Gianluca Fùrnari, la rivelazione poetica del 2016

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Gianluca Fùrnari, Premio Poesia Città di Fiumicino per l’Opera Prima 2016

di Luigia Sorrentino

Carmina vel caelo possunt deducere lunamI canti possono trarre giù dal cielo la luna. – E’ il verso tratto da Le Bucoliche di Virgilio e posto in epigrafe a Vangelo Elementare di Gianluca Fùrnari (Raffaelli Editore, 2015): ciò che non è concesso all’uomo può farlo la poesia. Il canto del poeta è capace di generare un’energia fenomenica superiore, e, con quella forza attiva, compiere la realtà, trasformarla, per poi trovare in essa piena corrispondenza. I Carmina ai quali fa riferimento Fùrnari, conservano nell’etimo l’antico significato di incantesimi, sorgenti di illusioni, rituali, capaci di riunire, mettere insieme, una forza reale, tangibile, che supera l’immaginabile. I Carmina sono un’azione collettiva molto più forte di quella compiuta da un uomo solo: “Eravamo invincibili nel canto/ come rivolta, noi dominavamo/ la forza formidabile dei nomi”. Continua a leggere

Roberto Alperoli: “La poesia purifica la lingua, la salva”

roberto

Roberto Alperoli

INTERVISTA di Guido Monti

Incontro Roberto Alperoli ideatore e direttore artistico di Poesia Festival Terre dei Castelli, uno degli eventi più riusciti per qualità e progettualità culturale che si tiene da dodici anni nel territorio emiliano. Ci sediamo in una trattoria di Modena molto nota vicino al teatro Storchi. La canicola del sole settembrino ci riporta in pieno agosto. I suoi occhi in attesa di domande, hanno quella vividezza e curiosità propria di quei bimbi al culmine della fanciullezza. Roberto nel tuo libro,“Il cielo di oggi”, di qualche hanno fa, in una poesia molto toccante dal titolo “La madre”, dici : “E’ tanto tempo/che non mi manchi più,/che non mi chiami; /eppure sei stata tu // la mano del mio principio, l’assunto abbagliante/del mio dolore; //…”. Ecco allora potrei girarti questa poesia in forma di domanda.

Come è maturata in te la decisione di creare questo festival nel 2005 assieme ai compagni del primo momento Alberto Bertoni e Paola Nava? Forse appunto perché la poesia la sentivi come mano del tuo principio e volevi però anche tenacemente mostrarla ad una comunità più ampia? Avevi intuito che questo territorio potesse avere in sé quel terreno di coltura per la crescita della pianta poetica?

Ho un lungo rapporto con la poesia, che fa parte della mia vita da sempre, direi. La leggo, la scrivo, la seguo nella sua dimensione pubblica. Il suo valore, la sua importanza – anche terapeutica – la sperimento (l’ho sperimentata) su di me, sulle persone che conosco. Anche sul valore pubblico, civile, etico della poesia rifletto da tempo. Soprattutto oggi che la lingua è stata colpita al cuore, che il linguaggio è un lungo, ininterrotto boato di frasi fatte, inerti, di parole caricaturali, senz’anima. La nostra è un’epoca di monotonia espressiva, spettacolare e rumorosa. La lingua è gridata nelle trasmissioni televisive, mortificata dalla pochezza della politica, massificata e banalizzata dal web, orfana dei comportamenti e dei modelli che, un tempo, ne sapevano custodire la vocazione civile. Il linguaggio della politica, poi, ne ha enfatizzato l’impotenza. Il dolore della lingua è proprio la sua inespressività. E nel frastuono e nell’impoverimento delle parole siamo tutti più poveri. Ecco, salvare la lingua, il bene pubblico della lingua, significa allora salvare noi stessi, le nostre emozioni e i nostri pensieri, che solo il linguaggio rende comprensibili e comunicabili. Ed è qui il valore della poesia, che si oppone a questo collasso perché è un ingrediente attivo del linguaggio, uno spazio per la propria identità. Purifica la lingua, rimette al mondo l’innocenza delle parole. Si oppone alla miseria individuale e alla miseria pubblica. Continua a leggere

Cinquanta foglie. Tanka giapponesi e italiani in dialogo

Tavola di Hirose

Tavola di Satoshi Hirose

Il tanka è una forma lirica giapponese molto antica, addirittura precedente il celebre haiku di tre versi; il suo ruolo-chiave nella storia della poesia nipponica comincia nell’ottavo secolo d.C. (allora si chiamava waka) e si protrae fino ai nostri giorni. La struttura metrica del tanka è di cinque versi privi di rime e così divisi: quinario / settenario / quinario / settenario / settenario. Nel periodo classico della storia giapponese, l’epoca Heian, il tanka era spesso usato come veicolo di messaggi amorosi o di scambi di pensieri tra amici: a un tanka inviato, spesso scritto su un biglietto speciale, appoggiato a un ventaglio o legato a un ramo fiorito, rispondeva un tanka di ritorno.

Ispirandosi a quell’antico cerimoniale Paolo Lagazzi ha scelto venticinque tanka giapponesi recenti e li ha proposti in traduzione italiana, uno per ciascuno, a venticinque poeti italiani invitandoli a rispondere con un loro tanka. A loro volta i tanka italiani sono stati tradotti in giapponese, in modo che tutti i testi possano essere letti sia in Giappone che in Italia. Continua a leggere

Poeti e Poesia contemporanea

almanacco_coverE’ in uscita il quarto numero dell’ Almanacco dei Poeti e della Poesia Contemporanea n. 4 (Raffaelli Editore, 2016).

Il numero è suddiviso in n. 5 QUADERNI: il n. 1, sulla nuova poesia in Spagna è a cura di Giovanni Darconza, con Traduzioni di Emilio Coco ; poi c’è il QUADERNO n. 2, quello dei lavori; segue il QUADERNO n.3 delle segnalazioni (a cura di Walter Raffaelli, Gianfranco Lauretano e Francesco Napoli); mentre il QUADERNO n.4, a cura di Maria Cristina Biggio, fotografa la poesia in Sardegna. L’Almanacco si chiude con il QUADERNO n. 5  sulla poesia intercontinentale, Africa: Senegal a cura di  Niccolò Moscatelli.
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Addio a Jolanda Insana

jolanda-insanaLa poetessa Jolanda Insana era nata a Messina il 18 maggio 1937 ma viveva a Roma dal 1968. Si è spenta oggi, 27 ottobre 2016. La notizia della scomparsa è stata diffusa nel corso dell’incontro alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma con il poeta e scrittore Giuseppe Conte.

“C’è qualcosa di antico nella poesia della Insana”, scriveva il poeta e critico Giovanni Raboni, “di solennemente proverbiale e al tempo stesso di violentemente, intrepidamente esposto (tramite un continuo lavorio di ibridazioni lessicali e timbriche) alle vicissitudini e ai disastri della contemporaneità.” Una parola poetica “morsa dalla fame” nella quale è racchiusa “l’infermità del corpo e l’infermità della nazione.”

Da: Frammenti di un oratorio, (Viennepierre, 2009)
Opera di Jolanda Insana pubblicata in occasione del centenario del Terremoto di Messina del 28 dicembre 1908.

accurrìti accurrìti gente
me figghia me figghia
portate una scala
me figghia
’na scala ’na scala
pigghiate me figghia
accurrìti accurrìti
u focu u focu
sa mancia
viva
a fini du munnu
a fini da so vita
viniti curriti
’na scala
tièniti tièniti
figlia Continua a leggere