Tommaso Di Dio, (senza titolo)

(Tommaso Di Dio/ credits ph. Dino Ignani)

Provo a parlare con te; provo
ad entrare.

Attraverso la luce del sole
a settembre, di sera, quando sta
fra il verde degli alberi e il vento.
Attraverso lo schermo del cellulare
attraverso la pressione
del piede sul fango oppure con l’alzare delle braccia
con la nuvola
che evapora dalla schiena dei cavalli.

Tutto questo sei tu, in questo mondo testo.
E mi parli attraverso
le lettere infinite dei poeti e la bocca di uno
spalancato paesaggio. Infine, sopra dovunque io scriva
tu di fretta scrivi questa scritta: dove hai amato
troverai un ostacolo; una porta, poi
un gradino. Scenderai
passo dopo passo. Lì
noi parleremo.

Tommaso Di Dio, (senza titolo)


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Franco Buffoni, una poesia da “La linea del cielo”

Franco Buffoni

Erano bianche rosse allineate
Le macchinette nel cortile,
Ci giocavo d’estate all’ombra
Col pensiero, le spostavo di nascosto
Ogni giorno anche in vetrina.
Finalmente a Natale ne ebbi sei
Tre rosse tre bianche tutte in fila
Da spostare a mia voglia
Sul balcone, ma le dimenticai
Abbastanza presto, e l’anno dopo
Le regalai a un bambino vero.
Ora qui sopra Linate nel sole
In fase di attesa di atterraggio
Mi sembra di toccarle e di giocarci
Bianche e rosse tra i tetti
Piatti e pochi platani
Due pini, una vetrina dall’alto
Terzo giro e subito riprende quota
Le regalo anche queste
Sono grande non gioco.
Da: La linea del cielo, (Garzanti, 2018) Continua a leggere

Paolo Lagazzi, “Come ascoltassi il battito d’un cuore”

Attilio Bertolucci e Paolo Lagazzi

Per quanto amato da molti lettori di poesia, per quanto profondamente stimato da alcuni tra più grandi poeti del Novecento non solo italiano (da Montale a Luzi, da Sereni a Caproni, da Pasolini a Charles Tomlinson a Kikuo Takano), Attilio Bertolucci resta un autore ancora, in parte, misconosciuto e incompreso. Solo una lunga frequentazione del suo mondo poetico può permettere di cogliere la complessità e la ricchezza che si annidano nell’apparente semplicità del suo linguaggio. Paolo Lagazzi, riconosciuto dallo stesso Bertolucci (in un’intervista apparsa nella rivista “Gli immediati dintorni”, n.2, 1989) come colui «che forse più di ogni altro mi ha letto in estensione e in profondità», ripercorre negli scritti raccolti nel presente volume alcuni tra i capitoli decisivi della storia del poeta: l’inesausto amore per la pittura; la passione per le opere di Proust e di Eliot; l’affinità elettiva con un originalissimo, fantastico e umano storyteller quale Silvio D’Arzo; il lavoro svolto con leggerezza e lungimiranza nei campi del giornalismo e dell’editoria; il dialogo tra la sua poesia e il cinema del figlio Bernardo.

Soprattutto, questo libro ci porta di nuovo a osservare i “nodi” più segreti e cruciali del mondo bertolucciano: la religiosità sui generis, il sentimento del sacro, l’incontro fra un bisogno primario di verità e un’acuta coscienza della vita come mistero.

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Federica Giordano, (senza titolo)

Federica Giordano

Le nostre tante e piccole vite,
che stanno sul mondo come peli
di un puledro tremendo,
sono materia straniera
verso cui ho tanto e segreto amore.
Di tutte, la mia è certamente quella che meno comprendo, sospesa com’è
tra bisogno primario e desiderio di altezza,
quella che più profondamente riesce deludermi e ad esaltarmi.
Nessuno mi è più estraneo di me stessa
se mi immagino sul mondo.
Solo il suono puro, la corda sfregata sull’arco,
mi fa sentire davvero radicata a questa terra.

Federica Giordano, (senza titolo)

 

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