La stanza dei poeti

Mario Benedetti e Luigia Sorrentino a “Ritratti di poesia”, Roma, 28 gennaio 2014. Credits ph. Dino Ignani

E’ stato un grande sogno vivere
di Luigia Sorrentino

Se io dicessi: “Questa è la stanza dei poeti”. Quanti ne entrerebbero e quanti ne uscirebbero?

(Silenzio)

Che cosa determina e definisce il poeta e la poesia?

(Silenzio)

Il successo in vita di una persona che scrive poesie, è decisivo?

(Silenzio)

Quando il valore di un poeta o di una donna poeta è indiscutibile?

(Silenzio)

Valgono forse premi, riconoscimenti a definire il valore di un poeta o di una donna poeta?

(Una voce, la mia)

Forse in alcuni casi sì. I Premi e i riconoscimenti internazionali possono avere un valore. Continua a leggere

La materia povera di Mario Benedetti

 

Venerdì Santo

 

Il cielo sta su nel pensiero di piangere.

Sulla strada
gli uomini sono andati metà muro, metà fiume.
Sto qui molto lontano dai templi,
dalle processioni tra i lumini,
molto lontano dai romanzi
dove c’era la luce dei visi.

Sto con gli ultimi anni di un uomo a cui voglio bene,
vorrei perdonargli di morire, cosa fare.
A sapere bene forse potrei dire:
anche per noi una visione intera
con uno specchio sopra, con un cielo.
Mi tengo al suo sguardo perduto
così particolare, così solo,
senza romanzi, con il campo che non è un mondo.

Non so andare avanti.

Ogni tanto
i contadini di Anna Karenina falciano Masckin Verch.
Ogni tanto sogno bambini bellissimi
nell’acqua effervescente di una strada.
E io li vedo di schiena,
qualcuno ci vede,
io sono di schiena nei colori.

Mario Benedetti, Venerdì Santo, in Umana gloria, Mondadori 2004

COMMENTO DI ALBERTO FRACCACRETA

Questa poesia appartiene alla silloge forse più significativa di Mario Benedetti, Umana gloria, incentrata sul valore e sul senso di una morandiana «materia povera», capace di riportare la civiltà — mitizzata nei riti agresti e in un’inquieta ricerca interiore — a un’essenzialità del vivere che, per il generale tono carsico, accomuna il poeta friulano a Pier Paolo Pasolini e, anche, Scipio Slataper. Continua a leggere

Mario Benedetti, il poeta dell’inverno

Mario Benedetti, 5 gennaio 2020 credits ph Viviana Nicodemo

MILO DE ANGELIS RICORDA MARIO BENEDETTI
Milano, 28 marzo 2020

Mario Benedetti, uno dei pochissimi poeti del nostro tempo. Non scorderò mai la prima volta che l’ho visto negli anni ottanta. Era appena uscito un suo libro, Moriremo guardati, che mi toccò profondamente a partire dal titolo, con quel suo verso pieno di strappi e slogature e quel suo “parlato” che all’improvviso svettava in alto. Andai dunque a trovarlo a Padova, dove Mario Benedetti dirigeva una piccola e originale rivista, Scarto minimo, insieme a Stefano Dal Bianco e a Fernando Marchiori.

Mario Benedetti (2012)

Mi colpì subito quello che Mario diceva della poesia, le sue simpatie per Celan e Mandel’štam, il suo disprezzo per tutto ciò che gli pareva gioco, evasione, esperimento. Ma ancora di più mi colpì quello che Mario non diceva, i suoi lunghi silenzi, la tensione spasmodica del suo ascolto affilato e attentissimo, la capacità di far convergere in questo silenzio le parole degli altri. Era una giornata rigida di gennaio e non poteva che essere così. Mario è un poeta dell’inverno e l’inverno è la sua stagione naturale, la stagione del raccoglimento, del riparo tra le mura di casa, delle coperte di lana. E anche la sua parola sembra provenire da un luogo freddo e lontano, ai confini della Slovenia, quel Friuli “oltre il Tagliamento”, come lui diceva, fermo nel suo eterno dopoguerra di mille lire, Settimana Enigmistica e wafer Saiwa, umili cascine e umili sale da pranzo, un mondo di “interni” disadorni, descritti nella loro povertà, nello spazio inerme dove un tavolo o un bicchiere acquistano una luce sacra, come gli oggetti dell’ultimo Van Gogh, per citare un artista carissimo a Mario.
E il destino ha voluto che anche il nostro ultimo incontro fosse invernale. Continua a leggere

Addio a Mario Benedetti (1955-2020)

Mario Benedetti, Credits ph. Dino Ignani

«Povera umana gloria/ quali parole abbiamo ancora per noi?»
(da Umana gloria M. BENEDETTI)

Mario è morto il 27 marzo 2020. Viveva dal 21 marzo 2018 in una residenza a Piadena, in provincia di Cremona. Nel 2014 era stato colpito da un arresto cardiaco con ipossia cerebrale, ma si era ripreso e stava bene, anche se non ha più scritto nulla. E’ morto nell’infuriare di questa epidemia terribile che è il COVID- 19.

Mario Benedetti verrà temporaneamente tumulato nella tomba di famiglia di Donata Feroldi, l’amica di una vita, a Piadena, perché lui aveva espresso il desiderio di essere sepolto acconto al padre a Nimis, dove aveva vissuto,  in Friuli. Ma le circostanze emergenziali in cui tutti ci troviamo, non consentono di farlo subito.

Lunedì 30 marzo ci sarà, in tarda mattinata, una piccola cerimonia funebre al cimitero a Piadena.  Date le circostanze, sarà un semplice saluto, al quale parteciperanno tre o quattro persone.

Da Umana Gloria

È stato un grande sogno vivere
e vero sempre, doloroso e di gioia.
Sono venuti per il nostro riso,
per il pianto contro il tavolo e contro il lavoro nel campo.
Sono venuti per guardarci, ecco la meraviglia:
quello è un uomo, quelli sono tutti degli uomini.

Era l’ago per le sporte di paglia l’occhio limpido,
il ginocchio che premeva sull’erba
nella stampa con il bambino disegnato chiaro in un bel giorno,

il babbo morto, liscio e chiaro
come una piastrella pulita, come la mela nella guantiera.

Era arrivato un povero dalle sponde dei boschi e dietro del cielo
con le storie dei poveri che venivano sulle panche,
e io lo guardavo come potrebbero essere questi palazzi
con addosso i muri strappati delle case che non ci sono.

*

Che cos’è la solitudine.

Ho portato con me delle vecchie cose per guardare gli alberi:
un inverno, le poche foglie sui rami, una panchina vuota.

Ho freddo, ma come se non fossi io.

Ho portato un libro, mi dico di essermi pensato in un libro
come un uomo con un libro, ingenuamente.
Pareva un giorno lontano oggi, pensoso.
Mi pareva che tutti avessero visto il parco nei quadri,
il Natale nei racconti,
le stampe su questo parco come un suo spessore.

Che cos’è la solitudine.

La donna ha disteso la coperta sul pavimento per non sporcare,
si è distesa prendendo le forbici per colpirsi nel petto,
un martello perché non ne aveva la forza, un’oscenità grande.

L’ho letto su un foglio di giornale.
Scusatemi tutti.

*

Penso a come dire questa fragilità che è guardarti,
stare insieme a cose come bottoni o spille,
come le tue dita, i tuoi capelli lunghi marrone.
Ma d’aria siamo quasi, in tutte le stanze
dove ci fermiamo davanti a noi un momento
con la paura che ci ha assottigliati in un sorriso,
dopo la paura in ogni mano, o braccio, passo,
che ogni mano, o braccio, passo, non ci siano.

*

Come dire che due ragazzi camminano
sulla breve salita
e la notte cammina
in quel breve salire,
e in questo poco tempo noi siamo vivi,
erba, fiume laggiù
che mormori a tutto il vuoto e a me
l’eco del salire dei corpi?

*

Non sapevo se le mie parole erano le stesse
per tutti, la mia notte
se era la stessa nessuno lo diceva.
Valli, ogni volta che venivo,
erba ripetevo, adesso è ancora questa erba,
e alberi, toccarli, dire alberi.
Viale che non guardo,
rimasto come lo sapevo ma neppure un viale.
E cammino anche più in là di me
adesso che piangere è pioggia,
e stare soli è più grande.

Mario Benedetti, da Tutte le poesie (Garzanti, 2018)

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Dall’Introduzione all’intervista di Luigia Sorrentino a Mario Benedetti (RAI Radio Uno, 2012)

“Mario Benedetti ha pubblicato numerose raccolte di poesie, traduzioni, saggi critici e prose poetiche. Ha collaborato a vari giornali e riviste letterarie ed è una delle voci più significative della nostra poesia più recente. Nei suoi versi vi è tutta l’incertezza e la provvisorietà dell’essere umano.”

Così raccontava di se stesso nell’intervista radiofonica (n.d.r. “Per il verso giusto” – I poeti su Radio Uno) – realizzata nel 2012 da Luigia Sorrentino: “Sono nato malato… anche da bambino… avevo sempre qualcosa.

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