Milo De Angelis, “Poesia e destino”

NOTA INTRODUTTIVA DI MILO DE ANGELIS

Perché ristampare queste mie vecchie pagine? Perché da una parte possiedono qualcosa che mi è rimasto dentro – intatto, quasi intoccabile dal tempo – e dall’altra qualcosa che ho perduto per sempre. Molti temi di Poesia e destino sono quelli che mi scuotono ancora oggi: la tragedia, l’eroismo, l’adolescenza, il mito, il gesto atletico. Ma il tono è un altro. Il tono è furente, perentorio, imperativo, dà sempre l’impressione di un ultimatum che io pongo a me stesso e a chi mi legge. E’ come se da lì a poco dovesse scaturire una sentenza senza appello, l’ultimo grado di un processo dove si gioca la condanna o la salvezza. E questo tono guerresco circola nel sangue di una sintassi verticale, scoscesa, rapidissima, piena di strappi e impennate, la stessa di Millimetri, per intenderci, che è stato scritto nei medesimi anni. Ora non potrei nemmeno immaginare quella corsa sulle macchine volanti della parola. Me ne sono accorto trascrivendo il libro in un file per necessità editoriali. A volte ero pienamente d’accordo con me stesso, felice di essere rimasto fedele alle grandi passioni giovanili. Ma molto più spesso non capivo, letteralmente, il nesso troppo segreto tra due termini o due affermazioni. Dovevo leggere e rileggere, farmi aiutare dall’insieme della pagina.

E tuttavia questa antica furia mi piaceva e mi piace ancora adesso. E forse può colpire chi legge Poesia e destino in questo tempo. Specialmente se ricorda cosa erano quegli anni – il libro è stato scritto di getto nell’estate del 1981 – dove dominavano le scritture sociali alla ricerca di immediato consenso e dove alcune strade notturne erano sentite vicine alla follia e venivano frequentate con circospezione, divieti di transito e di sosta. D’altra parte erano ancora sconosciuti alcuni autori che hanno nutrito queste pagine – da Maurice Blanchot a Paul Celan, da Ion Barbu a Marina Cvetaeva – e con quelli più noti, con Nietzsche o Rimbaud, non era ammessa una simile intimità, un’adesione così gridata da sembrare fratellanza.

Il libro è diviso in tre parti, come vedrete. La prima riguarda i nomi suddetti, con particolare insistenza sullo sfondo greco in cui sono situati. Quella successiva – la mia preferita – è una riflessione ad alto tasso metaforico sul tema dell’impresa, dell’eroismo solitario e del pericolo mortale che ci nomina e ci azzanna. La terza percorre l’immenso universo indiano, cercando un arduo punto di contatto tra i suo Assoluti e l’unicità della singola voce. Ma in tutte e tre circola l’alta tensione di cui dicevo prima, perché la vera poesia naviga in mare aperto e prima o poi dovrà interrogarsi sulle ragioni che l’hanno spinta a veleggiare, sul porto che ha lasciato, su quello che l’attende, sul naufragio che all’improvviso può cancellarla.

ottobre 2018 Continua a leggere

A Milo De Angelis, nel giorno del suo settantesimo compleanno

Oggi 6 giugno 2021, è un giorno importante. Ricorre il settantesimo compleanno di uno dei maggiori poeti europei del nostro tempo: Milo De Angelis.

Auguri Milo, Buon Compleanno!

Lo rivedo così, ritratto in una foto a me particolarmente cara scattata da Giampaolo Lai che suggella il nostro primo incontro a Ortona, nel 1986.

Milo era di fronte a me. Era estate, l’estate di una  notte infinita. L’estate in cui restammo svegli e parlammo di poesia per tutta la notte.

Lo ricordo seduto, nello spazio immenso della poesia, nello spazio infinito di ciò che è eterno e che non avrà mai fine. 

Il libro che mi regalò era “Somiglianze” (Guanda, 1976). La dedica per me in calce al libro: “A Rò, per più di una vita”.

Rò, (Rhò, Rho), è il nome di un comune in provincia di Milano. Rò, un nome notevole per me, perché Rò non è solo uno dei comuni più antichi della Lombardia,  è anche un nome affettivo, che stabilisce un legame profondo e identifica l’unicità del “luogo” in sé, della persona, di ogni persona. E, per Milo De Angelis, – come leggerete nella poesia che segue – l’unicità fondatrice del “luogo” configura l’atto poetico,  il gesto atletico, il rito arcaico, antichissimo, che si ripete come un dovere esistenziale e originario: “per più di una vita”.

(Luigia Sorrentino)

 

La somiglianza

Era
nelle borgate, camminando in fretta
quell’assolutamente
oltre
che dai libri usciva nella storia
radendo le bancarelle, d’estate.
Domanderemo perdono
per avere tentato, nello stadio,
chiedendogli di lanciare un giavellotto
perché ritornasse l’infanzia.
Non si poteva
ma la somiglianza era noi
nell’immagine di un altro, ravvicinato, nel sole
volevamo trattenere il nostro senso
verso lui
in un gesto da rivivere: chi poteva sancire
che tutto fosse al di qua?

Prese la rincorsa, tese il braccio…

Da: Somiglianze, Milo De Angelis, (Guanda, 1976)

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Alla Casa della Poesia di Milano con Milo De Angelis e Viviana Nicodemo per rivivere gli ultimi giorni di vita di Sylvia Plath

Milo De Angelis e Viviana Nicodemo

Evento a cura di Milo De Angelis, organizzato dalla Casa della Poesia di Milano, 10 giugno 2021, 19:30 –  voce recitante Viviana Nicodemo.

La serata sarà trasmessa sul canale Youtube della Casa della Poesia di Milano.

INTRODUZIONE DI MILO DE ANGELIS

Proponiamo questa sera alcune testimonianze che riguardano l’ultimo periodo della vita di Sylvia Plath. Sono poesie, soprattutto, ma anche brani dell’epistolario – in particolare le lettere alla madre – e un testo di Ted Hughes a lei dedicato e intitolato Lo sparo, tratto dal suo libro Lettere di compleanno. Qui siamo nel 1962 e all’inizio del 1963. Qui siamo vicini alla morte, se pensiamo che Sylvia Plath si uccide con il gas lunedì 11 febbraio del 1963.

Qui tutto parla di morte. Ma anche di poesia, Ma anche di perfezione. Morte, poesia, perfezione. Un trittico potente e antico, un trittico che viene dal mondo classico. Si direbbe che proprio sulle soglie del disastro, sull’orlo del baratro la poesia della Plath raggiunge il suo culmine. L’alto e il basso si congiungono. La vetta e il precipizio coincidono. Il sublime e la caduta tra le rocce si stringono in un patto inviolabile, in un’alleanza finalmente raggiunta. Mai la poesia di Sylvia Plath era stata così perfetta. Mai era stata così perentoria, così definitiva, capace di congiungere la vita e la morte, le immagini di un’infinita, trepidante bellezza con le forze oscure e spettrali della fine, la potenza di un fiore con il cadavere dei bambini acciambellati, l’alba dei fiordalisi e i papaveri di ottobre con il sapore aspro del Talidomide.

Sylvia Plath appare qui come una guardiana dell’Ade, una sacerdotessa della Morte, una figura sacrificale che rinuncia alla sua esistenza personale per avere in cambio la perfezione di un verso, che si distrugge come essere umano per rinascere come poeta, per giungere a noi soltanto come poeta, come parola compiuta e impeccabile. E questi versi hanno la forza allucinata di un congedo che da una parte è netto, secco, ultimativo – non c’è mai nulla di patetico nei congedi della Plath – ma dall’altra porta con sé tutte le presenze palpitanti della vita intravista e perduta.

Dopo il naufragio, Sylvia non ha voluto raggiungere a nuoto la riva ancora una volta, non ha voluto sfuggire ancora una volta alla morte che la spiava fin da quando era bambina. Il mosaico si è frantumato, la persona chiamata all’anagrafe Sylvia Plath, trent’anni, nata a Boston sotto il segno dello Scorpione, la persona Sylvia Plath si è spaccata in mille frammenti, la sua anima non ha retto gli urti violentissimi della sorte.

Viviana Nicodemo in un frame della sua lettura, drammatica e indimenticabile di Sylvia Plath, 10 giugno 2021

 

Il colpo di scure si è abbattuto sul vetro fragile di una giornata. Ma le tessere di questo mosaico, ciascuna di queste tessere è diventata una parola, un’immagine saettante capace di restituirci un’altra verità che non è più soltanto quella di una vita dolorosa ma che, passando attraverso questo dolore, è diventata la bellezza rivelatrice della sua poesia.

Poesia che ora ascolterete nella traduzione di Anna Ravano.

La voce è quella di Viviana Nicodemo. Continua a leggere

L’ “Odissea” di Kazantzakis, evento on-line

Giovedì 20 maggio 2021 – 19:30

L’ “Odissea” di Kazantzakis – memory lane + anteprima (80′)

LINK PER DIRETTA VIDEO: https://youtu.be/MS3L729RQW0

La serata di oggi, 20 maggio 2021, organizzata dalla Casa della Poesia di Milano è a cura di Milo De Angelis.
Voce recitante: Viviana Nicodemo.
Sarà presente Nicola Crocetti.

In occasione della sua uscita in volume (Crocetti, 2020), riproponiamo la serata del 15 maggio del 2019, in cui Milo De Angelis presentava l’”Odissea” di Nikos Kazantzakis nella traduzione di Nicola Crocetti, che ha lavorato per molti anni a questo magnifico poema dello scrittore greco (autore tra l’altro di “Zorba il greco”) e ora finalmente è giunto al termine di questa impresa titanica.

L’”Odissea” di Kazantzakis, pubblicata per la prima volta nel 1938 e composta di 24 canti – come le lettere dell’alfabeto greco e come i poemi omerici – è ricchissima di invenzioni linguistiche e neologismi che hanno fatto disperare tutti i traduttori del mondo. Ma in compenso ci immerge in una scena epica grandiosa, rinnovando fin dalla radice il suo protagonista, Ulisse: tornato a Itaca e annoiato dalla monotona atmosfera del luogo, egli riprende il suo infinito viaggio e cerca un nuovo significato per la sua vita e per la nostra.
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Giulia Napoleone, “Il segno e la poesia”

Giulia Napoleone. Galleria IL PONTE, anteprima mostra “nero di china”, Firenze, 18 gennaio 2020. Credits photo, Fabrizio Fantoni

COMUNICATO STAMPA
Biblioteca cantonale di Lugano
Giovedì 27 maggio 2021
Ore 18.00
Inaugurazione della mostra:
Il segno e la poesia.
25 libri d’artista di Giulia Napoleone
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Da tempo un legame di amicizia lega la Biblioteca cantonale di Lugano a Giulia Napoleone. L’artista è già stata infatti ospitata in passato in questi spazi con alcune opere. Del resto, col suo lavoro di meditazione sulla pagina scritta e sulla parola, si pone in linea perfetta con le scelte espositive dell’istituto che, negli ultimi anni, mirano a indagare questo particolare aspetto della creatività.

Da queste considerazioni è nato il desiderio di collaborare in vista della realizzazione di una mostra.

Giulia Napoleone ha così appositamente creato per la Biblioteca
cantonale di Lugano 25 libri d’artista.

Giulia ha scelto una serie di poeti, inserendo in queste nuove meditazioni molti dei suoi consueti compagni di viaggio e numerosi altri amici, tra cui diversi ticinesi: Adonis, Annelisa Alleva, Antonella Anedda, Marco Caporali, Maria Clelia Cardona, Massimo Daviddi, Roberto Deidier, Milo De Angelis, Biancamaria Frabotta, Gilberto Isella, Maria Gabriela Llansol, Fabio Merlini, Pietro Montorfani, Alberto Nessi, Elio Pecora, Yves Peyré, Giancarlo Pontiggia, Fabio Pusterla, Roberto Rossi Precerutti, Rocco Scotellaro, Luigia Sorrentino, Brunello Tirozzi, Maria Rosaria Valentini, Marco Vitale, Simone Zafferani.

Sono nati così gli splendidi libri d’artista esposti a Lugano per la prima volta, una collezione di opere che si distinguono per varietà di formato e soggetti, la cui unicità risiede principalmente nel fatto che Giulia Napoleone non ha soltanto realizzato le immagini, ma ha anche composto le pagine, individuato e trascritto i versi, scelto con cura gli elementi fisici – carta, matite, inchiostri… – che dovevano accompagnarla in questo lavoro. Continua a leggere