Nanni Cagnone, “La genitiva terra”

Nanni Cagnone e Sandra Holt, © Eric Toccaceli 2019 -All rights reserved

ANTEPRIMA EDITORIALE

Dopo TORNARE ALTROVE (2015), CAMMINA MARE (2016) e INGENUITAS (2017) PARMENIDE REMASTERED (2019) tutti pubblicati da La Finestra Editrice, è appena uscito di Nanni Cagnone, con lo stesso editore LA GENITIVA TERRA (2019).
Cagnone ci consegna qui fin dal titolo, un’opera di poesia dotata di un’urgenza tutta sua: genitiva, generativa, appunto. Al centro di questo  lavoro la madre Terra, la generante, dalla quale tutto perviene.

ESTRATTI

I

In un giorno
che spiffera colori,
tu destinato oscuro.
Vorresti dire
anzianamente addio,
e pur c’è un seme
rimasto seme—
rivolgiti alle spighe
(quelle d’un tempo,
prima del progresso),
chiedi se maturità
a noi convenga.

Cover design by Sandra Holt

II

Qui—sciupata
anche la parola,
se abbattuto
si toglie all’amicizia
un altro albero—
non ha patria
la candida violenza.

E tu, diversamente
umano, a cosa
potresti appartenere?
Sei spinto nell’intrico,
generato senza materia
da una figlia, le tue parole
non vogliono pensare.

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La poesia di Antonia Pozzi

Antonia Pozzi

DESIDERI BIANCHI DI NEVE

COMMENTO DI BIANCA SORRENTINO

La poesia, e dunque la vita, di Antonia Pozzi ruotano attorno alle ombre della parola ‘desiderio’, si nutrono degli slanci legati alla volontà di donarsi e soffrono al contempo un destino di spietati rifiuti e subìte solitudini. Nei suoi versi immaginifici i fotogrammi di assoluta levità parlano spesso di quiete e pace: colori pastello, azioni appena annunciate e mai compiute, distanze che non sanno scatenare passioni irruente. Una sola è la preghiera che si leva – leggerezza. Il cuore pesa come un macigno, e il placido paesaggio che si stende davanti agli occhi non sa stemperare questo stato dell’anima. Eppure resta un confidente immaginare il futuro: una sera che verrà, l’anima ormai libera saprà – senza far rumore, muovendosi appena – farsi beffe della lontananza e intraprendere un cammino ancora inesplorato.

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Carlo Bordini, “Difesa berlinese”

E’ in distribuzione, dopo essere stato ristampato recentemente, “Difesa berlinese” di Carlo Bordini, che contiene gran parte della sua produzione in prosa: “Memorie di un rivoluzionario timido”, “Gustavo – una malattia mentale”, “Manuale di autodistruzione”, tutti testi introvabili e esauriti, più numerosissime pagine di testi brevi e inediti di carattere saggistico. Il volume, pubblicato da Luca Sossella Editore, è curato da Francesca Santucci e preceduto da un lungo saggio di Guido Mazzoni che restituisce a Bordini il posto che merita nella letteratura italiana contemporanea.

Riportiamo qui una parte dell’introduzione di Memorie di un rivoluzionario timido:

“Questo romanzo totalmente legato all’autobiografia è una sorta di bilancio di circa vent’anni della mia vita. Poiché sono stati anni pieni di traumi, la stesura di questo libro è stata una lotta con me stesso. Per questo ci ho messo un tempo lunghissimo a finirlo. Un bilancio, un esame di coscienza su due temi fondamentali: il rapporto con la politica e i grovigli affettivi che hanno caratterizzato i miei rapporti col mondo femminile. Il tutto preceduto da un’adolescenza vissuta tra depressioni, cambi di facoltà, fughe e sedute dallo psicanalista. Una normale figura di disadattato, quindi, alla ricerca di un equilibrio. Scritto in periodi diversi e con stili diversi, abbandonato e ripreso, questo libro non poteva che assumere una struttura disordinata e barocca, che accettava, come inevitabile, un fluire profondamente disomogeneo.

[…]

Poiché negli ultimi decenni i cambiamenti della vita sono stati uguali a quelli che una volta avvenivano in due secoli, voglio dare qui una serie di piccole spiegazioni, quasi un glossario, o meno di un glossario, per permettere di orientarsi nelle pagine di questo libro a chi si trova in un mondo completamente diverso da quello narrato. Il Parco Lambro era un raduno annuale, a Milano, di ribelli, freak, drogati, rivoluzionari più o meno convinti e giovani in cerca di una qualsiasi
identità. La psicanalisi fu considerata per un periodo un metodo per risolvere i propri problemi psicologici di adattamento alla realtà. Luglio ’60 è stato un episodio, oggi volutamente dimenticato, in cui una grande rivolta, che ebbe inizio tra i portuali di Genova, impedì all’Italia di ritornare, sotto forme diverse, al fascismo. Il PCI era un vecchio partito politico il cui nome completo era Partito Comunista Italiano, dal quale sono stato espulso; la FGCI era la federazione giovanile di quel partito. Trotsky lottò contro la burocratizzazione staliniana dell’Unione Sovietica, fondò la IV Internazionale, che come molte organizzazioni minoritarie si divise in tanti pezzettini, e fu ucciso da un sicario di Stalin. Il Sessantotto fu l’anno delle rivolte studentesche in tutto il mondo; gli anni Settanta sono stati gli anni delle rivolte giovanili; i reichiani erano seguaci di Reich, psicanalista allievo di Freud, che faceva della rivoluzione sessuale il cardine del suo pensiero. I cinque di Burgos erano dei militanti antifranchisti che furono garrottati (ossia strangolati) proprio nel periodo in cui il dittatore della Spagna, Francisco Franco, stava tirando le cuoia. Il mondo, nel periodo narrato, non stava per esplodere, o almeno c’era qualche ragione per sperare che non esplodesse, e c’era qualcuno che credeva che si potesse creare un mondo un poco meno merdoso di quello che c’è adesso. Ho narrato la storia di un uomo che cercava l’amore ed era in sostanza incapace, anche se in apparenza ne era ben capace, di amare qualsiasi persona. Ho cercato di parlare quindi infine il più possibile male di me stesso.”
(Carlo Bordini) Continua a leggere

Emily Dickinson & Silvia Bre

Dopo Centoquattro poesie e Uno zero piú ampio, Silvia Bre prosegue con questo terzo libro nel suo corpo a corpo con la poesia di Emily Dickinson. Un impegno traduttorio basato sul rispetto del testo e del ritmo originale, a cui la poetessa aderisce cercando di non togliere e di non aggiungere nulla. Ma c’è un’adesione più profonda, di tipo empatico, che permette di riprodurre il più possibile le ambiguità e i molteplici significati delle parole e dei versi del testo inglese. La scelta di questa terza centuria di poesie è stata fatta come sempre dalla traduttrice, nel segno del suo personale scandaglio delle vastità dickinsoniane. Ma i temi della Dickinson ci sono tutti, in primis la natura e la morte, annunciate e intrecciate fin dalla prima poesia Ancora non l’ho detto al mio giardino. Continua a leggere

Federica Giordano, da “La luna è un osso secco”

Federica Giordano

Gli oceani intonano distanze sopra il fuoco

e le lontananze asiatiche cambiano la mente.

Gli uomini camminano, si parlano, si annientano:

un animale deforme con milioni di teste

che fa confusione e che sporca e che si fustiga da solo.

Invece nel verso dell’orso polare resta una pietà

dopo che ha macchiato di un sacrificio rosso

la santità del ghiaccio. Continua a leggere