E’ scomparsa sabato 18 maggio 2019 a 89 anni, la poetessa Gabriella Leto. Nata a Roma nel 1930 Gabriella Leto ha esordito nel 1975 sull’«Almanacco dello Specchio» Mondadori. Nel 1980 aveva preso parte all’antologia einaudiana Nuovi poeti italiani I. Dieci anni dopo, ancora da Einaudi, il suo primo libro: Nostalgia dell’acqua (Premio Viareggio 1991) al quale ha fatto seguito con la stessa casa editrice nel 1997, L’ora insonne. Nel 2003 ha pubblicato, sempre per Einaudi, Aria alle stanze.
Gabriella Leto è stata anche traduttrice di poeti latini. Con Einaudi ha pubblicato le Elegie di Properzio (1970), Le Eroidi (1966) e Gli Amori (1995) di Ovidio.
Qui dove all’improvviso
si interrompe il sentiero
per oscuro divieto
non più non mai reciso
langue in nudo pallore
il fiore del narciso
chiuso nel suo segreto
di voluttà e colore.
Una volta c’era uno scopo,
ho sentito dire: c’era un Dio.
Rendeva tutto un po’ meno indegno
e ci forniva il perché
che tutti cercavamo.
Verità indiscutibile.
Un motivo per essere buoni e giusti,
un motivo per il cappio
che mandava il peccatore a quel paese
e ci faceva sentire tutti meglio
nella consapevolezza che i giusti
sarebbero stati giusti per sempre.
Una volta c’era la religione e comandava.
Ce la passavamo male.
La sera ci addormentavamo nella delusione
questo era Questo e quello era Quello.
E se mai vacillava la nostra morale nella nebbia
non dovevamo far altro che consultare la Bibbia.
Ma col tempo ne abbiamo sofferto la pressione;
il grande oppressore era la religione.
E senza Dio le guerre ci sembravano più crudeli,
la vita più squallida. L’arte sembrava una sciocchezza.
La morte ora era più strana che mai.
A che serviva l’umanità? Che terrore
ci invadeva quando capivamo
che non c’era scopo, che non c’era piano?
Si viveva solo per un giorno.
Lavorare. Mangiare. Dormire. Scopare. Crepare.
Senza il timore di una punizione
scoprimmo il piacere senza sensi di colpa,
ma perdemmo il sentimento comune
che ci aveva tenuti tutti insieme.
Avevamo bisogno di un nuovo ingrediente
che riempisse il vuoto crescente;
e quale nuova fede migliore
della Libertà senza-più-limiti?
La gioia di essere quello che siamo
in virtù dei vestiti che acquistiamo.
Il sogno di arricchirci abbastanza
da vivere una vita fuori dal comune.
E ora non c’è uno scopo
che vada oltre i nostri bisogni.
Ora si venera soltanto
ciò che è comodo e veloce.
Corriamo in tondo
dove la grazia sfida l’avidità.
Tutto quel che abbiamo va al di là
della necessità che nutriamo
i nostri viziatissimi monelli
nel modo migliore che possiamo.
E poi ci meravigliamo che da grandi
conoscono solo quel che si trovano in mano.
Ora abbiamo lo Schermo
che comanda tutto.
I nostri figli perma-connessi alle sue promesse,
in ammirazione costante delle sue gemme.
E le coppie consumano i pasti
al chiarore dei suoi raggi,
lo fissiamo fino a imparare
come va il mondo.
Pre-adolescenti apprendono il batticuore.
Il batticuore s’ingozza di maiale piccante e sport.
La realtà messa in scena per essere compianta o irrisa –
ecco finalmente la mortalità! Vederci ripresi
a colori in alta definizione.
Guarda – uno storpio a un appuntamento al buio.
Guarda – giovani che fottono a Magaluf,
guarda – la madre di un figlio morto che piange e impreca,
guarda – una celebrità che mangia merda e canta Agadoo.
Una volta bruciavamo le donne che soffrivano di epilessia.
Le legavamo a un palo e le accusavamo di stregoneria.
Adesso
le mostriamo sullo schermo se hanno belle tette,
ma poi se si lasciano andare le facciamo a pezzi.
Tracciamo cerchi rossi attorno alle smagliature.
E scorriamo le immagini mangiando patatine fritte.
Si può essere una fata, una stronza o una matta,
oppure elegante, una bestia o una coatta.
Prima
si era condannati per le cose fatte,
oppure se non si viveva come il resto del villaggio.
Adesso
ci danno uno stampo e ci dicono – infilati qui dentro.
Vedrai che forse un giorno sarai famoso.
Riprese dietro le quinte
di un famoso ultimo concerto.
Dettaglio ravvicinato
dell’ultimo spasimo della cantante.
Prima che tiri fuori la pistola
e si faccia saltare le cervella.
Il mondo è il tuo parco giochi,
va’ e divertiti da matto;
basta che non sei povero,
malato o brutto.
Ci hai colto di sorpresa
come i migliori trucchi.
Una volta avevamo paura;
adesso abbiamo la cura.
(Traduzione dall’inglese di Riccardo Duranti)
La poesia di Kate Tempest Progresso, è tratta da Hold Your Own/ Resta te stessa, Edizioni E/O, 2018 con testo inglese a fronte. Traduzione di Riccardo Duranti.
Qui sotto il video live di Kate Tempest nell’interpretazione di Progress.
Le vetrine delle principali librerie di Varsavia e di Cracovia sono invase da un libro non di poesia ma che possiamo tranquillamente definire“poetico”, stiamo parlando di “Jacyś złośliwi bogowie zakpili z nas okrutnie: Korespondencja 1955-1996”, (traducibile con “Alcuni dei malvagi ci hanno disprezzato crudelmente: Corrispondenza 1955-1996”). Wisława Szymborska e Zbigniew Herbert sono stati due grandi poeti, due grandi amici e forse qualcosa in più, come viene svelato in questo epistolario appena pubblicato in Polonia, ma lo vedremo mai pubblicato in Italia?
Le loro missive sono cordiali e intime, ma non è di un improbabile pettegolezzo che vogliamo parlare oggi. Dalle loro lettere possiamo invece ammirare la padronanza del linguaggio che si sviluppa in domande e risposte concise, piene di umorismo. Questo volume “Jacyś złośliwi bogowie zakpili z nas okrutnie”, come già accennato, contiene le lettere di entrambi, ma non solo. Ci sono anche gli immancabili collage della Szymborska e alcuni interessanti disegni di Zbigniew Herbert. Continua a leggere
In occasione dell’inizio delle celebrazioni in Polonia dell’Insurrezione di Varsavia del 1944, pubblichiamo 12 poesie di Anna Świrszczyńska: le prime 6 sono legate all’esperienza di guerra della poetessa, le altre fanno parte del filone femminista della sua produzione poetica. Le traduzioni sono di Claudia Caselli e Marcin Wyrembelski.
L’insurrezione di Varsavia fu una lotta eroica che si concluse tragicamente. Durò 63 giorni (da agosto a ottobre del 1944) ebbe inizio il primo giorno di agosto per iniziativa dell’esercito nazionale polacco, un’organizzazione polacca della Resistenza clandestina. Prima che l’esercito sovietico raggiungesse Varsavia, i russi si erano fermati alle porte della città e non intendevano intervenire in difesa di Varsavia, alle forze armate nazionali clandestine dell’Armia Krajowa si unirono molti giovani attivisti e volontari nel tentativo di aiutare i soldati a liberare Varsavia dall’occupazione tedesca/hitleriana. Anna Świrszczyńska partecipò all’insurrezione lavorando come infermiera, un’esperienza che la segnò profondamente, come donna e come poetessa.
Agnieszka Osiecka fu poetessa, regista e giornalista, ma fu anche una delle protagoniste assolute della storia del suo Paese, la Polonia, contribuendo a ridisegnare la società polacca culturale, e non solo, del secolo scorso. In altre parole Agnieszka Osiecka è musica e poesia per l’orecchio polacco e meriterebbe maggiore attenzione nel resto del mondo. Senza trascurare che la sua vita si è interconnessa e ha influenzato Andrzej Wajda, Roman Polanski e Marek Hłasko. Continua a leggere