Osip Mandel’štam, Il poeta parla di sé

In memoria di te: Osip Mandel’štam
a cura di Luigia Sorrentino

La rivoluzione di Ottobre non ha potuto fare a meno di esercitare un’influenza sul mio lavoro, poiché mi ha tolto la «biografia», la sensazione di un significato personale. Le sono grato per aver posto fine una volta  per sempre alla sicurezza spirituale e al vivere di rendita culturale… Mi sento debitore della rivoluzione, ma i doni che le offro non le sono per ora necessari.

La domanda come debba essere uno scrittore mi è del tutto incomprensibile:  per rispondere dovrei inventare uno scrittore, il che significherebbe scrivere le sue opere in vece sua.

Sono inoltre profondamente convinto che, sebbene gli scrittori dipendano dai rapporti di forza sociale e ne siano condizionati, la scienza moderna non possegga alcun mezzo per evocare la comparsa di questo o quell’autore che ritiene auspicabile. Dato lo stato embrionale dell’eugenetica, gli incroci e gli innesti culturali possono dare i risultati più inaspettati. E’ invece possibile una produzione in massa di lettori. Per qusto esiste un mezzo diretto: la scuola.

Osip Mandel’štam
(Pubblicato per la prima volta come risposta ad un’inchiesta svolta dalla rivista “Citatel i pisatel”  [Lettore e scrittore] sul tema,  «lo scrittore sovietico e l’Ottobre», 1928, pubblicato in Sulla poesia Con due scritti di Angelo Maria Ripellino e una nota di Franco Malcovati, Traduzione di Maria Olsoufieva, Tascabili Bompiani, 1981.

da, ‘Alagez’ (oggi Aragac, vulcano spento)

Qual è il tempo in cui vorresti vivere?
Il participio futuro passivo, il «dover essere».
Ci respiro bene. Mi piace. E’ un onore da cavaliere. E’ per questo che amo il glorioso gerundio latino, il verbo a cavallo.
Sì, il genio latino, quando era avido e giovane, creò una forma imperativa di spinta verbale come prototipo di tutta la nostra cultura, che non solo deve essere, ma «deve essere lodata», laudanda est, è una cosa che piace… […]

LA RIVOLUZIONE DI OTTOBRE

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Pascoli, l’ultimo viaggio del poeta

“E’ definitivamente stabilito che il treno speciale a disposizione dell’Illustre Professore giungerà domani alle ore 11,52 e ne ripartirà per Lucca alle 11,57, dove giungerà alle ore 13 precise. Facciamo i voti migliori, perche’ le speranze nostre e di tutto il Paese, di una rapida guarigione siano esauditi”. Il telegramma arriva il 16 febbraio del 1912 ad Alfredo Caselli, un caro amico del professore, a mandarlo è un funzionario
delle Ferrovie. Il giorno della partenza quindi è arrivato: è il 17 febbraio, ed il paziente che lascia in tutta fretta la Valle del Serchio è il poeta Giovanni Pascoli, gravemente ammalato di tumore, che abbandona così per sempre la sua amata casa di Castelvecchio, a Barga (Lucca), per Bologna, dove meno di due mesi dopo morirà.

A cento anni di distanza, venerdì 17 febbraio, alle ore 11, a Gallicano (provincia di Lucca), nei pressi del casello del Salice, dove si fermò il convoglio, il prefetto di Lucca Alessio Giuffrida, il presidente della provincia di Lucca Stefano Baccelli, il sindaco della cittadina Maria Stella Adami, il primo cittadino di Barga Marco Bonini, i parlamentari Andrea Marcucci, Nedo Poli e Raffaella Mariani, i consiglieri regionali Marco Remaschi e Ardelio Pellegrinotti, il presidente della Fondazione Pascoli Alessandro Adami, ricorderanno nel
corso di una cerimonia la partenza del poeta. Continua a leggere

Video, Luigia Sorrentino legge Costantino Kavafis

Luigia Sorrentino legge una poesia di Costantino Kavafis, poeta e giornalista greco, vissuto tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento. Kavafis scrive dall’osservatorio di Alessandria d’Egitto, (in arabo: الأسكندري al-Iskandariyya; in greco: Aλεξάνδρεια; in latino: Alexandrea ad Aegyptum), la seconda città più grande d’Egitto, con una popolazione di oltre 4 milioni di abitanti, che si estende per 32 chilometri lungo la costa del Mediterraneo nella parte settentrionale del paese.

Ma ‘La città’ di cui scrive Kavafis, può essere qualsiasi luogo nel mondo – è un luogo interiore – e per questo rimarrà per sempre nella memoria del poeta.

“Se non puoi la vita che desideri/ cerca almeno questo/ per quanto sta in te: non sciuparla/ nel troppo commercio con la gente/ con troppe parole in un viavai frenetico. // Non sciuparla portandola in giro/ in balìa del quotidiano/ gioco balordo degli incontri/ e degli inviti,/ fino a farne una stucchevole estranea.”
di Costantino Kavafis

http://www.rainews24.rai.it/ran24/clips/2012/02/kavafis.mp4

Stefania Portaccio, ‘La mattina dopo’

Nello scaffale, ‘La mattina dopo’ di Stefania Portaccio
a cura di Luigia Sorrentino

Mi ha molto colpita questo nuovo libro di poesie di Stefania Portaccio, pubblicato nel 2011 con Passigli,  La mattina dopo.
Intanto, per il titolo, molto forte, definitivo, ma anche aperto: qualcosa è già accaduto, la notte è passata. E’ mattina. 
Sette le sezioni e i titoli,  (Aperta a stella, Brodskij di notte, In morte, Onora la madre,  Salvo tutto, Cosa abbiamo fatto) che guidano il lettore “in uno spazio letterario” e a due elementi, il concavo e il convesso, che indicano, con forza e precisione di forma, come vivere la propria vita. L’ambizione del libro, è che, da una parte si soffre – accostandosi alle sezioni che attengono al dolore – ma dall’altra , no, perché dalla lettura si esce ritemprati. I versi delle poesie qui raccolte infatti, imprimono una grande forza, e offrono una riflessione possibile sul come vivere la vita, nel suo presentarsi, concavo e convesso, appunto. Continua a leggere

“Frantumi” con Hirsh, Simenon e Milo De Angelis

VEDI LA NOTIZIA ALLA FONTE: CULT BOOK
Frantumi
  di Stas’ Gawronski, con James Hirsh, George Simenon e Milo De Angelis.
L’intervista a Milo De Angelis la troverete intorno al minuto ventisettesimo. La frase che più mi ha colpito del discorso che De angelis fa sulla poesia è questa: “Andarsene. (n.d.r. l’autore fa riferimento al titolo della sua ultima raccolta di versi “Quell’andarsene nel buio dei cortili”). “Andarsene. Mi piace il suono di questo verso, perché è un verso della vita quotidiana che porta con sé la propria morte. Perché la poesia porta con sé la propria fine e ciò che non porta con sé – poeticamente – la propria fine, non è nemmeno degno di iniziare.”

Milo De Angelis