A Roma un convegno su Pietro Tripodo

Pietro Tripodo

Giovedì 8 novembre 2018 la Società Dante Alighieri  ospita a Palazzo Firenze (Roma) il Convegno che ricorda la figura del poeta e traduttore Pietro Tripodo, alla presenza di studiosi e scrittori che lo hanno conosciuto.

Pietro Tripodo è nato a Roma nel 1948; nella stessa città ha vissuto, lavorato ed è prematuramente scomparso nel 1999.

La maggior parte della sua produzione poetica ha visto la luce negli anni Novanta del secolo scorso e molti dei suoi testi sono stati pubblicati su riviste quali Poesia di Nicola Crocetti e Altri argomenti.

Il suo libro di poesie, Altre visioni, fu pubblicato dalla casa editrice Rotundo, nel 1991, nella collana diretta da Arnaldo Colasanti; nel 2007 la raccolta è stato ripubblicata, a cura di Raffaele Manica, con Donzelli, con il secondo volume di poesie di Tripodo, Vampe del tempo, la cui prima edizione era stata pubblicata nel 1998 dalle Edizioni Il Bulino. Continua a leggere

L’indeducibile sostanza del tempo

di Alessandro Bellasio

Quello che è successo non è ancora avvenuto, non è ancora avverato, perché ogni vero inizio è in realtà un ritorno, e il passato non è meno imminente del futuro: «l’inizio è di fronte a noi | che a ritroso andiamo verso il tempo»; «quello che abbiamo vissuto forse | deve ancora succedere».

Così, giunto alla terza silloge, con Tempo riflesso Corrado Benigni segna un importante punto di svolta all’interno della sua produzione. Rispetto al dettato giuridico e marziale di Tribunale della mente (2012), e alla parola ripida e scheggiata dell’opera d’esordio Alfabeto di cenere (2005), la nuova raccolta raggiunge – pur in una sua intima continuità di lingua e di stile, improntati da sempre a semplicità lessicale e sobrietà formale – una saggezza e una sapienza che prendono corpo anche nella ponderata architettura del libro, dove la frequente interrogazione delle questioni essenziali della nostra natura e del nostro destino è bilanciata, da un lato, da sorprendenti incursioni nell’infinitamente piccolo (come nella prosa “Il mondo invisibile degli insetti”, o in singoli frammenti dove ci viene ricordato che «c’è una trascendenza tangibile | nell’infinita interiorità di un filo d’erba») che molto mettono in dubbio il nostro supporci infinitamente grandi; e d’altra parte, come già avveniva in Tribunale della mente, il libro alterna scrittura in versi e brevi prose liriche, segno a sua volta della ricerca di un equilibrio stilistico tra tensione verticale dell’a capo e distensione orizzontale della prosa, e dunque tra sintesi e analisi, intuizione e riflessione. Continua a leggere

Isabella Vincentini, “Il codice dell’alleanza”

NEL LETTO DEI GIORNI

 

Trascino il cuore spaventato
nel letto di marmo dei giorni,
il corpo vive stagioni impietose d’esilio
proscenio amaro d’erranza,
sogni di pietra.
Ma tra le pietre i sassi
dicono il tuo nome.

 

Sia benedetto l’esilio,
tra muri sordi e pazienza di ombre
le pietre ripetono il tuo nome.
Per cercarti in nuove stagioni
ho camminato fino all’alba, ma dimmi:
–  Esisti?

 

Vuoto il tempo che divide
inferno e paradiso,
noi senza voce
– ma chi romperà l’esilio
schiudendo i giorni del domani,
chi, raccoglierà i fiori caduti
gli sguardi chiusi come grida,
chi, avrà cura degli sguardi segreti?

 

Non scordarli,
mettili tra le cose perdute
che non tornano nei giorni del domani
raccoglili, come fiori caduti
nei letti disfatti e proibiti,
nell’addio silenzioso che
mentre muore avvampa.

 

Come finisce l’amore? Come muore un fiore?
Corolle di parole nel piccolo letto dei giorni
che snaturano la mente,
si inclina il pensiero, mentre si disfano i sogni.
Niente più scuse, cadono i veli
notti come sudario
nel vuoto giaciglio dei giorni.

 

Chi ha benedetto l’esilio?
Abbassa la voce, ma non accostarla al silenzio
chissà se tra i fiori caduti
chiederemo ancora la cecità e la pena,
l’istante e l’attesa
quando come araldi esorcizzavamo
con le parole le cose, in balia di una Parca che …

 

ascolta o non ascolta,
l’amorosa immaginazione?

Da Il codice dell’alleanza, edizioni La Vita Felice, 2018

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Paolo Valesio, “Esploratrici solitarie”

“Le esploratrici non sono personaggi dentro le poesie, ma le poesie stesse: che avanzano caute e sole – ciascuna di esse è responsabile soltanto per sé – in un territorio sconosciuto. Mi viene in mente un termine tecnico – e poetico, e drammatico – che si mantiene dal Medio Evo fino alle due Guerre mondiali: Enfants perdus. Che non sono certo “Bambini perduti” (la connotazione fiabesca non c’entra nulla), ma “Ragazzi persi” o “dispersi”. Una volta (ma forse ancora adesso…) pare che fossero semplicemente ragazzi che prendevano a sassate i soldati e i macchinari nemici; poi divennero piccoli reparti militari o semi-militari impegnati in operazioni di sabotaggio o di estrema difesa; soldati, appunto, dati per perduti in anticipo, dentro la strategia generale della battaglia. (Del resto, gli enfants perdus sono, in un senso estremo, truppe scelte.) Queste poesie, dunque, sono esploratrici così avanzate da aver abbandonato il contatto con il grosso dell’esercito (cioè con una tradizione poetica di base). Mirano semplicemente a raccontare la loro propria, irriducibile, storia; e parleranno per se stesse. […] Vedo questa raccolta come un libro in quanto, prima di tutto, vi è in esso una sorta di narrativa, di trasferimenti da luogo a luogo (paesaggi che si specificano in città e si concentrano in dimore); ma soprattutto, libro in quanto questo insieme di poesie si attua come discorso, di volta in volta ricominciato e ri-definito come serie di “squadrate” costruzioni metriche – in un continuo gioco di stasi versus movimento.”

Preghiera della torera, 1

Per Pedro Almodóvar
(Hable con ella)

Ti aspetto inginocchiata sull’arena
prego le mie mammelle
costrette nel corpetto
prego le mie spalle larghe
sotto lustrini e mostrine.
Ecco irrompi, toro – locomotiva
della coscienza esterna e schiacciante. Continua a leggere

Giorgio Caproni al Premio Poesia Città di Fiumicino

Questa foto di Giorgio Caproni ritratto a scuola, con una delle sue classi, compare sulla copertina del libro “Caproni maestro” scritto da Marcella Bacigalupi e Piero Fossati edito da Il Melangolo nel 2010.

Fra questi bambini c’è un futuro artista, Pietro di Giambattista, un taletuoso fotografo premiato per la sezione FOTOGRAFA UNA POESIA dalla giuria specializzata del Premio Poesia Città di Fiumicino 2018, abbinata alla poesia di Davide Toffoli: “Io non ho nessuno che mi abbraccia”.

IO NON HO NESSUNO CHE MI ABBRACCIA

Siamo gli occhi infranti
degli incontri mai fatti.
Siamo i segni profondi
dei volti soltanto sfiorati.
Siamo gli attimi persi
a cercare nel vuoto… A fissare
quell’anima instabile
che dentro
       si muove
con fare marziano.
Riluce.
C’è una crepa in ogni cosa…
Da lì entra la luce. Continua a leggere