Thomas Bernhard

di Camilla Tagliabue

La poesia fu il “peccato di gioventù” di Thomas Bernhard. L’uscita di una raccolta postuma (un bigino romantico e caotico della più alta letteratura bernhardiana), in cui non mancano suggestioni pavesiane, echi di Pound ed Eliot, e dove il tema ricorrente è la morte (non a caso, sullo sfondo, la natura è sempre crudele e mortifera), diventa l’occasione per riflettere sull’opera del grande scrittore e drammaturgo austriaco.

«I versi del poeta innamorato non contano»: a dar retta a Ennio Flaiano, le liriche di Thomas Bernhard andrebbero archiviate o, peggio, cestinate. Non che Bernhard sia mai stato innamorato – figuriamoci! –, ma certo nei suoi versi si lascia andare a un insolito (per lui) sentimentalismo, a uno struggimento fin svenevole, a una stucchevole tristezza. Continua a leggere

Giancarlo Pontiggia

giancarlo-pontiggia-1AUTORITRATTO

Da un’idea di Luigia Sorrentino
A cura di Fabrizio Fantoni

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Mi recavo, nel settembre 1971, alla segreteria della Statale di Milano per iscrivermi alla facoltà di Filosofia, che, complice il mio professore (al quale mi sentivo legato da un patto di lealtà e di riconoscenza), mi pareva la scelta più giusta, quasi inevitabile, per soddisfare la mia ansia di verità e la mia passione per gli studi. In realtà, da almeno un paio d’anni, sentivo che la filosofia non mi bastava più. Leggevo Dostoevskij, Pavese, Camus, in quei giorni; e se mi volgevo ai filosofi, era a Pascal, Kierkegaard, Nietzsche che mi accostavo, o magari a certe pagine utopiche di Tommaso Moro e di Campanella, piuttosto che alle vertiginose scale teoretiche di Spinoza, da me un tempo tanto amato.
La giornata era di un sole ancora fulgido, benché l’estate volgesse all’equinozio; e contemplando, mentre camminavo pensoso lungo le vie di Milano che portano dalla Centrale a via Festa del Perdono, qualche spicchio di cielo azzurro, mi parve all’improvviso di vedere – incisa come sopra una tavola votiva – la risposta che andavo cercando ai miei pensieri ondivaghi: sentivo che la filosofia, nonostante la sua grandezza, ignorava proprio quel cielo, quell’aria così dolce e limpida, quella dimensione avventurosa e sensibile del nostro animo che rilutta a ogni definizione, quella forma della verità che si dà – involontaria, discontinua, quasi imprendibile – ben oltre la potenza logica di un pensiero ordinato e inflessibile; ignorava, soprattutto, la forza scura e contraddittoria del vivere, quella corrente che vibra e oscilla, ci infiamma e ci sgomenta, e che avevo percepito solo nelle grandi pagine dei tragici, nei versi dei simbolisti francesi o dei poeti erotici latini. Giunto in via Larga, avevo già deciso che mi sarei iscritto a Lettere. Continua a leggere

Lorenzo Calogero & John Taylor

Lorenzo-Calogero3Anticipazione editoriale

Le Edizioni Chelsea di New York (http://www.chelseaeditionsbooks.org/) pubblicheranno nei prossimi giorni, la prima traduzione inglese – con testo italiano a fronte – delle poesie del poeta italiano Lorenzo Calogero, nella traduzione di John Taylor.

Il titolo del libro An Orchid Shining in the Hand: Selected Poems 1932-1960, raccoglie una vasta produzione poetica di Lorenzo Calogero.
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Un poeta legge un poeta

pasolini.pgCari amici di Poesia,

Per partecipare a “Un poeta legge un poeta“, dovete inviare a luigia.sorrentino@rai.it dei vostri video in mp4 in cui leggete una poesia di autore italiano noto, vivente o non più vivente, del secondo Novecento.

Il video deve avere questa struttura

1. non deve superare la durata di 3 minuti;
2. la vostra voce deve essere sempre fuori campo coperta da immagini a vostra scelta;
3. le immagini devono avere un senso rispetto al contenuto della poesia;
4. i video devono essere rigorosamente senza musica, ma possono contenere effetti sonori. Continua a leggere

Frank O’Hara

O'HaraLa Coca di Frank

di Gandolfo Cascio 

Nel Novecento inglese c’è stato un gran viavai di poeti tra il Vecchio e il Nuovo mondo: l’americano Eliot si trasferisce in Inghilterra allo scoppio della guerra; il very British Auden invece l’abbandonerà, asfissiato dalla buona educazione; mentre Dylan Thomas, gallese, avrà un successo – come si dice in questi casi – strepitoso, grazie a dei reading ormai memorabili, tenuti prima a New York e poi on-the-road per il continente. Chi invece del proprio ‘essere’ americano riuscì a fare una parte sostanziale della propria poetica è stato Frank O’Hara. Anzi la sua routine newyorkese diventerà soggetto/oggetto di alcuni dei suoi più interessanti e autentici componimenti. Continua a leggere