«NOOSFERA – MUSEUM»

ilaria_scarpa_latinidi Graziano Graziani

Fotografie di Ilaria Scarpa

Terza tappa per il progetto «Noosfera» di Fortebraccio Teatro, la formazione composta da Roberto Latini, Gianluca Misiti e Max Mugnai, che proprio in questo formato trova la sua espressione più distillata, ovvero nella cifra dei monologhi di Latini – uno dei migliori attori della nostra scena – che restano tuttavia “quadri viventi” costruiti a tre sguardi.

«Museum» è il quadro più allucinato dei tre, e forse quello che mette in scena il paesaggio più desolato. Parlo di “paesaggio” perché l’ambizione di Noosfera sembrerebbe essere quella di tracciare un panorama della condizione umana odierna, dove pure quando i riferimenti sono legati alla letteratura, al cinema, ai classici del teatro, è facile leggere in controluce l’Italia di oggi e la sua geografia di macerie umane e morali. Se «Lucignolo» è un chiaro riferimento al paese dei balocchi, un orizzonte di disimpegno che luccica ma nasconde un destino di schiavitù, «Titanic» porta con sé la metafora del viaggio verso il nulla dove ancora e nonostante tutto si continua a ballare. Il punto di contatto tra i due è la voglia di fuga, quella radicale in Lucignolo – che è forse la sua pulsione più positiva – e la direzione del Titanic verso un’America ipotetica e irraggiungibile. Continua a leggere

Giovanni Agnoloni, “Partita di anime”

 

partita-di-anime-di-giovanni-agnoloni-0Nota di Marino Magliani

Non sapevo cosa significasse spin-off – tanto bene non l’ho capito ancora adesso -, ma durante una presentazione di Partita di anime (Galaad, 2014) [LINK: http://www.galaadedizioni.com/partita-di-anime/], alla libreria Bonardi di Amsterdam mi hanno insegnato che spin-off significa “costola di“… E, nel nostro caso, Partita di anime lo è di Sentieri di notte (Galaad, 2012) (LINK: http://www.galaadedizioni.com/sentieri-di-notte/].

Il libro è composto da due racconti, ambientati in due luoghi diversi, ma le cui atmosfere sembrano nascere dalla stessa sorgente. Una specie di introduzione fa da cerniera e lega le due storie. Un’altra cosa, che avverrà in un futuro neanche troppo lontano, lega a sua volta i racconti: la fine del sistema, ossia la fine dell’era internet. Continua a leggere

Gandolfo Cascio, su “Olimpia”

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Il compito del poeta è quello di darci la mano
di Gandolfo Cascio

Ολυμπία è la città che organzizzava e dove si svolgevano i giochi olimpici. Olimpia era, però, anche sede di templi e teatri, fatto che testimonia che fu anche luogo di culto e di una certa importanza culturale. Il locus è, cioè, allo stesso tempo un luogo chiuso, conclusus, ma anche aperto ad accogliere chi arriva da fuori – purché con uno scopo bene preciso –. Certo che Luigia Sorrentino è consapevole di questa realtà e pare che vi si sia avvicinata con determinazione e senza insolenza. Già da una prima lettura si nota come l’approccio sia cauto e rappresentato in forma di ‘progresso’, dell’avanzamento verso, e attraverso, degli spazi reali: ‘L’antro’; ‘L’atrio’; ‘Il giardino’; ‘Il lago’. Questi luoghi si attraversano in modo, diciamo, orizzontale, per poi superarne i confini per poi scendere (‘La discendenza’). Continua a leggere

Alessandra Frison, “Le ore della dispersione”

 

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Letture

Nota di Tommaso Di Dio

Un fermo resoconto della vita, di una vita a bassa voce è quello che ci propone il libro di esordio di Alessandra Frison. Nelle sue due ante – Gli assaggi generali e Le ore della dispersione – si raccoglie quanto questa giovane poetessa ha scritto nei suoi primi anni di maturità; ne possiamo saggiare l’avanzamento, la progressione, l’approfondimento in una scrittura che davvero poco lascia all’impensato e nulla concede a chi cerchi nella poesia un ozioso leggere. Di tempo c’è n’è poco; e la scrittura della Frison chiede che il lettore si situi nella parola al punto nevralgico dell’esistenza: ciò che vive è ciò che muore. Sensim sine sensu, gradatamente e senza che ce ne avvediamo, siamo tutti immersi in un alone di dissipamento costante, rallentato; una dilapidazione minima e continua si inscena dietro le quinte di ogni nostra azione, di ogni nostro credere, di ogni nostro sentire. Come il calore dai corpi, le ore del giorno ci lasciano attraverso un procedere sinuoso, di cui noi siamo spettatori a volte protagonisti, a volte lasciati ai margini delle nostre stesse azioni: siamo “la più incerta finestra sul mondo”, oppure “un lascito magro alla curva di un bancone”. Continua a leggere

Francesco Iannone, “Poesie della fame e della sete”

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Letture

Nota di Loretto Rafanelli

Francesco Iannone è un giovane poeta salernitano (del 1985) e Poesie della fame e della sete (Giuliano Ladolfi Editore, pag. 70, 10 euro) è la sua opera d’esordio. Diciamo subito che inizia bene il suo percorso poetico, sostenuto anche da una preziosa introduzione di un poeta e critico di peso come Giancarlo Pontiggia, il quale mette in rilievo la maturità espressiva dell’autore, che alterna “gioia e ansia, letizia e sofferenza” e richiama a un certo francescanesimo. Ed è tangibile questo ricorso, si vede in varie poesie, in particolare in ‘Preghiera dell’uomo semplice’: “Gesù mio fa’ in modo/ che dalla pioggia si salvino gli ulivi/ che il vento si plachi e più non faccia/ male agli aranci…/ Che quell’uccello via se ne voli/ e quel vecchio senza casa e ombrello dimori…”. Continua a leggere