Caro Peter,
ho deciso di inviarti questa mia
dopo avere assaporato fino all’ultima parola,
nemmeno fossi il bevitore leggendario
con il quale condivido la durezza
di non riuscire a ripagare i debiti contratti con la vita
ma di certo non la santità,
il canto che hai voluto dedicare alla durata. Continua a leggere
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Peter Handke, “Canto alla durata”
Prendendo spunto da Goethe, «maestro del dire essenziale», Handke propone in questo poemetto una sua personale ricerca sul concetto di durata, l’entità che fornisce contorno a quanto ha la tendenza a dissolversi. Connessa al ripetersi degli eventi quotidiani, ma al contempo svincolata dalla permanenza in luoghi o itinerari consueti, la sensazione della durata è l’esito della fedeltà a ciò che l’individuo sente come più profondamente proprio: fedeltà al divenire di una persona, fedeltà a «certe piccole cose» che ci accompagnano «in tutti i traslochi», fedeltà infine a determinati luoghi, un lago, una piazza, una sorgente alla periferia di Parigi. La durata tuttavia non esiste a priori, bisogna cercarla, andarle incontro; un compito cui può assolvere soprattutto il poeta che, rimettendosi sempre in cammino come il viandante goethiano, con ogni nuova creazione ristabilisce il fragile equilibrio fra mutamento e continuità: nella poesia, la durata troverà così il suo punto di mai definitiva, sempre instabile quiete. La poesia – dice Handke – è uno dei migliori supporti in questa ricerca interiore. Ed è dunque naturale che questo libro di meditazione filosofica sia stato scritto in versi, quasi per bussare alla porta di quella condizione sapienziale tipica della poesia di ogni tempo. Continua a leggere