Angelo Lumelli, “Bianco è l’istante”

Angelo Lumelli

L’osservatore di segni deve essere veloce.
Un buon allenamento è giocare a flipper; fin che la pallina gira è un buon segno, accompagnato da suoni e lucine.
Molti santi filosofi l’hanno capita per tempo, allungando il gioco oltre ogni termine.
Ogni tanto qualcuno, sventurato, prende di mira un segno, per venirne a capo.
In quell’istante il gioco si ferma.
Il segno che è stato preso di mira si volta con aria calma e interrogativa, al punto che l’osservatore comincia a guardare se stesso, a cominciare dalla punta delle scarpe.
Un segno fermo è una sentenza. Continua a leggere

OLIMPIA, Dal grembo alla Torre

di Elio Grasso

I “libri della vita” hanno limiti soltanto davanti. Indietro, l’orizzonte cambia per sempre. E la poesia da lì in poi potrebbe farsi sempre più libera. Non si tratta di tempo, ma di spazio in cui bisogna difendersi e tirare alla svolta. Olimpia ha già le sue leggi, trovate in quelle radici che Luigia Sorrentino ha riunito una volta per tutte. De Angelis, nella prefazione, lo conferma puntandosi sul “tema della salvezza”. Anche se lui stesso intuisce che non si tratta di uno scioglimento completo. La pressione mondiale, quando ha a che fare con la vita, non dà per sempre un polo certo. La materia ha salti imprevisti: invadono la lingua del poeta, rinfacciano il dissidio originale, corrugano la poesia fino a che non si comprende che occorre ancora una volta affrontare il “mostro iniziale” (così Montale definiva il big bang della poesia). Ma all’approdo questo libro affida le diverse stazioni dell’umano femminile, dalla giovinetta che annaspa nel vuoto di “milioni di notti” alla visione finale delle città del mondo circondate da sabbie monti e boschi. La dichiarazione di essere “finalmente comprensibile” è come l’originale singolarità da cui tutto inizia. La parola fa debuttare l’antropologia di quanto definiamo vita, comprendendo occhi e bocca e corpo intero. Da lì alle mura, vicine al cielo, il salto è breve. Tutta la prima sezione si attesta sull’abitare quel che improvvisamente esiste: pareti risuonanti, incarnazioni, grembo meraviglioso cui esser grati. Controllo e abbandono rilanciano la natura stessa della poesia come fluttuazione e canto. Nel mezzo la giovinetta schiude tutto lo stupore che l’accresce, dentro la prima lezione di realtà. Continua a leggere

Nietzsche, “Also sprach Zarathustra”

di Lorenzo Chiuchiù

OLTREUOMO

Chi è l’ Übermensch di Nietzsche? Non è un potenziamento delle facoltà o delle capacità dell’umano: in luogo di «superuomo» sarebbe dunque da accogliere l’intuizione di Gianni Vattimo che, ne Il soggetto e la maschera, traduce Übermensch con oltreuomo.
L’uomo, scrive Nietzsche in Al di là del bene e del male, è «non ancora stabilmente determinato». Il filosofo rigetta le due antropologie alla base della tradizione filosofica e teologica occidentale: l’essenza dell’uomo non è decisa né dalla natura né da Dio. L’essenza dell’uomo non è cioè fondata sulla razionalità, sul pensiero e sul linguaggio propri e distintivi dello zoon logon echon, dell’«animale razionale» nella Politica di Aristotele.  Ma l’uomo non è nemmeno l’Adam della Genesi, nato dal respiro divino (in ebraico ruah) che anima la terra (adamah). L’uomo non è  «a immagine e somiglianza» (Genesi, I, 26) del creatore. L’uomo è per Nietzsche, un animale non stabilizzato, un «animale profondo», come rileva Giorgio Colli in Dopo Nietzsche. E proprio l’inquietudine circa la sua propria essenza lo rende un essere pericoloso. Nietzsche sembra far propria una sentenza di Sofocle in Antigone: «non esiste nulla di più inquietante dell’uomo». Continua a leggere

Il poeta Umberto Piersanti incontra la poesia di Luigia Sorrentino (con un intervento critico di Sauro Damiani)

poesiafestival 13.Lezione magistrale Umberto Piersanti photo © Serena Campanini-Elisabetta Baracchi

poesiafestival 13.Lezione magistrale Umberto Piersanti
photo © Serena Campanini-Elisabetta Baracchi

Il 22 gennaio 2017  si terrà il terzo appuntamento alla Biblioteca “S. Zavatti” di Civitanova Marche alle 16.45:  Umberto Piersanti, uno dei poeti più importanti nel panorama nazionale, incontra Luigia Sorrentino che parlerà delle sue ultime opere di poesia, Olimpia (Interlinea, 2013; Recours au Poéme Editeur, 2015, (traduzione in francese di Angèle Paoli)  Inizio e Fine (Edizioni de La collana Stampa 2009, 2016) collezione di poesia diretta da Maurizio Cucchi e Figure de l’eau/Figura dell’acqua, su inchiostri e acquerelli di Caroline François-Rubino, traduzione in francese di Angèle Paoli. Il libro uscirà in primavera con le edizioni Al-Manar di Alain Gorius (Paris, 2017) e sarà presentato alla 35 esima Marché de la Poésie che si terrà da mercoledì 7 a domenica 11 giugno (place Saint-Sulpice – Paris 6e).

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Luigia Sorrentino e il gatto Ciccio (Photo Credits/Fabrizio Fantoni)

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Cinquanta foglie. Tanka giapponesi e italiani in dialogo

Tavola di Hirose

Tavola di Satoshi Hirose

Il tanka è una forma lirica giapponese molto antica, addirittura precedente il celebre haiku di tre versi; il suo ruolo-chiave nella storia della poesia nipponica comincia nell’ottavo secolo d.C. (allora si chiamava waka) e si protrae fino ai nostri giorni. La struttura metrica del tanka è di cinque versi privi di rime e così divisi: quinario / settenario / quinario / settenario / settenario. Nel periodo classico della storia giapponese, l’epoca Heian, il tanka era spesso usato come veicolo di messaggi amorosi o di scambi di pensieri tra amici: a un tanka inviato, spesso scritto su un biglietto speciale, appoggiato a un ventaglio o legato a un ramo fiorito, rispondeva un tanka di ritorno.

Ispirandosi a quell’antico cerimoniale Paolo Lagazzi ha scelto venticinque tanka giapponesi recenti e li ha proposti in traduzione italiana, uno per ciascuno, a venticinque poeti italiani invitandoli a rispondere con un loro tanka. A loro volta i tanka italiani sono stati tradotti in giapponese, in modo che tutti i testi possano essere letti sia in Giappone che in Italia. Continua a leggere