Mark Strand, Quasi invisibile


da: http://www.poets.org/poetsorg/poet/mark-strand

 

 

        La poesia del poeta spagnolo

In una camera d’albergo chissà dove nello Iowa un poeta
americano stanco delle proprie poesie, stanco di esse-
re un poeta americano, si lascia andare sullo schiena-
le della sedia e immagina di essere un poeta spagno-
lo, un vecchio poeta spagnolo, che si avvicina alla fine
della vita, che cammina fino al Guadalquivir e guar-
da le navi, grigie e spettrali nel crepuscolo, discendere
la corrente. Le piccole onde, che si avvicinano all’ar-
gine erboso dove siede, sussurrano qualcosa che non
riesce a sentire s’increspano e ricadono. E al-
lora cosa fa il poeta spagnolo? Si mette una mano in
tasca, ne estrae un taccuino, e scrive: Continua a leggere

Tony Harrison, “Afrodite del mar nero”

 

tony_harrisonWorking class poet. War poet. Angry poet.
Poeta operaio. Poeta di guerra. Poeta arrabbiato.

Sono alcune delle molte definizioni che la critica ha riservato a Tony Harrison in questi ultimi decenni.

Il maggiore poeta inglese vivente, figlio della classe operaia e nutrito di cultura classica, raccoglie le sue poesie inedite più recenti in un libro provocatorio, confermando la tensione civile che lo contraddistingue, anche quando mescola i miti della classicità e le crisi in medio oriente: «sul mar nero… se le mie pietre radenti potessero continuare a saltare / arriverebbero in Georgia, sul Caspio, in Afghanistan…»

Il Festival Internazionale di Poesia Civile città di Vercelli ha consegnato a Tony Harrison il premio alla Carriera il 12 novembre scorso. Il grande poeta inglese è stato accolto dal presidente dell’associazione culturale “Il Ponte “(organizzatrice del festival) Luigi Di Meglio, dal sindaco di Vercelli Maura Forte e dal rettore dell’Università del Piemonte Orientale Avogadro, Cesare Emanuel. Harrison è stato presentato criticamente dal suo traduttore italiano, Giovanni Greco, e dall’editore Roberto Cicala.

Continua a leggere

Addio a Mark Strand

unnamed
Perennemente in crisi, la poesia rimanda a luoghi e tempi lontani dalla realtà sociale. E’ pura interiorità e quindi sempre attuale“.
(Mark Strand)

Lutto nel mondo della poesia. Se n’è andato il 29 novembre 2014 Mark Strand, una delle voci più rilevanti della poesia contemporanea internazionale.

Lo ricordiamo con questa intervista realizzata da Luigia Sorrentino all’American Academy di Roma, il 18 marzo del 2011.

Ciao Mark…

INTERVISTA A MARK STRAND
di Luigia Sorrentino

Siamo qui per parlare dell’ opera del poeta Mark Strand, l’opera di un poeta definito ‘della montagna e del mare’, con tratti peculiari che lo differenziano da altri poeti suoi contemporanei statunitensi. Innanzitutto ci dica una cosa… Lei come altri scrittori, si era avviato alla pittura, scoprendo poi, di volersi dedicare totalmente alla scrittura… E’ successo a Orhan Pamuk, premio Nobel per la Letteratura del 2006, ed è accaduto a lei che nel 1957, a 24 anni, ha deciso di vivere da poeta. Ci racconta com’è andata?

unnamed-2

“Ho sempre letto poesie, sebbene fossi un pittore, ero uno studente d’arte, non ero un pittore vero e proprio, bensì uno studente-pittore, ma, in un certo modo, l’essere uno studente d’arte mi aveva preparato per la scrittura, perché avevo il senso della formalità dell’impresa: prima davo forma alle immagini e in un secondo momento davo forma alla poesia. Deve esserci molta armonia tra la prima linea, quella centrale e quella alla fine, proprio come in un quadro, tutti gli elementi si uniscono. Ho rinunciato alla pittura perché ho capito che non ero un buon pittore, dopo mi sono dedicato alla poesia, ma non ero un bravo poeta. Ma ho sentito che avevo la possibilità di migliorare come poeta. Ci sono stati anche altri motivi. Nella mia famiglia i libri erano molto importanti, mi sono spesso sentito inadempiente come lettore e inadeguato come scrittore. E improvvisamente ho sentito il bisogno di compensare questa inadempienze e questa inedeguatezza scrivendo. E’ iniziato come un modo per rispondere ai desideri e alle speranze dei miei genitori.”

Continua a leggere

Annalisa Macchia, “Interposto est”

 

macchia_coverNota di Paolo Lagazzi

Interporto est di Annalisa Macchia è una specie di trepido e commosso romanzo per flash, sovrapposizioni, contrappunti, rapidi accostamenti memoriali, cammini e soste, fughe e risalite dal presente al passato e viceversa. Tornare dove si è vissuta la stagione mitica dell’infanzia (una frazione della campagna livornese) significa osservare tutto quanto si è perso e continua a perdersi, a sfarinarsi, a sgretolarsi come il cimitero assediato dall’interporto o la chiesa la cui campana fu messa in vendita, come i terreni invasi dai container o da “alberi scheletrici”, come il ricordo stesso delle chiacchiere femminili en plein air che un tempo innervavano i giorni. Adesso persino gli spazi domestici soffocano: “sospeso anche il respiro / brancolano corpo e mente…”. Eppure negli abitanti del paese avviati al declino resiste un “non so che di fiero”, mentre il lento spegnersi della madre ha lasciato in dono all’autrice di questi versi un fuoco segreto, un “filo / incurante di morte e saccheggi”, “un nodo più forte d’ogni male”.

Continua a leggere