Luca Pizzolitto, poesie

Luca Pizzolitto

Nell’avanzo di parole
su cieli colmi di rabbia,
qui dove piove piano
e rinfresca la sera

cedi al vuoto, al niente,
il dono austero delle labbra.

Nell’ostinato silenzio di Dio,
nel tuo sguardo breve
di madre trova riposo
ogni mia lontananza.

***

L’azzurro del cielo
strappa e cade
nel dolore silenzioso
della sera.

Chiamare casa solo
la luce ferma del mattino,
l’aria di settembre
che si posa sul viso,
questo mio sconfinato esilio.

***

Luce lasciata e tersa
dei primi giorni di dicembre,
misericordia del vento sul
tuo viso gentile, tagliato dal freddo.

È il riverbero ostinato del vuoto,
è un peso greve sul cuore;
neve che accende e poi placa
l’inciampo della sera.

Andare in pezzi, fiorire un mattino.

***

È il cadere atroce della bellezza
tra la fame e il rantolo della ragione
non è muta la polvere

questo silenzio tra i nostri corpi,
l’inganno fragile delle mani.

****

Giorni si perdono nello spazio
sacro del ricordo, i nostri
volti illesi, trattenuti al pianto.

Guardo la neve cadere:
resta la cenere sul lavandino,
l’impronta confusa delle tue mani.

Splende di un disperato
splendore la vita. Continua a leggere

Jean-Luc Nancy, “Hymne stomique”

NOTA DI LUIGIA SORRENTINO

Lunedi 23 agosto 2021 la notizia della morte a Strasburgo a 81 anni di Jean-Luc Nancy, il grande filosofo francese discepolo di Jacques Derrida.

Jean-Luc Nancy  ha scritto opere indimenticabili tradotte In molti paesi del mondo.
Tra i suoi libri pubblicati in Italia, Essere singolare plurale, (Einaudi, 2001); La creazione del mondo (Einaudi, 2003); i due volumi di Decostruzione del cristianesimo (Cronopio, 2007-2012), Sull’amore (Bollati Boringhieri, 2009); Politica e essere con. Saggi, conferenze, conversazioni (Mimesis, 2013); Prendere la parola (Moretti&Vitali, 2013) e Noli me tangere (Centro ediotoriale Dedhoniano, 2015).

Con Nancy, uno dei maggiori protagonisti della discussione filosofica contemporanea, avevamo cominciato a scriverci con una certa regolarità da febbraio 2020, fino all’ aprile di quest’anno, e cioè da quando, in piena pandemia, avevo dato vita, sul blog, al progetto Catena Umana/Human Chain, un dialogo a più voci fra diverse discipline umanistiche nel tempo del Coronavirus. A prendere  la parola sulla “crisi globale” innescata dal Covid 19, il 29 maggio 2020, era stato proprio Jean-Luc Nancy, con un’intervista a me rilasciata pochi giorni prima.

Quest’anno, in una fredda mattina di gennaio,  Nancy mi inviò  per email un suo testo inedito scritto a dicembre 2020,  Hymne Stomique, che qui pubblico integralmente per la prima volta e in lingua originale.

E’ un testo di rara bellezza. Custodisce un mistero che ognuno potrà fare suo.

Unica indicazione per lettore che vorrà cimentarsi nella traduzione nei commenti del blog: la parola “stoma” deriva dal greco e significa “bocca”, qui da intendersi come “figlia del respiro“. La bocca per Nancy è il luogo dell’accadere, è l’esperienza del toccare, del toccarsi, è la nudità del mondo che non ha origine né fine.

 

HYMNE STOMIQUE

Jean-Luc Nancy, décembre 2020

 

Chant premier

Fille du Souffle et de la Chère,
père exhalé, mère absorbée
en toi par toi dans ta trouée
comme le veut l’ordre des choses
mâle aspiré dans les nuées,
femelle sucée avalée,

toi passage dedans dehors
en haut en bas et leurs mêlées,
leur brassage leur masticage
– Mastax fut de ta parenté –
toi la mêleuse la brouilleuse
souveraine des amalgames
amal al-djam’a al-modjam’a
ou malagma du malaxer
toujours l’un qui dans l’autre passe
en transmutation d’alchymie

toi la parleuse la mangeuse
la discoureuse la buveuse
la clameuse la dévoreuse

salut, Stoma commissures humides
rejointes disjointes
viande en logos, mythos en bave

salut, toi seule véritable
seule réelle dialectique !  Continua a leggere

Fabio Jermini, “Singolarità”

Fabio Jermini

 

Il pozzo delle anime

 

 

¿Dove vanno la donna
che tiene per mano un bambino
l’uomo seduto su un assale, quel tale che calca
con passo sicuro le tavole di un ponte sospeso?

Sagome d’avorio stagliate contro l’azzurrino.

¿Eroi di quali storie
miti, leggende, celtiche saghe?
¿Quali i moniti o gli ordini? ¿I fatali divieti?

È un complesso ipogeo
tra gneiss, argilla e ghiaia
un tempo una grotta – poi stanze spettrali
impilate, simmetriche (¿un tempio, un sepolcro?)

Sulla soglia, due are, una trave
una stele bislunga
con messaggi cifrati:

†La prima ½ h è gratuita
da 1 h, 1 fr. ogni ½ h fino a 3 h†

†È severamente vietato (?) fumare†

 

 

Alienazione

 

 

Brillano d’ambra le piramidi
nel deserto di tegole
mentre imbruniscono
pedoni schierati, i comignoli
(non ittiti, assiri, persiani
ma isole, cunei, catene)
… e qui si acutizza l’arrocco
la distrazione, la devianza… l’agguato
l’agguato è nei tonfi monotoni
e nei trilli, quando scintillano
le linee di contatto
nel quotidiano moto immobile
della coorte che s’ingorga.

Piovra dai tentacoli elettrici
da Étoile a Sismondi, da Maisonnex a Rive
la vera noia è stare alcione in alpe, uncicato
all’orizzonte degli eventi…

È venerdì. Pont-d’Arve gorgoglia
di clacson, di gavazze e di bestemmie
e dietro le persiane
– schermo di segrete lussurie –
qualcuno
si masturba
su Pornhub. Continua a leggere

Il grande poeta siriano, Adonis

Adonis

Adonis

Oggi ho la mia lingua

Ho distrutto il mio regno
ho distrutto il mio trono, le mie piazze e i miei portici
e con la forza dei polmoni ho iniziato
a insegnare al mare le mie piogge, regalargli
il mio fuoco e le mie braci
a scrivere il tempo che verrà sulle mie labbra.

Oggi ho la mia lingua
ho le mie frontiere, la mia terra, il mio aspetto
ho popoli che mi nutrono con la loro incertezza
e si illuminano con le mie rovine e le mie ali.

I canti di Mihyar il Damasceno (Mondadori, 2017), trad. it. Fawzi Al Delmi Continua a leggere

La poesia e il disegno di Dagnino

Massimo Dagnino

I MIEI GATTI VI OSSERVANO
di 
Massimo Dagnino

(2019)

      La pioggia abbassa la terra
nel giardino fiori lambiscono l’ombra
immaginaria del suo corpo. Guarda piovere
dal suo sguardo domestico fino a diffidare
del sonno. Potrei rilasciarmi,
come i gatti,
sui cornicioni, a spingermi nel loro inumano
onirismo.
Nel temporale erano cresciute
le zucche, sul tumulo di terra. Il rovescio anticipa
l’inconcludente e alberi alti
asciugano la notte, a voragine
il vigneto colmo declina
nell’incuria della voce: anfiteatro popolato
da gatti alleati, non si lascia tradurre
l’epigrafe irregolare, scivola
in raucedine la strada.

***

Passo del Turchino

l’afa si fa stasi
le viscere gonfiano corpi e fiori
di passiflora deposti (disposti)
dalla madre non arriva
nel sogno il buio tra il fogliame
cronologico l’abitato si estingue.
Fisso il cerchio rosso del segnale
nell’affondo di colline, quel rosso lanciato
a torpedine in collisione.

La casa limitrofa a emanazione
del buio, senza controllo la crescita
asfittica di ortensie tra volti inattuali
commisurato al parlare
un vacuo temporale figura animali
nei lampi a vuoto
un treno fermo, distanziato nei giorni
nello squarcio di vigne – scartati dal tempo –
i miei gatti vi osservano

Ma la segnaletica sbarra la struttura del buio.

Svelta accorcia le scale per infiltrarsi
nel disordine del frutteto, compulsiva non smette
di lavarsi il manto mordicchiandosi da pulci
fastidiose: spia
i cani aguzzando
le orecchie e a inarcarsi nel sonno
nell’ala d’ombra ignara della specie
di piante dove dormire fino al richiamo del nome.
Mastica dove ha più denti
Incisivi, isola la carne e io mi vedo
Nascosto al suo pasto
Notturno, presto reattiva alla pioggia
Ipnotica nel soffio felino
Estingue legami.

28 giugno 2019

***

L’immagine ritorna mentre sparisce
fra piante e la villa in mattoni, si orienta nel suo
territorio fatto di scale, terrazzi, alberi
letti, cartoni su cui rinvigorire
le unghie: si annuncia quando arriva a mangiare.
Ma ora l’insieme si trasla
le zampe sporche, ringhia infastidita
nel nervosismo della coda: ti fissa
mentre le gratti il collo riportandomi
trasfigurato alla mia specie.

Spaventata si avvolge nel suo sonno.
A sollevarla nell’aria mostra una strana gioia
nel labbro leporino, inaspettata
della nuova latitudine.

***

Arriva dallo scollamento del buio, riconosco
la sua andatura indifferente.

La lascio stare
mentre si addormenta seguendo
il profilo curvo della collina.

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