Addio a Jacqueline Risset

 

rissetSe n’è andata a settantotto anni, la scrittrice e poetessa Jacqueline Risset. Pur essendo di origine francese, la Risset viveva a Roma e insegnava all’Università Roma Tre. Il suo nome è legato in particolare al progetto di una traduzione in francese della Divina Commedia (1985 – 1990), e a Dante aveva dedicato alcuni tra i suoi saggi più apprezzati: Dante scrittore (1984), Dante. Una vita (1985).

Era nata in Francia, a Besançon. Ha attraversato l’esperienza delle avanguardie e dell’impegno culturale,  accostandosi, in Italia, al Gruppo 63.

Tra le sue opere di poesia: Amor di lontano, 1993; Les instants, 2000; Il tempo dell’istante 2011.

Alberto Casadei, “Letteratura e controvalori”

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 «Abbiamo ormai introiettato una lunga serie di analisi allarmate o catastrofiche sullo stato attuale e sui destini di quel settore della cultura umana che da circa cinque secoli siamo abituati a chiamare letteratura. Va ribadito invece che proprio in questa fase la letteratura, se tornerà a essere la più potente forma di condensazione di immaginari cognitivi e linguistici, potrà diventare un nuovo laboratorio di ipotesi, utopie, mondi possibili».

Alberto Casadei, Letteratura e controvalori” Critica e scritture nell’era del web, Donzelli Editore, Collana Saggine, 2014, € 19,50.

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Massimiliano Mandorlo, “Luce evento”

Cover Luce evento[1]Nota di Massimiliano Mandorlo

“Credo che la poesia, come ho avuto modo di imparare da alcuni grandi maestri come Ungaretti, Luzi, o un poeta così ‘terrestre’ e ‘metafisico’ come Zanzotto, sia “un’ondata che ti scavalca” (cito Zanzotto da una mia intervista poi pubblicata su “Clandestino”). Al di fuori di ogni possibile discorso intellettualistico o teoria sulla poesia, credo che la poesia risieda in questa sproporzione cantata attraverso la lingua, in un’epica del quotidiano e una capacità di ‘visione’ che possa corrispondere ad una piena intelligenza della realtà (intus-legere). Sono attratto da quei poeti in cui questa sfida diventa tensione anche a livello linguistico, e la parola si fa crocevia per questo ‘appassionato inseguimento del Reale’, come afferma Milosz in La testimonianza della poesia. Tra i nomi che ho incontrato su questa strada, citerei Dante, Michelangelo, Rimbaud, Ungaretti, Luzi, Caproni, Zanzotto, il polacco Herbert e, per quanto riguarda la poesia contemporanea, Rondoni, De Angelis, Lauretano, Benedetti, e l’esperienza straordinaria di un poeta come Franco Loi.” Continua a leggere

“Poeti da riscoprire”, Arturo Onofri

 

arturo_onofriProgetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni con la collaborazione di Luigia Sorrentino

L’anomalia poetica di Arturo Onofri

di Tiziano Salari

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Arturo Onofri (1885-1928) esordisce con un primo volume di versi “Liriche” (1903-1906) dalla tonalità dannunziana, ma esprimendo da subito il senso di un’ascesi, che deve ancora chiarire a se stessa il proprio metodo e le proprie ragioni.

O Vita, o Vita! O sforzo recente/delle imperfette materie/che anelano a perfezioni supreme;/essenziale magnifico Segno/d’altre più antiche ed in numeri composizioni/delle potenze del Cosmo/ per ordine immenso di secoli-/ oggi che il Delfico Nume,/ Apolline auricrinito,/ saettatore di tutte le brame/ degli uomini, aedo del Mondo,/ disse al mio Sogno:”Fa cuore,/ oggi io ti vo’ celebrare,/miracolo grande dell’Essere.

L’ispirazione è paganeggiante, sulle tracce della Laus vitae di D’Annunzio con cui si apre Maia,ma lo spirito è già antitetico. In D’Annunzio manca qualsiasi anelito a trascendere le imperfette materie della vita, ma è:proiettato orizzontalmente ad afferrare la vita nelle sue manifestazioni più istintuali e nella diversità delle creature: lo slancio di Onofri è fin dalle origini verticale. Continua a leggere

Gandolfo Cascio, su “Olimpia”

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Il compito del poeta è quello di darci la mano
di Gandolfo Cascio

Ολυμπία è la città che organzizzava e dove si svolgevano i giochi olimpici. Olimpia era, però, anche sede di templi e teatri, fatto che testimonia che fu anche luogo di culto e di una certa importanza culturale. Il locus è, cioè, allo stesso tempo un luogo chiuso, conclusus, ma anche aperto ad accogliere chi arriva da fuori – purché con uno scopo bene preciso –. Certo che Luigia Sorrentino è consapevole di questa realtà e pare che vi si sia avvicinata con determinazione e senza insolenza. Già da una prima lettura si nota come l’approccio sia cauto e rappresentato in forma di ‘progresso’, dell’avanzamento verso, e attraverso, degli spazi reali: ‘L’antro’; ‘L’atrio’; ‘Il giardino’; ‘Il lago’. Questi luoghi si attraversano in modo, diciamo, orizzontale, per poi superarne i confini per poi scendere (‘La discendenza’). Continua a leggere