Emanuele Severino, “Fondamento della contraddizione”

Il principio di non contraddizione, che Aristotele chiamò il «principio più saldo di tutti», è considerato, fin dalle origini, il fondamento stesso del pensiero occidentale. Un passaggio obbligato che si presenta tuttavia come un’ardua strettoia, giacché se per Aristotele a quel primo principio è connessa «la necessità che sia sempre compiuto l’opposto dell’errare, cioè l’essere nella verità», anche l’essere nell’errore richiede un fondamento, e già Platone si sentiva «turbato» di fronte all’interrogazione su come sia possibile l’esistenza, in quanto tale, dell’«opinione falsa» – di quell’errore la cui essenza è proprio la contraddizione.
Sono temi ricorrenti in tutta l’opera di Severino. Mai però come in questo libro sono stati trattati in forma così estesa e compiuta: in particolare nell’importante saggio inedito che dà il titolo al volume, dove il filosofo muove dall’esame di uno dei tratti cruciali nonché dei meno indagati del pensiero di Aristotele, il quale «mostra come ci si debba liberare dal “turbamento” di Platone: negando l’esistenza della contraddizione e dell’errare. Un gesto, questa negazione, che è rimasto pressoché sconosciuto e che lo stesso Aristotele non ha esplorato. Ma che, soprattutto, non può avere l’ultima parola». Continua a leggere

Anime Baltiche Slave, Mickiewicz e Miłosz

Carnet di viaggio poetico

di Fabio Izzo

L’identità è la concezione che un individuo ha di se stesso nell’individuale e nella società, l’insieme di caratteristiche, secondo la definizione presa in prestito da Wikipedia, che rendono l’individuo unico e inconfondibile. L’identità nazionale è quindi il concetto che una nazione ha di se stessa, ma tutto ciò vale per i poeti? Che identità assume un poeta? Un’identità linguistica, animata da valori patri? Forse sì, forse no, in maniera salomonica, ogni poeta ha la sua individualità espressa per lingua. La lingua quindi, potrebbe essere uno dei principali identificatori identitari. Ma la lingua, la forma di espressione scelta, cambia associazione a pari merito con la storia, come nel caso di Mickiewicz, o Mickiewicius, e Czesław Miłosz.
Vilnius, definita dal premio Nobel polacco, città senza nome, è un crogiolo di strade calde e piccole, un formicaio che si anima di giorno per dormire di notte, appesantita dalle prime nevi di novembre.
Salite e discese collinari ne delineano il panorama e in vetta si trova quasi sempre una chiesa, di ogni credo. La tolleranza è una delle virtù locali, il baltico si dimostra accogliente e aperto ai viaggiatori.
La città ha cambiato così tanti nomi nel corso della sua storia che finisce con non conservarne nemmeno uno per lungo tempo. La città dalle molte identità, ebrea, polacca, lituana, russa finisce con lo specchiarsi attualmente nell’improbabile monumento a Frank Zappa, che poco o nulla ha a che fare con questa parte di mondo, salvo l’aspetto universale della musica. L’originalità spigolosa di Zappa, musicista esemplare, ben si rispecchia nell’animo lituano. Eppure Vilnius è il centro focale della poesia polacca e non solo di questa.
Anche la letteratura tutta e la storia sono sorelle gemella in questi due paesi.

Continua a leggere

Mario Benedetti, “Ve ne siete andati con il viso inerte”

Ve ne siete andati con il viso inerte
I tuoi ultimi piccoli francobolli in lire
che dovevano aiutarmi per i soldi, i soldi
arretrati della pensione ai superstiti.
La porcellana insaporita della cena,
la casa nuova con i contributi della legge
dopo il terremoto. Tutta una vita
per chi vi deve ricordare, per chi vi piange.
E piange la parola che riesce a dire.

 

da TERSA MORTE, Mondadori, 2013 Continua a leggere

Joseph Beuys, l’artista che amò l’Italia

Costellazione 2 è la seconda puntata di due esposizioni che raccontano storie e tesori tedeschi rinvenuti a Roma. Il progetto ideato da Giuseppe Garrera e curato insieme a Maria Gazzetti è pensato in primo luogo come un omaggio a Walter Benjamin, alla flânerie, al collezionismo, alle tante storie, ai tanti segni e passaggi di civiltà dispersi, in una metropoli, nei luoghi di scarico, robivecchi, cenciaioli, rigattieri, antiquari.
La nuova puntata è dedicata interamente ai ritrovamenti legati alla figura e all’opera di Joseph Beuys (1921 –1986). Oggetti, manifesti, cartoline, inviti, edizioni, fotografie e segni di affetto dell’artista tedesco testimoniano non solo la diffusione del suo operare e della sua carismatica presenza, ma soprattutto il legame straordinario dell’artista con l‘Italia. Continua a leggere

A Jean-Charles Vegliante, il Premio letterario internazionale Carlo Betocchi-Città di Firenze

 

Jean-Charles Vegliante

È Jean-Charles Vegliante il vincitore della XVII edizione del “Premio letterario internazionale Carlo Betocchi-Città di Firenze”. Così ha deciso la giuria del Premio, presieduta da Marco Marchi e composta da Sauro Albisani, Anna Dolfi, Antonia Ida Fontana, Francesco Gurrieri, Gloria Manghetti e Maria Carla Papini.

Jean-Charles Vegliante, nato a Roma nel 1947, vive a Parigi ed è un poeta francese alla cui produzione in proprio ha costantemente abbinato nel corso della vita una vasta e qualificatissima opera di traduzione di poeti italiani: da Dante ai poeti del Novecento e contemporanei, passando per Leopardi, Belli, Pascoli, D’Annunzio, Ungaretti, Montale, Betocchi, Sereni, Calogero, Pasolini, Fortini, Raboni, Amelia Rosselli e altri. Oltre che valido traduttore e intraprendente corifeo della letteratura italiana in Francia, Vegliante è autore di notevoli saggi di critica, teoria letteraria e anche, specificatamente, di teoria della traduzione, con testi (tra cui l’ormai classico D’écrire la traduction) sul ritmo, la scrittura bilingue, la forma poetica, i fenomeni della “translatio”, le scritture in versi connesse con l’emigrazione. Si è occupato inoltre di narratori come Morselli, Primo Levi e Camilleri. Continua a leggere