Jean-Luc Nancy, “Il virus ha aumentato il divario sociale”

INTERVISTA A JEAN-LUC NANCY
DI LUIGIA SORRENTINO
(22 -28 maggio 2020)
Traduzione di Letizia Tesorini

Luigia Sorrentino. La pandemia da Covid-19 ha innescato una crisi globale che ha investito la popolazione di tutto il pianeta. I limiti e le restrizioni della libertà imposti dai governi in cui vige la democrazia sono stati avvertiti dalla popolazione come una minaccia dei diritti umani. Una necessità per contenere la pandemia confinare  la libertà individuale e collettiva che ha reso i cittadini più responsabili?

Jean-Luc Nancy. In realtà non è la limitazione delle libertà individuali di movimento e di assembramento che costituisce una minaccia per i diritti e per la dignità perché al contrario ha dato vita a molteplici iniziative per adattarci a queste misure, per riproporre invenzioni per circoscrivere o superare gli effetti di queste misure, per cercare anche di liberarcene – tanto in modo prudente, consentendo comunque di aiutare gli altri, quanto in modo imprudente per il semplice piacere di trasgredire. In ogni caso, c’è stata una maggiore presa di coscienza delle nostre interdipendenze. La nostra realtà comune è diventata più sensibile e allo stesso tempo è aumentato il divario sociale sulla base delle proprie condizioni abitative, lavorative, ma anche in termini di accesso alla sanità, all’istruzione e all’informazione. Andando più in profondità, si può pensare a un grande interrogativo sulla natura stessa della nostra esistenza comune,  che nasce non a causa del virus, ma dei suoi effetti. Forse questo interrogativo era già lì, meno immediato ma già sensibile. Oggi abbiamo una maggiore sensibilità.

Luigia Sorrentino. Lei non ha timore che con la scusa di contenere la pandemia possano  generarsi dei regimi totalitari? Intendo dire, secondo lei l’umano non rischia di perdere il diritto all’autodeterminazione della libertà?

Jean-Luc Nancy. E’ un timore plausibile, sebbene i regimi autoritari attualmente esistenti non costituiscono esempi particolarmente convincenti. Infatti non siamo abbastanza informati su ciò che accade realmente in alcuni paesi. Detto questo la seduzione della rappresentazione di un potere forte da una parte e la tutela di una nazione o di un popolo dall’altra agiscono o possono agire in questa direzione. Tuttavia, le interdipendenze e le interconnessioni mondiali – tra queste anche quelle europee – sono così forti che è impossibile non prenderle in considerazione. Il problema di fondo, però è altrove, sicuramente: non sappiamo più cosa significhi “potere”. La potenza tecno-economica ha reso il potere politico o simbolico (compreso quello religioso) uno strumento al proprio servizio. Sarà necessario reinventarsi qualcosa….

Luigia Sorrentino. Si è parlato di “immunità di gregge” per proteggere la popolazione mondiale dalla pandemia, anche se occorrerà almeno un anno per sperimentare il vaccino contro il covid-19. Questo meccanismo non può generare cittadini di serie A “gli immuni” e cittadini di serie B, “i non immuni”? Intendo dire, non c’è il rischio che si generino discriminazioni ad esempio fra persone più giovani e persone meno giovani? Continua a leggere

L’ordine del mondo



Nel tempo del coronavirus
di Luigia Sorrentino

 

 

La pandemia da coronavirus della quale si è cominciato a parlare in Italia dal 22 febbraio 2020 è l’epidemia mondiale chiamata COVID-19 e provocata dal virus SARS-CoV-2.

Di questo virus noi, persone comuni, sappiamo davvero ben poco.
Ci hanno detto che si era diffuso già molti mesi prima nel mercato del pesce di Wuhan, in Cina, per poi propagarsi in Giappone, poi in Italia, e via via, velocemente in tutto il mondo, causando migliaia e poi milioni di morti.
Successivamente abbiamo saputo che il virus, manifestatosi con febbre alta, tosse, e con una strana polmonite interstiziale, circolava in Italia già dall’ ottobre 2019.

Il governo italiano colto alla sprovvista ha preso decisioni drastiche: nel tentativo di arginare l’emergenza sanitaria e la diffusione del virus ha costretto l’intera popolazione a restare in isolamento per mesi, fermando, di fatto, l’intero Paese.

La necessità di contenimento imposte dalla pandemia hanno sollevato numerose proteste sul piano geopolitico e ideologico, volte a rivendicare i diritti umani che sembravano essere stati messi in discussione. Anche se nella maggioranza dei casi, le reazioni più condivise sono state di accettazione eppure spesso alla base vi era un fondo di amarezza per quello che sembrava essere, oltre che una misura di tutela sanitaria, anche un attentato alla libertà individuale e collettiva. Continua a leggere

Il massacro delle madri in Afghanistan

Shukria Rezaei

COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO

Il 12 maggio scorso in Afghanistan all’ospedale di Kabul, c’è stato un orribile attentato terroristico. Uomini armati hanno fatto irruzione nel reparto maternità con lo scopo di uccidere madri e neonati.
La maggior parte delle donne prese di mira dai terroristi erano donne afgane sciite di etnia Hazara, la stessa della giovane poeta Shukria Rezaei. La famiglia di Shukria a lungo perseguitata dai Taleban in Afghanistan,  da sette anni si è rifugiata a Oxford, in Gran Bretagna.  Shukria  aveva dodici anni quando è stata costretta a lasciare il suo paese natale, ora ne ha ventuno e frequenta l’università.  Ha cominciato a scrivere poesie dopo aver frequentato a Oxford un laboratorio di scrittura creativa diretto dalla poeta Kate Clanchy.
Shukria ha scritto una poesia per non dimenticare la strage delle madri e dei neonati che si è consumata il 12 maggio 2020 in Afghanistan.

Grazie Shukria. Continua a leggere

Quante parole non ci sono più

Tributo a Mario Benedetti
di Luigia Sorrentino

«Povera umana gloria
quali parole abbiamo ancora per noi?»

da Umana gloria, MARIO BENEDETTI

 

E’ già passato un mese. Il 27 marzo 2020 è morto l’amico e poeta Mario Benedetti. Eravamo in piena epidemia,  chiusi nelle case, per difenderci dal nemico invisibile.

Subito dopo la notizia della scomparsa di Mario, su mia iniziativa, con la collaborazione di Fabrizio Fantoni, a partire dal 27 marzo 2020, abbiamo invitato diversi poeti famosi, giovani poeti e critici militanti, a inviare al blog, ricordi, testimonianze o articoli per rendere Tributo a Mario Benedetti.

La mia intenzione era quella di innescare una militanza poetica sulla figura e sulla poesia di Mario Benedetti poeta italiano, morto con il covid-19, in un tempo in cui tutto il pianeta si è fermato proprio a causa del diffondersi dell’epidemia.

L’auspicio, quindi,  era di fermare l’attenzione dei nostri lettori, pubblicando uno o due post al giorno per ricordare per 31 giorni (un mese)  la poesia di uno dei maggiori poeti del nostro tempo. Certo è che di lui non sentivamo più parlare dal settembre 2014, e cioè dal giorno in cui Mario fu colpito da arresto cardiaco con ipossia cerebrale che aveva compromesso, in gran parte, le sue capacità cognitive.

Mi è sembrato doveroso, pertanto,  offrire il  tributo  del blog poesia a un  importante poeta contemporaneo, uno dei migliori della sua generazione, noto e apprezzato da molti, fino a sei anni fa. Purtroppo  di Mario Benedetti non se ne parlava più da tempo.  Era caduto nel silenzio assordante dell’isolamento e della malattia.

Eppure Mario era vivo, ancor vivo, e amato dagli amici di sempre che non hanno mai smesso di fargli visita nella residenza di Piadena, vicino Cremona, nella quale Mario, in precarie condizioni di salute, era ricoverato e assistito.

Fra le tante persone che abbiamo invitato a scrivere di Mario, o su Mario, come detto prima, poeti noti, giovani poeti e critici militanti. Alcuni di essi conoscevano bene la poesia di Benedetti, altri meno, altri ancora, avevano letto solo qualche suo libro, molti non l’avevano mai incontrato di persona, o solo di sfuggita.

Comprendendo nell’elenco me stessa, sono 35 i poeti e i critici che hanno deciso di partecipare all’iniziativa, che si snoda, giorno dopo giorno, a partire dal 27 marzo, come un libro. Uno fra loro ha tenuto a precisare: “Commemorare la scomparsa di un poeta è più facile per chi lo ha conosciuto bene e di persona, mentre per valutarne l’opera non è detto che ciò sia necessariamente un vantaggio.” Continua a leggere

Mario Benedetti, fra un secolo e l’altro

di Elio Grasso

 

I.

Letture domenicali. Quando lusinghe stevensiane e privilegi d’autore strisciano sopra l’acqua del bagno caldo, raggiungono la punta del naso, compiacendone l’olfatto, e tutto è protetto dalle pareti domestiche, ostacolando il freddo novembrino. Un’altra lettura domenicale, sull’onda di un piccolo dono giunto dalla lontana Gorizia, che vorrei suggerire ai pochi felici lettori di “Poesia”: Una terra che non sembra vera. Agli altrettanto pochi dotati di buona memoria il nome di Mario Benedetti dovrebbe ricordare uno scritto su Padova, nella fortunata serie, ospitata qualche anno fa sulle stesse pagine della rivista, dedicata alle città dei poeti. Ricordo anche un’accesa recensione a I secoli della Primavera, precedente libro di questo autore schivo, timido, ma ben presente nelle nostre personali testimonianze poetiche. Una giuria composta, fra gli altri, da Silvio Ramat, Nico Naldini, Andrea Zanzotto, ha deciso di premiare questa piccola raccolta, facendola pubblicare da Campanotto. Credo, pur non conoscendo gli altri partecipanti al premio S. Vito al Tagliamento, che questa sia stata una decisione salutare, una di quelle decisioni che prendono il volo senza riserve. Così le poesie di Benedetti scendono da quei rami che egli sapientemente agita, lungo il corso dell’esperienza quotidiana e geografica (i percorsi sono quelli, vanno da Udine a Milano seguendo un’alta via di nevi e parole perenni), lungo le pieghe della terra che raggiungono le nostre case. Tempo e misura del tempo, misura dello spazio memoriale, tutto questo c’è senza che vengano costruiti rifugi trasognati. Mi sembra che il bisogno del padre, della donna, dei poeti, venga prima di tutto difeso dalle incombenze quotidiane, e poi condotto nell’alveare che contiene sì segreti, ma anche parole buone per la semina. Parole capaci di migrare con qualunque stagione. Le premonizioni del cuore si allargano nei versi di Benedetti in un modo che, di sicuro, non tengono lontano le prove tangibili del mondo: fiumi come i nostri, marine concrete e odorose, monti invalicabili e boschi attraversati da galatei famosi. Nella domenica delle nostre domeniche ci ritroviamo sui passi di Catine e Giovanni, di Esenin e Annina e Silvio, seguendo la traccia odorosa del sigaro di Vanni. Su altri terreni, baltici, ci sembra di vedere le scogliere leggendarie che l’occhio di questo poeta ha saputo trattenere, senza mezzi termini, senza facili genealogie o somiglianze. Quello che resta, appartiene ai nostri anni. Non è facile appartenervi, ma di sicuro dobbiamo insistere a studiarne principio e mutazione. Ecco, con un libro minuscolo come questo, tutto forse ci apparirà meno difficile e meno freddo.

(1997)

Continua a leggere