La parola, il valore della testimonianza

Perché scrivere? Quale impulso muove da secoli l’uomo a narrare storie? È l’interrogativo da cui parte la riflessione di Franco Rella, facendo appello al bagaglio di letture accumulate nel corso della propria vita e interpellando gli autori che più lo hanno segnato. Da Dante a Cavalcanti, da Shakespeare a Benjamin, e poi Goethe, Kafka, Bataille, Roth, senza dimenticare i classici greci e latini, non esiste narratore che non si sia posto l’interrogativo e che non abbia cercato di spiegare – e spiegare a sé stesso – la realtà che ci circonda. L’esigenza di raccontare nasce proprio da quella realtà, e chi scrive può manipolarla, far interpretare la parte del protagonista a un personaggio di finzione, per poi rendersi conto che la protagonista assoluta della narrazione è la parola stessa, unica difesa che l’uomo abbia contro il male, unica arma capace di organizzare l’immagine del mondo e della realtà, come in un ideale inventario che raccolga tutte le esperienze vissute. Quella stessa parola che Pasolini suggeriva di usare con cautela, che per il solo fatto di portare con sé «un carico d’anima» legittima l’altrimenti insensata attività di scrivere.

Continua a leggere

Giancarlo Pontiggia, “Voci, fiamme, salti nel buio”

Giancarlo Pontiggia, credits ph Dino Ignani

COMMENTO DI FABRIZIO FANTONI

Dopo “Il moto delle cose” Giancarlo Pontiggia torna a sorprendere il lettore con un’opera di rara intensità emotiva: “ Voci, fiamme, salti nel buio”, (Stampa 2009).

L’opera, divisa in due poemetti, – “Il camion e la notte” ed “Animula”- evoca un viaggio onirico che prende le mosse “in un vecchio cortile lastricato di beole grigie”.

E’ in questo spazio di quotidiana semplicità che ha inizio lo scivolare lieve e dolce tra le cose del mondo, quel “ perdersi in quei meandri favolosi/ sogni slanci chimere / tutto ciò che affonda nella vita”, che ti trasmette la gioia voluttuosa di perdersi in un oceano, la vertigine suprema di non essere più nessuno. Ci si ritrova così a contatto con la dimensione più autentica e vera della vita, che si squaderna davanti al lettore in tutte le sue forme, nel suo continuo farsi e disfarsi, nei suoi cambiamenti e nelle sue persistenze, mostrando “quanta notte è ovunque, quanto nero / tra le cose del mondo”. Questa lenta discesa all’origine del tutto è sottolineata dall’andamento della lingua che, da una pacata narratività dei primi componimenti, diviene – in particolare nel secondo componimento intitolato ”Animula”- sempre più magmatica: una moltitudine di materiale linguistico che prende direzioni inaspettate, raggrumandosi in forme inattese che si sfaldano per assumere nuova consistenza.

Il lettore si sente coinvolto dal martellìo costante della lingua e si trova a vorticare tra le parti che compongono il mondo, partecipando “all’inerzia delle cose”.

Con questi componimenti Giancarlo Pontiggia ci porta nella “notte, improvvisa, / con il suo mantello di nuvole scure…” in cui ha sede la poesia o, meglio, la sua origine.

La notte di cui parla Pontiggia altro non è che una dimensione spirituale in cui si ritrova il poeta nella più completa solitudine, in attesa che la parola si depositi.

Scrive Cristina Campo: “ come la manna di Sant’Andrea nella cavità dell’ampolla, il destino si forma nel vuoto in virtù delle stesse leggi complementari che presiedono al nascere della poesia: l’astensione e l’accumulo. La parola che dovrà prendere corpo in quella cavità non è nostra. A noi non spetta che attendere nel paziente deserto, nutrendoci di miele e locuste, la lentissima e istantanea precipitazione. Che è breve e non ripetibile”.

L’esperienza del sorgere della poesia ha qualcosa di simile ad una tensione mistica. Continua a leggere

Nelo Risi, “Tutte le poesie”

Nelo Risi

Da: LE RISONANZE

Troppi gli avvenimenti, arduo
essere del proprio tempo,Da
«l’air résonne(cito l’enfatico
Corneille) des cris qu’au ciel
chacun envoie», sto in mezzo
ai fatti che urgono si accalcano
e non ne afferro bene il disegno
dovrò risorsa estrema attendere
che l’epoca dello spreco e delle
scelte rimandate sia trascorsa?

IL FILO

Da pellegrino sempre in cerca:
fessure? niente luce solo crepe
labirintiche le vie sono intricate
tra rocce cadute
tutto un percorso dalle linee spezzate
prove su prove mirando al centro
al ventre delle cose al dritto mezzo
al cuore! uno smarrirsi in meandri e ipogei
le mani avanti a difesa del corpo
il volto rabbuiato da più maschere
sotto la maschera quanti volti hai?
un affondare per emergere
recuperando il filo in viottole segrete
in anditi tortuosi in cieche stanze
finestre a inganno dipinte sul muro…

Onda su onda, freccia dopo freccia
libro dopo libro conta il cercare
non raggiungere in centro

Continua a leggere

Patrizia Cavalli, “Vita meravigliosa”

Patrizia Cavalli

Vita meravigliosa
sempre mi meravigli
che pure senza figli
mi resti ancora sposa

*

Ma prima di morire
forse potrò capire
la mia incerta e oscura condizione.

Forse per non morire
continuo a non capire
sicura in questa chiara confusione.

*

Ma valeva la pena di sognare
quel sogno così umile e ossequioso,
fermo al servizio di ogni mi paura,
copia stantia sei sogni dell’infanzia,
truffa e figura scialba del mio male
che già nel buio cominciavo a espiare,
colpa d’indifferenza e di incostanza?”

Da: Vita meravigliosa, di Patrizia Cavalli, Einaudi, 2020

Continua a leggere

Luca Bresciani, “Linea di galleggiamento”

Luca Bresciani

Un rettangolo di cotone
tra il legno e la fame
e nutrirsi senza strozzare con le mani
è ricomparire dalla parte degli uomini.

Due volte in un giorno
la memoria diventa indirizzo
e sono le briciole ai lati dei piatti
il numero civico dei nostri ritorni.

*

Svegliarsi con luoghi abbandonati
all’estremità dei polsi
e l’erba nei corridoi delle vene
è sindrome del tunnel carpale.

Penso a un’usura per sottrazione
nello stallo di chi si astiene
e la natura violata delle braccia
di notte ci riconsegna alla terra.

*

Accendere i fornelli
per credere ancora nei miracoli
e il pentolino con il manico rotto
diventa un cucciolo malfermo.

È savana la colazione
offrendo la gola al telegiornale
ma quanta bellezza l’acacia che resiste
nella siccità rasoterra del niente. Continua a leggere