L’energia della parola

La solitudine dei reietti

di Fabrizio Fantoni

Con Il comune salario Fabrizio Bernini ci consegna un’opera compatta, densa e vibrante che si caratterizza, sin dai primi componimenti, per il forte legame con l’esperienza, con la concretezza dei dati della quotidianità che l’autore indaga con sguardo acuto, capace di cogliere ciò che si cela dietro le molteplici sfaccettature del reale.

È una ricognizione del presente quella che svolge il poeta – moderno flaneur- nei suoi vagabondaggi per le strade della città, in cui osserva il mondo intorno a lui concentrando l’attenzione su dettagli di un reale apparentemente inerti o indifferenti che, nel testo, vengono sottratti all’opacità grazie ad un dettato poetico nelle cui pieghe si cela un sempre più teso interrogarsi metafisico.

Seguendo queste coordinate, l’autore struttura il libro con una solida architettura incentrata sulle figure di tre personaggi di invenzione: il figlio del padrone, il disoccupato e lo studente attivo nel sociale.

Per ognuno di essi ricostruisce le dinamiche e i rituali di vita coagulandoli in un susseguirsi di rapidi componimenti che evocano aspetti di un “comune ambiente umano e storico”.

Queste esistenze si fanno ritratto del mondo e dell’esistenza dell’uomo contemporaneo, intorpidita sotto la coltre di un assordante ed inutile chiacchiericcio in cui tutto, Il dolore e la bellezza, il sentimento e la passione, il silenzio e la riflessione divengono pulviscolo nell’apatia di una vita che si trascina nei giorni. Continua a leggere

Condividi
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Filiberto Menna, “Il nuovo che avanza”

Filiberto Menna davanti a un’opera di Gajani. Fotografia di Pino Grimaldi, 1973

In occasione del trentennale dalla scomparsa di Filiberto Menna, la Fondazione Filiberto e Bianca Menna vuole ricordarne il lavoro teorico e critico, come pure quello di docente di Storia dell’Arte Contemporanea nell’Ateneo salernitano, con una giornata di studi che si terrà a Salerno, nella sede propria della Fondazione, in via Lungomare Trieste 13, mercoledì 6 febbraio 2019, dalle ore 10:00. Continua a leggere

Condividi
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Yang Lian, il poeta di piazza Tienanmen

Yang Lian

Il 21 febbraio 2019 il poeta cinese Yang LianPremio internazionale Nonino nel 2012, più volte candidato al Nobel per la Letteratura, sarà in Italia, alla Casa della Poesia di Milano, Laboratorio Formentini, alle 19.30, per un incontro con Tomaso Kemeny.

Da Dove si ferma il mare, di Yang Lian, Damocle Edizioni, 2012 (Ristampa 2016) traduzione di Claudia Pozzana

Sopra il mare asfaltato un uccello bianco come un fantasma
annusa la riva qual faro si ferma proprio
a sinistra dove incontrammo una morte accidentale
sul mare asfaltato c’è ancora un aratro spezzato
cent’anni col precipizio di una lapide
ridipingono i nostri nomi
sul bordo del tavolo di roccia rossa siamo visti a pranzo
acqua di mare il falò di aghi di pino verde smeraldo riscalda lo scheletro
mostra tutti i denti corrosi dalla ruggine danza
la punta aguzza del tempietto viene mescolata a questa notte di ogni agosto
pioggia tempestosa lettura obbligatoria nella lezione della morte
nei cimiteri cinesi i pini respirano così come crescono
ma il vento cambia tranquillo la direzione della giornata
l’aratro va avanti e indietro fino alla fine del campo
verde fertile libro di agosto
la vita semina i semi dei morti
la notte tutte le stelle viaggiano in un pozzo di giada
per tutta l’estate leggi una biografia
l’ombra del pino è immersa nell’acqua
una sedia piena d’acqua è incisa in un bassorilievo
il mare lontano va in collera da solo
canti di uccelli inondano il cielo quasi non cantassero
leggi come se non avessi letto niente
c’è solo l’arte che scuote un pomeriggio e lo rende nero
Continua a leggere

Condividi
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Wolfango Testoni, “In un mutare o nel nulla”

Wolfango Testoni

Tra le rocce ed i crinali
si stende una pietra più ordinata.
L’acqua nella pozze è un allegretto
di maree. Su e giù.
Le cose che si gonfiano. Qualcuno,
a piedi nudi, ci ricasca.

***

L’estiva esplosione dei corpi, la camicia
leggera, gli occhiali e i gomiti nudi
feriti dall’erba.
Passava un rosario di ciclisti in salita.
Agganciati al manubrio gonfiavano sangue
e respiro e
lunga si apriva la luce svuotata di pioggia.
Una tardiva schiarita spezzava le piante. Continua a leggere

Condividi
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Mario Benedetti, un canto doloroso e di gioia

Mario Benedetti, Credits photo Dino Ignani

E’ stato un grande sogno vivere
e vero sempre, doloroso e di gioia.
Sono venuti per il nostro riso,
per il pianto contro il tavolo e contro il lavoro nel campo.
Sono venuti per guardarci, ecco la meraviglia:
quello è un uomo, quelli sono tutti degli uomini.
Era l’ago per le sporte di paglia l’occhio limpido,
il ginocchio che premeva sull’erba
nella stampa con il bambino disegnato chiaro in un bel giorno,
il babbo morto, liscio e chiaro
come una piastrella pulita, come la mela nella guantiera.

Era arrivato un povero dalle sponde dei boschi e dietro del cielo
con le storie dei poveri che venivano sulle panche,
e io lo guardavo come potrebbero essere questi palazzi
con addosso i muri strappati delle case che non ci sono.

Da Umana gloria, Mondadori, 2004

Continua a leggere

Condividi
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •