sapere?

“La poesia è libertà la poesia è musica la poesia è spirito la poesia è un faro che illumina gli angoli bui della coscienza. Remota e silenziosa non ha voce per esprimersi, solo un soffio può darle vita. Un sollievo alla mente che si affanna alla periodica ricerca del se’, dei sensi e del senso.”
                      di Pierluigi Cuomo

                                                       ….. Continua a leggere