Una poesia di Alfonso Gatto

Alfonso Gatto

LE VITTIME

La storia fosse scritta dalle vittime
altro sarebbe, un tempo di minuti,
di formiche incessanti che ripullulano
al nostro soffio e pure ad una ad una
vivide di tenacia, intente d’essere.

Gli inermi che si scostano al passaggio
delle divise chiedono allo sguardo
dei propri occhi la letizia ansiosa
d’essere vinti, il numero che oblia
la sua sabbia infinita nel crepuscolo.

Dei vincitori, ai ruinosi alberghi
del loro oblio, piu’ nulla.
Rimane chi disparve nella sera
dell’opera compiuta, sua la mano
di tutti e il fare che e’ del fare il tenero.
E’ il nostro soffio che gli crede, il dubbio
di perderlo nel numero, tra noi.

 

Alfonso Gatto, da “La storia delle vittime”, Mondadori, Milano, 1966. Continua a leggere

Gian Maria Annovi, “Persona presente con passato imperfetto”

Gian Maria Annovi/ credits ph. Dino Ignani

la realtà della mia tortura era
una banale prova balistica

se nel sole ti munivi di
una bellezza di cui eri totalmente
deficiente prima di adesso

incomprensibile che tu solo
abbia ragione d’essere ed

io torto

 

****

 

mi rompevi gli alluci
per accorciarmi
per accorgermi del vivere

mi sgridavi pure le orecchie
e lo sgrido sgualciva il divario
divaricato della guancia

(di niente
circondavi la mia stanza)

crescevano placide
solo le crepe
di cui mi innamoravo

(enormemente)

 

***

 

la peluria del tuo pensiero
faceva quasi pena
di fronte all’ampia calvizie
del mondo che si spolpava
al sole

al solito depilarti le
ciglia preferivi una assorta
contemplazione del poco

che tanto ti somiglia

 

***

 

è corpo che monta nel corpo nome di donna
indicibile come

le cose distrutte per troppe parole

inutili

 

***

 

la persona che state chiamando
non è un momento raggiungibile

(dice)

eppure aggiunge al vero il verbo

il verso dell’aria che non respira

né più descrive

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Giuseppe Conte, “L’erica”

Giuseppe Conte, credits ph. Dino Ignani

I

Amo l’erica. Quando arriva l’autunno
ne poso un arbusto sul mio tavolo
in mezzo a libri, plichi, statuette, foto.
Sta lì, come se dovesse riempire un vuoto
che non c’è. Con le sue foglie aghiformi
con i suoi fiori non più grandi di pupille
colore del vento e del vino
mi parla di chissà quali brughiere
mi porta lo spirito dell’autunno vicino.
Poi dice che ineluttabile è il declino
e ascolta tutte le notti le mie preghiere.

II

Amo l’erica come amo il vento
come amo le poesie di Apollinaire.
Ricorda: non siamo sulla terra per
restarci, ma dove andremo lo sanno
loro, l’erica, l’autunno.

III

L’erica convive bene con le tempeste,
il vento lascia dentro di lei il suo soffio
le nuvole i loro vaganti riflessi
il sole le sue ultime, brevi feste.

E’ bella come lo è una capigliatura
di donna dopo un orgasmo burrascoso,
e come una donna in lacrime o nel sonno
è ispida, tenera, pura.

da: L’erica, Giuseppe Conte, 12 poesie, Fallone Editore, 2020 Continua a leggere

Lo sfruttamento degli animali nella poesia di Teodora Mastrototaro

Teodora Mastrototaro

La fissità di una porta rotta
dove avrò da bere.
La nostra razza non resta nelle case
ma in porcili di saliva.
Necrologi senza storia.
In ogni scatola partorisce una madre
interrotta nel rovescio della carne.
Il mio destino è avere fame.
Dove tu coli, madre, non c’è stagione da salvare.
Ingozziamoci di latte per ritornare belli!
Colostro al fianco destro e a sinistra
la famiglia è incatenata.
Il cordone ombelicale rimasto impigliato
tra il pane e la morsa, alla luce la merda
diventa una rosa – simile la forma.
Al capezzale del tuo seno la notte si volge agli steli.

Venite sintesi di cadaveri, venite. Senza bambini
o neonati, venite. Qui ci vendono oltre l’amore
e oltre l’amore le carni e morire.

***

Ancora cosciente mi rivolti vivo nella vasca,
l’acqua bollente rende tenera la morte.
Un paio di minuti è il tempo che ci vuole
per far puzzare il cielo.
Il porco dopo di me non sa nuotare,
gli basterà un secondo per farsi trasformare
nel bianco del carcame scolorito.
Un braccio meccanico mi spinge giù in fondo
nel mare sospeso di rosso.
Il porco ha gli occhi fissi su di me che fremo,
mi opprimo, continuo a calare.
Quando l’inferno non ti brucia più ne fai parte
o non esisti.

***

Quando scarichiamo la carne in macelleria
la sequela delle carcasse sembra un corteo funebre.
La pausa tra la carne e il mondo si è ridotta
e tra il cielo e la macelleria c’è un punto di svolta.
L’operaio più robusto trasporta sulle spalle
la carcassa più pesante come un cristo
crocifisso durante una via crucis rovesciata.
Esposti i corpi nel banco frigo:
Bollo Sanitario, Peso Netto, Specie, Taglio, Lotto.
Nessun animale che sia degno di lutto.

da Legati i maiali (Marco Saya Edizioni 2020) Continua a leggere

Luigia Sorrentino, tre poesie

Luigia Sorrentino

THE FIGHT
By Luigia Sorrentino
(Inedito)

they’d beaten him with kicks and punches
violently, on his back
they’d entered into the cocoon
of his dignity

they’d come for his ashy
eyes
they’d held him in their arms
with no reaction

he smelt of flowers with no response

his cardiac beat
the voice of the universe
lost in the ocean

***

strength grips his clothes
his flesh
it jerks and drags
his body

it pulls it up from its armpits
it sits it up
it moves foot and thigh behind the pelvis
it falls back and sits behind its shoulders

it keeps it close between its legs,
it envelopes it with its arms
it lets the pain slip down
along its back

muddy eyes breathe
in its belly
fatal buried
intimate love

***

the street is visible from the glass
a glossy murky
tongue
its eyes wide open

it’s hungry at night

the weightless smell of rain
has hit the hidden body
the smell comes from below

the soles of the shoes
haven’t worn out
the unfamiliar
depth of seeing

Traduzione di Giorgia Sensi

LA LOTTA
di Luigia Sorrentino
(Inedito)

l’avevano picchiato con calci e pugni
colpi violenti inferti sulla schiena
erano entrati nel bozzolo
della dignità

erano venuti a cercare i suoi occhi
inceneriti
l’avevano tenuto fra le braccia
senza risposta

odorava di fiori senza più ritorno

perduta nell’oceano
la frequenza cardiaca
la voce dell’universo Continua a leggere