Poesia, di Luigia Sorrentino

Il primo blog di poesia della Rai

Mario Benedetti, “Tutte le poesie”

Foto di copertina di Dino Ignani

A cura di Stefano Dal Bianco, Antonio Riccardi e Gian Mario Villalta

Mario Benedetti è uno dei poeti più intensi e originali della nostra letteratura. Sin dalle prime prove, tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta, la sua scrittura in versi è cresciuta seguendo una tenace fedeltà alle cose, soprattutto le più comuni e dimesse: quelle che entrano a far parte dell’esperienza di un individuo nel tempo che gli è dato in sorte, accumulata giorno dopo giorno, anno dopo anno. E proprio nella parola esperienza si trova la chiave del percorso del poeta, che pone due problemi essenziali: come si possa rappresentare nella scrittura in modo autentico il vissuto di un individuo, senza trasfigurarlo in pose eroiche, istrioniche, profetiche, o attribuire loro una vaticinante investitura civile; e come la poesia possa farsi spazio etico di conoscenza e di insegnamento attraverso la rappresentazione dell’esistenza stessa.

Questo volume raccoglie per la prima volta l’intera opera poetica di Mario Benedetti, da Umana gloria (2004) a Pitture nere su carta (2008), Tersa morte (2013) e Questo inizio di noi, inedito in volume (2015). Continua a leggere

Seamus Heaney, “Una porta sul buio”

Vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1995, Seamus Heaney è uno dei più grandi protagonisti del rinascimento culturale irlandese. La sua lirica, come suggerisce Roberto Mussapi, è fortemente legata alla realtà e ai miti della sua terra, ma non assume mai connotazioni particolaristiche o nazionalistiche, si traduce al contrario in una partecipe esplorazione della natura, un viaggio capillare nel paesaggio, nei segreti delle sue acque e delle sue torbiere, nella vita germinale della campagna. La sua poesia è un incessante lavoro di scavo, la sua penna è, come lui stesso ha scritto, una vanga affondata nella terra alla ricerca delle nostre origini e dei misteri primordiali dell’essere, ma sempre entro i confini dell’esperienza quotidiana e concreta. Continua a leggere

Guillaume Apollinaire, “Poesie per Lou”

di Claude Debon

Nato a Roma nel 1880 e scomparso precocemente nel 1918 a causa dell’influenza “spagnola” che lo aveva trovato già debilitato in seguito alle ferite riportate in guerra, Guillaume Apollinaire è stato uno dei protagonisti assoluti della poesia della sua epoca. Maestro indiscusso delle avanguardie del primo Novecento, anche nella sua poesia perseguì gli ideali delle nuove estetiche. Tuttavia sarebbe improprio e fuorviante limitare la sua opera a questa, pur fondamentale, ricerca espressiva. Apollinaire, in realtà, fu anche un poeta ben consapevole della tradizione letteraria; la sua adesione ai motivi di una modernità che appariva sempre più dirompente – e che avrebbe trovato nei suoi “Calligrammes” (1913-1916, apparsi nel 1918) una delle opere esemplari della nuova poesia – non gli impedì di continuare a coltivare il senso profondissimo della parola, che già si ritrova nei suoi esordi poetici (dal “Bestiario” a “Alcools”), un lascito della grande poesia simbolista che lo aveva preceduto. Apollinaire fu anche un grande poeta d’amore, nel senso più profondo del termine; nella sua poesia, l’amore più carnale e l’amore spirituale si fondono in modo originale, dando vita ad alcune delle più belle poesie d’amore del Novecento. Colpisce, in particolare, come ben chiarisce Fabio Scotto nella sua prefazione, «la sovrapposizione del tema amoroso con il tema bellico»: la fascinazione esercitata da quest’ultimo sul poeta francese, alla pari di diversi altri scrittori dell’epoca alle prese con il primo immane conflitto mondiale, è tanto forte da penetrare nella lingua stessa della poesia, «materiale poetico al servizio dell’amore e della mitologia personale del poeta».

Fondendo il tono malinconico della canzone e della ballata alle movenze più irregolari del verso libero, ma spesso rimato e sempre musicale, Apollinaire dà prova in questo libro di una straordinaria vitalità che fa dell’amore, vissuto come passione sentimentale e ossessione erotica, una forza, un appiglio di salvezza tra gli scoppi delle bombe del primo conflitto mondiale nel quale combatté sul fronte, un’estrema speranza nella possibilità che la vita prevalga sulla morte oltre ogni umano limite.

Con questa antologia, curata da uno dei massimi esperti e traduttori di poesia francese, Fabio Scotto (poeta egli stesso e curatore, tra l’altro, del recente ‘Meridiano’ Mondadori
dedicato a Yves Bonnefoy) continuiamo la pubblicazione delle grandi raccolte d’amore dei più grandi poeti del Novecento, che già ha avuto tanto successo con le analoghe opere di Neruda, García Lorca, Salinas, Rilke, Kavafis, Cvetaeva, Pessoa e altri.

Guillaume Apollinaire, “Poesie per Lou” Passigli Poesia, a cura di Fabio Scotto, 2017

 

Adonis, “La foresta dell’amore in noi”


L’ultima raccolta di poesie di Adonis pubblicata in Italia “La foresta dell’amore in noi“, versi potenti e brevissimi, tradotti dall’arabo da Fawzi Al Delmi rientra tra i grandi classici riproposti  nel 2017 nella Nuova Collana Tascabili edita da Guanda. Si tratta di un testo inedito del più famoso poeta di lingua araba : Adonis è siriano, ma da anni vive a Parigi. Gli altri poeti pubblicati nella stessa collana dei Tascabili sono il premio Nobel Seamus Heaney, Charles Bukowski, Jacques Prévert, Dylan Thomas e Pier Paolo Pasolini.


Adonis, che oggi ha 87 anni (il suo vero nome è Ali Ahmed Saïd Esber), ha impiegato un anno per scrivere queste poesie, brevi e certe volte brevissime. che tornano potentemente a evocare temi come esilio e migrazioni, ma soprattutto, al centro, c’è il corpo della donna: mani, fianchi, natiche, seni e corpi. “Perché Adonis è terribilmente giovane dentro, e ha ancora tanta la voglia di viaggiare, raccontare, amare” dichiara Luigi Brioschi direttore editoriale di Guanda dal 1986. Vero è che la questione della donna e della sua emancipazione nel mondo arabo è un tema caro al poeta siriano.

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Zbigniew Herbert

IN COPERTINA Zbigniew Herbert ritratto nel 1984 da Anna Beata Bohdziewicz

 Ho dato la mia parola

ero molto giovane
e il buon senso consigliava
di non dare la mia parola

potevo dire apertamente
ci penserò ancora
non c’è fretta
non è l’orario dei treni

darò la mia parola dopo la maturità
dopo il servizio militare
quando avrò messo su casa

ma il tempo esplodeva
non c’era più un prima
non c’era più un dopo
nell’accecante presente
toccava scegliere
e così diedi la mia parola

la parola –
un cappio al collo
l’ultima parola

nei rari momenti
in cui tutto diventa leggero
acquista trasparenza
io penso
«do la mia parola
volentieri
ritirerei la parola data»
ma dura poco
perché ecco – cigola l’asse del mondo
passano le persone
i paesaggi
i cerchi colorati del tempo
e la parola data
mi fa un groppo in gola

Credits ph. Luigia Sorrentino

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