La poesia di Alberto Bertoni

Poesia Festival 2017 Sabato a Vignola l’Alzheimer : la malattia, la cura, ……. photo© Serena Campanini

Per l’altrove quotidiano
di Marco Marangoni

Ormai dopo la pubblicazione di tutte le poesie, in lingua italiana (Poesie, 1980-2014 , Nino Aragno Editore, Torino, 2018 ), nonché di tutte le poesie scritte in dialetto modenese
(Zàndri, Book Editore, Ro Ferrarese, 2018), e tenendo conto sia della terza edizione di Ricordi di Alzheimer ( Book editore, Ro Ferrarese, 2016), sia della plaquette, Ricordi e cromosomi, uscita da Stampa 2009 (Azzate, VA, 2018), la poesia di Bertoni si presenta come un vertice di ricerca espressiva oltre che di consapevolezza teorica. Molto utile per accostare i testi è tra l’altro la diretta riflessione critica con la quale l’Autore ha sempre accompagnato il proprio lavoro lirico, e che si può apprezzare anzitutto a partire dalle annotazioni presenti nei libri citati.
Poeta, dal punto di vista generazionale, degli anni ’80, Bertoni condivide con autori usciti in quel decennio, e registrati in sede critica da Roberto Galaverni (Nuovi poeti contemporanei, Guaraldi, Rimini, 1996) l’interruzione del flusso utopico. Tutta la poetica del progetto-desiderio, dalla neo-avanguardia a La parola innamorata– antologia voluta non casualmente da A. Porta – sembra appannarsi presso i nuovi poeti degli anni ‘80. Il neoliberismo imperante che di lì cominciava e il sentimento di decentramento dalla “storia” hanno prodotto sul piano lirico un soggetto linguistico spaesato, del “dopo” – Così Bertoni: “A ogni costo, stasera/ rendiamo dialogiche le dissonanze/ perché la coscienza infelice diventi felice ma/ manca il minimo senso e cosa stai a fare, cosa/ hai paura di dire, cosa…”, da Le cose dopo (1999-2006), ora in Poesie ( 1980-2014) , op. cit. p. 56. –
E si aggiunga che con il senso di posterità, anche per la revoca del mandato sociale del poeta come in generale dell’intellettuale, la poesia fiorita in quella decade retrocede ad un sentire primonovecentesco, di “crisi”, di età dell’ansia, e dunque a maestri che pongono l’accento sull’assenza, sui vuoti: da Montale, a Caproni, a Sereni. Insomma la “cosa” politica o metafisica, comunque intesa, appare impraticabile: “Res amissa”. E In particolare per Bertoni, che scrive “questo lungo/ scolorare d’Occidente in grigio chiaro” (Poesie 1980-2014, op. cit., p.59), anche Gozzano è un classico di fondamentale riferimento. Continua a leggere

Alessandro Moscè, tre inediti

Alessandro Moscè

LE OMBRE PARLANO

(inediti)

A Franco Loi, il poeta dei giorni minimi

Mio caro Franco, divino testimone del bene
chiuso nella tua camicia sacerdotale
e nelle parole di angelo scese dai cornicioni,
ti interpello con il termometro sotto braccio
perché tu sai che i pazienti stringono il pugno,
che nel grigio intravedono l’oro,
che leggono rotocalchi rosa e poesie strazianti
come fiutassero l’aria gelata delle sale operatorie
e le bollicine degli antibiotici endovena.
Ma la salute è ancora un dono d’amore?
Quelle nevicate a Milano, negli anni Cinquanta
forse ti mancano se a te l’amore
fa riaffiorare la giovinezza nelle braccia
quando il malessere sale dal secondo piano
e scende nel vociare degli ascensori.
Sappiamo solo guardarci
dal fondo degli occhiali o dei bicchieri,
sorseggiare un thè freddo
in un viaggio immobile nell’inganno di luglio
dove non bastano più i versi
a farci coraggio dopo le parole mediche
se l’anziana urla d’ansia, assediata
da una porta che si chiude a scatto
e da un codice rosso incollato alla lettiga Continua a leggere

Sauro Damiani, “Quartine”

Sauro Damiani

 

 

Da Quartine e altre poesie, Edizioni La torre, 2018

3
Perché tuffarti negli abissi? L’onda
ecco ti porta, insperata, la perla.
Il tempo, con la sua mano profonda,
ti prepara la gioia. È lì, puoi averla.

10
Poco è il morire quando tu, o luce,
m’investi e mi disfai. E nel trasporto
del desiderio che tutto mi scuce,
voglio ancora morire, appena morto.

14
Perché agire? Lo vedi, sulla rena
l’onda cancella, rapida, ogni orma.
Passa il mondo e la sua gridata scena
e solo chi è leggero lo trasforma. Continua a leggere

Alle vittime di Genova, “lei era rimasta lì”

lei era rimasta lì
tenue la luce diradava
con enormi occhi l’ultima
volta lui la guardava
abbandonava
e si sentiva abbandonato

nel fondo stabile degli sguardi
solo il nero degli inverni
quella bellezza che si posa
dall’iride cadeva
rinnovandosi in lei
allontanandosi da lei

(Da: Olimpia, di Luigia Sorrentino, Interlinea, 2013)

 

elle était restée là
ténue la lumière irradiait
de ses yeux grand ouverts la dernière
fois lui la regardait
abandonnait
et se sentait abandonné

au fond fixe des regards
cette beauté qui se pose
de l’iris tombait
se renouvelant en elle
s’èloignant d’elle

(Traduzione Angèle Paoli) Continua a leggere

Giovanni Ibello, (senza titolo)

Giovanni Ibello /credits ph. Dino Ignani

Cercava la risacca nelle pinete
fiutava l’ombra di un ago sul fondale:
la terra rovesciata, il sudario fertile.
Conta fino a zero, le dissi
salta nell’arco cinerino.
È tutto calmo
qui è davvero tutto calmo,
il sole è una biglia di benzodiazepina.
C’è ancora un intreccio di gelsomini carbonizzati sulla pietra.
L’estate
una valanga d’aceto sopra i fiori.
Ma in questo valzer di occhi crociati
non dire una parola, non parlare.
Troveremo un altro modo per fare alta la vita.
La mia estasi rimane
lettera morta sul greto.
Brindo al disamore
al cuore profanato nell’acquaio
agli insetti fulminati nell’insegna.
Ci lega la parola feroce,
una giostra di penombre.
L’incanto di una teleferica,
l’esatto perimetro di un grido.
Tu che muori
in quell’assillo di aranceti
che ritorna.
Era l’affanno antico,
l’anemone del giorno
divelto sopra i silos.

 

Giovanni Ibello, (senza titolo)

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