“Questo libro non è una antologia. Non è nemmeno un vero e proprio libro di poesie. La poesia, del resto, non è mai stata una faccenda di libri. L’hanno fatta passare per una cosa di libri solo di recente, e hanno sbagliato. Lei infatti non ci sta. Con grave scorno di editori, professori e letterati.”
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Alessandro Ceni

Alessandro Ceni
di Giovanni Ibello
La poesia di Alessandro Ceni sembra quasi un rituale di recessione, una metamorfosi di elementi che si deformano, di insetti dormienti, di erbe gelate nello stomaco del bue.
Attraverso un processo di accensioni visionarie, le riflessioni metafisiche dell’autore ci conducono a una spudorata evidenza del nulla.
La scansione dei versi è regolata da leggi “autonome”; pertanto l’eleganza della parola si alterna a un impeto, a una risolutezza espressiva che spiazza anche il lettore più attento.
Al di là degli inevitabili richiami a Walt Whitman e Dylan Thomas, Alessandro Ceni resta un poeta fedele a sé stesso, un autentico numero primo.
L’impressione è che per l’autore la “natura delle cose” si risolva in un’esperienza sinestetica e drammatica, dove l’assenza è generata dal tumulto del tragico e l’io regredisce spontaneamente nel selvatico, in un bianco primitivo, senza storia, senza dominio e per questo “prossimo al divino”. Continua a leggere
Adonis, “La foresta dell’amore in noi”
L’ultima raccolta di poesie di Adonis pubblicata in Italia “La foresta dell’amore in noi“, versi potenti e brevissimi, tradotti dall’arabo da Fawzi Al Delmi rientra tra i grandi classici riproposti nel 2017 nella Nuova Collana Tascabili edita da Guanda. Si tratta di un testo inedito del più famoso poeta di lingua araba : Adonis è siriano, ma da anni vive a Parigi. Gli altri poeti pubblicati nella stessa collana dei Tascabili sono il premio Nobel Seamus Heaney, Charles Bukowski, Jacques Prévert, Dylan Thomas e Pier Paolo Pasolini.

Adonis, che oggi ha 87 anni (il suo vero nome è Ali Ahmed Saïd Esber), ha impiegato un anno per scrivere queste poesie, brevi e certe volte brevissime. che tornano potentemente a evocare temi come esilio e migrazioni, ma soprattutto, al centro, c’è il corpo della donna: mani, fianchi, natiche, seni e corpi. “Perché Adonis è terribilmente giovane dentro, e ha ancora tanta la voglia di viaggiare, raccontare, amare” dichiara Luigi Brioschi direttore editoriale di Guanda dal 1986. Vero è che la questione della donna e della sua emancipazione nel mondo arabo è un tema caro al poeta siriano.
Alessandro Ceni

Alessandro Ceni – Credits Ph. Eric Toccaceli
Che cosa accade nei tempi diversi della poesia di un autore contemporaneo? Come cogliere e in qualche modo verificare nella concretezza della scrittura mutamenti e scarti, senza descriverne soltanto gli esponenti semantici o di gusto e tono, senza limitarsi a notazioni impressionistiche? Privata di molte delle strutture tradizionali della forma-poesia, la scrittura in versi di molto novecento maturo – e Ceni è tra gli esponenti ultimi di un novecento alto, frondoso, azzardato – sembra sfuggire e negarsi a un riscontro tangibile di lingua, di impalcature formali, di modi. Eppure, in un’epoca di sempre più accesa auto-referenzialità del gesto dilettantesco della poesia (nel tempo dei milioni di scriventi), arroccata e assediata nei suoi alti o infimi insediamenti, la poesia-poesia, incolume ma allarmata, inquieta e in tensione, è indubbio che vada in traccia e trovi le sue contromisure, i suoi antidoti, i suoi successivi svolgimenti proprio in termini di lingua, di stile, di forme.
CACCIATORI SULLA NEVE
Io vorrei saper dire amore
amore amore amore
come fanno i dementi
ed essere infelice infelice
per il troppo bene,
un solvente, che spezza la catena delle vite
per darci la definitiva morte,
simile a Dio in questo, o
al cuore;
o voi del mondo invisibile
spiriti verdi e soli,
carbonchi,
che assaggiate i fiocchi di neve
al volo e osservate come il ghiaccio
pattina i bambini i loro guanti,
col peso d’un passero, le
sue ipsilon sul bianco, come
li fonda sulla petrosa neve
dopo l’uscita dal bosco pieno di culle,
come noi pensando fuoco fuoco,
ansanti perché la neve,
eppure nudi e senza freddo
con dita luminose e
sulle labbra non il vapore,
lo spazio e il tempo: non date voce,
come il giocatore in panchina
lo sguardo agli altri
teso a capire, come un signore
morto agli antipodi, dietro,
che fa così con le braccia,
a rallentatore cammina o in un morso d’affetto,
o voi che non siete più
per essere nel mondo strano indispensabili
cespugli di more
lepri soprannaturali
per invitarmi alla caccia,
catturarmi e, ora, appeso
riconoscervi amici,
miei simili, per un gesto antico:
giunti al riparo toccarono
i calici in un brindisi;
spesso è il profilo dei monti
spesso il particolare d’una foglia
che v’inquieta e parlottate,
non dicesi non est…
allora camminate
eschimesi
fiocinatori spaziali senza amata:
«era del dolore che nelle carte geografiche
è del mare che profila la costa,
di quello convenuto per i deserti,
e quello attribuito alle depressioni
dove a crosta per le rughe dei fiumi è più fertile,
erano torrenti su di lei e piste e v’incombeva un cielo»:
sulla discesa i cani sono rossi
ed anche voi scomparsi.
da I fiumi (1990)
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Dylan Thomas nella traduzione di Roberto Sanesi

Dylan Thomas
Dall’introduzione di Roberto Sanesi
In una sua nota d’apertura ai “Collected poems”, pubblicati nel 1952, Dylan Thomas scriveva: “Ho letto da qualche parte di un pastore che, quando gli chiesero perché rivolgesse, dal centro di cerchi magici, ossequi rituali alla luna per proteggere il suo gregge, rispose: ‘Sarei un pazzo dannato se non lo facessi!’ Queste poesie, con tutte le loro crudezze, dubbi e confusioni, sono scritte per amore dell’Uomo e in lode di Dio, e sarei un pazzo dannato se non lo fossero”. La nascita e la morte, visioni bibliche ed echi letterari, significati soggettivi e puri suoni, tutto confluisce a creare l’immenso e variegato immaginario poetico di Dylan Thomas. Una voce, quella del poeta, che può risultare a tratti oscura, ma che, come scrive Roberto Sanesi nel suo saggio introduttivo, “riesce a far presa su chiunque”.
ESTRATTI
da: Dylan Thomas, Poesie, a cura di Roberto Sanesi, con testo originale a fronte, Guanda, 2017
Tutto tutto e tutto gli aridi mondi sollevano
I
Tutto tutto e tutto gli aridi mondi sollevano,
Il basamento del ghiaccio, il solido oceano,
Tutto dall’olio, dall’urto della lava.
Città di primavera, il fiore governato,
Ruotano dentro la terra che ruota,
Le città incenerite in un cerchio di fuoco.
Eccoti ora mia carne, mio compagno nudo,
Mammella del mare, domani membruto,
Verme nel cranio, recinta e incolta.
Tutto tutto e tutto, l’amante della spoglia,
Sparuto come il peccato, spumose le midolla.
Dalla carne tutto sollevano gli aridi mondi.